Palestina: a un anno dal 7 ottobre 2023
Con Michele Giorgio commentiamo il clima che c'è a Gaza e in Medio Oriente.
Con Michele Giorgio commentiamo il clima che c'è a Gaza e in Medio Oriente.
A Parigi migliaia di persone in piazza per la Palestina: corrispondenza di una compagna presente al corteo.
Si parla anche delle ultime azioni repressive del governo, tra cui il licenziamento di un professore, il divieto del ministro dell'istruzione in nome della laicità di discutere della questione palestinese nelle università.
Diretta della manifestazione per la Palestina del 5 ottobre 2024: dopo la mattinata che ha visto le forze dell'ordine bloccare, identificare, emettere fogli di via in diversi quadranti di Roma, nel pomeriggio abbiamo seguito la piazza con varie corrispondenze e sentito compagne/i di altre città i cui pullman sono stati bloccati prima dell'ingresso a Roma. In particolare un bus da Pisa è stato bloccato al casello di Roma ovest dove studenti e altri manifestanti hanno manifestato in autostrada.
A fine pomeriggio le forze dell'ordine hanno impiegato idranti, blindati, manganelli e una pioggia di lacrimogeni di fatto rendendo complesso il deflusso dalla piazza
Con una compagna, in diretta da Berlino, facciamo il punto sulle mobilitazioni per la Palestina di questa settimana, che hanno previsto un crescendo di repressione e di violenza poliziesca, che è arrivata sino al fermo di bambini. Domani ci sarà una grande manifestazione; la polizia ha già vietato la piazza di arriv
Comunicazione telefonica con Vincenzo per anticipare il corteo per la Palestina del sabato 5 ottobre, alle 14 ore dal piazzale Ostiense, e i prossimi appuntamenti in solidarietà con il popolo palestinese.
In questo redazionale, Vincenzo spiega perché, nonostante il divieto della Questura di Roma, l'Udap, Giovani palestinesi e Associazione dei palestinesi in Italia scenderanno in piazza il sabato 5 ottobre per chiedere lo stop al genocidio del popolo palestinese e per denunciare allo Stato sionista d'Israele.
Con una studente del Collettivo ZAUM dell'Università di Roma La Sapienza, presentiamo l'Assemblea pubblica di domani, giovedì 3 ottobre, alle h. 17.00 all'aula 6 di Lettere, di lancio della mobilitazione dell'8 ottobre, a Roma, contro Cybertech Europe, una fiera delle tecnologie militari sponsorizzata da Leonardo alla Nuvola dell’Eur.
Ci racconta, poi, il clima dentro all'Università e come si stanno preparando alla manifestazione nazionale di sabato 5 ottobre.
Di seguito, il comunicato del Collettivo ZAUM:
Sabato 5 scenderemo anche noi in piazza per sostenere la resistenza del popolo palestinese. È passato un anno dall’inizio di una nuova fase del conflitto, che ha visto svilupparsi atrocità sempre maggiori. Le voci che chiedono la liberazione della Palestina sono aumentate e il movimento in solidarietà alla resistenza palestinese è cresciuto e si è sviluppato anche all’interno delle università.
È aumentata anche la repressione e il divieto di questa piazza non è altro che l’ennesima prova di come le istituzioni cerchino di soffocare ogni tentativo di sostegno alla causa palestinese, come abbiamo visto anche durante la mobilitazione in Sapienza dello scorso anno. Fa da sfondo a tutto ciò anche il nuovo decreto sicurezza, il DDL 1660, che mina ulteriormente la possibilità di manifestare, tendendo di fatto a uno stato di polizia.
Il genocidio del popolo palestinese parte anche dalla nostra stessa università, che attraverso gli accordi con Israele e industrie belliche si rende complice del massacro. Noi studentə riteniamo quindi fondamentale utilizzare le nostre forze per cercare di fermare il genocidio, lottando sia nelle piazze che all’interno dell’università, attraverso la richiesta del boicottaggio accademico.
Sabato porteremo quindi la nostra rabbia in piazza e grideremo, ancora una volta, Palestina libera.
Manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano lanciata da Giovani Palestinesi d’Italia e Unione Democratica Arabo-Palestinese per sabato 5 ottobre 2024 a Roma, alle h. 14.00 a piazzale Ostiense – metro Piramide.
All’iniziativa hanno aderito oltre un centinaio di realtà sociali e politiche da tutta Italia, a partire da quelle della Rete nazionale Liberi di Lottare, che si batte contro il ddl 1660.
Tra le realtà aderenti anche tanti Collettivi universitari che nei mesi scorsi hanno animato le Intifada studentesche, come quelli di Roma.
L’UDAP ha presentato ricorso al Tar per contestare la decisione di non autorizzare formalmente la manifestazione. Una scelta che gli organizzatori bollano come “arbitraria e di natura politica” da parte di governo e Questura di Roma.
Ne parliamo con un compagno dell'UDAP, a cui chiediamo anche un commento sui recenti sviluppi in Libano.
Una corrispondenza con un compagno dei giovani palestinesi che ci commenta le ultime vicende internazionali a partire dall'attacco dell'Iran e delle ragioni e dell'importanza della manifestazioni del 5 Ottobre a Roma.
Di seguito il comunicato diffuso da Giovani Palestinesi d’Italia:
“La questura di Roma ha vietato formalmente ogni manifestazione prevista il 5 ottobre a Roma, coerentemente con le dichiarazioni del ministro Piantedosi.
La prescrizione da parte della questura di Roma è un divieto politico, come si evince dalle motivazioni espresse da parte delle autorità. Ancora una volta il governo italiano, forte della sua complicità con “Israele”, utilizza gli strumenti della repressione per mettere a tacere ogni forma di solidarietà nei confronti del popolo palestinese.
Dietro alla questione dell’ “ordine pubblico” si cela invece la volontà politica di censurare la nostra mobilitazione in un clima di repressione politica mai visto prima. Dopo il divieto del 27 gennaio e le ripetute violenze da parte delle forze dell’ordine durante le manifestazioni in solidarietà al popolo palestinese, questo divieto ribadisce la posizione del governo italiano ad un anno dall’inizio del genocidio.
La gravità di questo provvedimento è inaudita.
Dopo un anno di Genocidio in Palestina, mentre assistiamo al massacro in Libano, è il movimento italiano di solidarietà alla Palestina ad essere colpevole. Dopo più di 42mila vittime in Palestina e 600 in 3 giorni di attacchi indiscriminati in Libano, è la nostra resistenza il colpevole. È il movimento di solidarietà con la Palestina, non i macellai di Tel Aviv, quello da fermare, solo perché diciamo: è giusto resistere al colonialismo e all’oppressione. A questo punto il problema non è solo “Israele”, che da 76 anni porta avanti coerentemente il progetto coloniale sionista.
La democrazia è malata e sta fallendo, e il problema è l’Italia, che arma e protegge il regime genocidario, mentre cerca di reprimere chi si oppone alla guerra.
Questo divieto non è altro che il preludio dello stato di guerra che entrerà in vigore con il ddl 1660, il nuovo decreto sicurezza del Governo Meloni, messo a punto per reprimere brutalmente qualsiasi forma di protesta e di dissenso, come nel nostro caso. Un precedente pericoloso per chiunque si batte per il diritto alla libertà di manifestazione e di espressione.
Scendere in piazza il 5 ottobre è un atto minimo di disobbedienza, contro “Israele” e i suoi crimini, contro la NATO che ci ha portati nel barato della guerra, contro il Governo Meloni, prima che sia troppo tardi, prima che non esistano più le libertà fondamentali. Contro l’accanimento nei confronti del nostro popolo e di tutte le nostre forme di resistenza al colonialismo che ci priva di vivere la nostra terra e le nostre famiglie da più di un secolo e che oggi colpisce ancora una volta, i nostri fratelli libanesi. Scendiamo in piazza, non ci renderanno complici della protezione e impunità di “Israele”.
Il 5 ottobre in piazza denunceremo a voce alta l’illegittimità dell’intoccabile alleato italiano e ricorderemo i nostri martiri palestinesi e libanesi.”
Redazionale con Aladin come ospite nello studio di Via dei Volsci. Con lui abbiamo parlato della situazione dello Yemen ma anche del panorama generale di Medio Oriente, con particolare attenzione alla causa palestinese. Abbiamo avuto anche tempo per parlare della nuova vita che avrà la BAM (Biblioteca Abusiva Metropolitana) a Villa Gordiani.
Seif, di cui abbiamo parlato più volte in questi mesi è un rifugiato politico di cittadinanza algerina arrivato in Italia 13 anni fa che lavorava come educatore al liceo Chateaubriand di Roma da cui è stato licenziato per alcuni commenti in una chat privata dove Seif esprimeva la sua rabbia e il suo dolore per il genocidio nella Striscia di Gaza. La linea dura del liceo direttamente collegato all'ambasciata francese ha trovato subito sponda nella repressione portata avanti dallo Stato italiano per cui nei confronti di Seif è stato aperto un procedimento con sospensione e revoca del permesso di soggiorno. Il 16 maggio poi è stato rinchiuso nel CPR di Ponte Galeria, dopo 4 giorni e numerose manifestazioni di solidarietà a cui hanno partecipato anche studenti, lavoratori e lavoratrici e genitori del liceo francese, è stato liberato: il giudice della convalida ha sentenziato che non c'erano i presupposti per la detenzione.
Giovedì 3 ottobre a Milano si terrà l'udienza per la revoca dello status di rifugiato a Seif, ne parliamo con Enrica Rigo, della legal Clinic di Roma 3 che con Asgi sta seguendo la vicenda.
Sotto il Tribunale civile di Milano, in Corso Vittoria, a partire dalle 10,30 si terrà un presidio in solidarietà con Seif di cui parliamo con una compagna di Milano per la Palestina