Il 19 maggio è morto, in seguito alle conseguenze di un incidente di elicottero, Ebrahim Raisi, presidente dell'Iran e responsabile della morte di migliaia di oppositori politici. La sua morte provoca un vuoto di potere che il regime iraniano dovrà turare al più presto ma che lascerà sicuramente profonde conseguenze. La nostra corrispondenza con una rappresentante dell'associazione dei giovani iraniani in Italia.
"Il Khuzestan ha sete”. Da dieci giorni la popolazione della più ricca delle province iraniane — sebbene per paradosso quella in cui le persone vivono in condizioni peggiori — protesta a causa della crisi idrica. Dimostrazione di come la mancanza d’acqua sia già un argomento alla base di equilibri (geo)politici, e tanto più lo sarà nei prossimi anni con il peggiorare degli effetti del cambiamento climatico. Ma seppur innescate da eventi diversi, le proteste in Iran si presentano con cadenza ciclica e affondano le loro radici nelle medesime cause: forti diseguaglianze sociali, mancanza di servizi e libertà di espressione, stagnazione economica e assenza di prospettive. Oggi a fare da detonatore sono la crisi sanitaria, unita a quella idrica ed energetica. A moltiplicare il malcontento, però, c’è la percezione di un sistema politico-economico caratterizzato da una corruzione dilagante, preoccupato solo a garantire la propria sopravvivenza. Alcuni giorni fa l'ultra conservatore Raisi si è insediato alla presidenza della repubblica islamica portando con sè i propri trascorsi sanguinari: la condanna a morte di centinaia di oppositori marxisti e di sinistra, di donne attiviste per i diritti umani. Che scenari si aprono? Di tutto questo parliamo con Patrizia Fiocchetti che ci presenta anche il suo ultimo libro Cosa c’è dopo il mare.