In occasione del trentesimo anniversario dell'inizio del genocidio dei Tutsi in Ruanda ospitiamo un intervento di Matteo Dominioni sulla resistenza alle stragi tra le colline di Bisesero.
Di seguito l'articolo apparso sul manifesto del 7 aprile 2024
Si è concluso qualche giorno fa la visita della presidente del consiglio in Etiopia, un viaggio annunciato da un vigoroso battage mediatico e che dovrebbe costituire un tassello del cosiddetto "Nuovo piano Mattei", un programma di investimenti e di relazioni che dovrebbe vedere protagonisti l'Italia e diversi paese africani. Abbiamo chiesto allo storico Matteo Dominioni un commento su questa missione.
Il 19 febbraio 1937 il Viceré d'Etiopia Rodolfo Graziani subisce un attentato. Due partigiani eritrei lanciano otto bombe a mano sulle autorità italiane: i morti sono sette e i feriti una cinquantina, tra cui lo stesso Graziani che però ne esce vivo. I soldati italiani sparano sulla folla, provocando una prima strage. Graziani ordina che vengano attuate «le misure idonee a impedire eventuali ripercussioni», e che si agisca «col massimo rigore al primo manifestarsi di moti». Alcune migliaia di italiani – sia civili che militari – si lanciano in una terrificante “caccia” all'uomo che passerà alla storia come il massacro di Addis Abeba. Un poliziotto etiope, uno dei testimoni oculari della strage, avrebbe ricordato gli italiani che entravano nelle case dei locali e che, al grido di «Buongiorno!», li uccidevano a colpi di baionetta o di fucile, o li bruciavano vivi – quando i bambini scappavano dalle case in fiamme, gli italiani li lanciavano di nuovo dentro. È una carneficina.
Lo storico britannico Ian Campbell, al termine di una ricerca durata decenni, ha stimato che le vittime delle sparatorie e dei roghi, nel massacro che coinvolge la città di Addis Abeba e i dintorni, sono circa 19.000, e cioè che la “caccia” uccide un abitante etiope su cinque della città. Ci racconta questa terribile pagina della nostra storia contemporanea Matteo Dominioni, storico ed esperto del corno d'Africa.
E' di ieri la notizia che un attacco compiuto da droni di fabbricazione turca dell'aviazione etiope su un campo profughi ha provocato oltre 50 vittime civili. Si tratta dell'ennesima strage di un conflitto che continua ad insanguinare il corno d'Africa, nonostante si sia verificato qualche timidissima apertura diplomatica da parte del governo centrale di Addis Abeba. Sulla guerra civile in corso abbiamo chiesto allo storico Matteo Dominioni di fare il punto della situazione.
In Etiopia le milizie tigrine del TPFL sono giunte a duecento chilometri a nord della capitale Addis Abeba, quelle Oromo addirittura quaranta chilometri a sud della metropoli. Il governo centrale continua nei proclami incendiari mentre la comunità internazionale sta alla finestra. La nostra corrispondenza con lo storico Matteo Dominioni.
Ci ha lasciato Angelo Del Boca, giornalista e studioso che con le sue opere sul passato coloniale italiano è riuscito a incrinare per sempre il mito degli "Italiani brava gente".
Lo ricorda con il suo allievo Matteo Dominioni, che ha anche firmato per la rivista Storie in movimento questo scritto.
Matteo Dominioni, storico e ricercatore attivo soprattutto nel campo dell'analisi del passato coloniale italiano, presenta ai nostri microfoni la sua ultima fatica, I prigionieri di Menelik, 1896-1907, Storie di soldati italiani nella Guerra d’Abissinia.
La battaglia di Adua del 1° marzo 1896 fu una sconfitta epocale per l’Italia. Morirono 4.424 uomini, più di tutte le battaglie risorgimentali nel loro insieme, 1.744 furono i prigionieri e i reduci (il 43% del contingente di 9.441 nazionali) tornarono nelle retrovie in Eritrea in condizioni drammatiche. Il volume racconta le storie dei prigionieri che rimasero in Etiopia un anno fra immani sofferenze, le vicende legate alle trattative di pace e all’invio delle prime missioni umanitarie e quanto lo shock del 1° marzo influenzò la politica di raccoglimento.