Ascolta lo streaming di Radio Onda Rossa !

NoteCoseCittà

NoteCoseCittà

Calcio e tifo

Data di trasmissione
Durata 2h 1m 2s

Ospite in Studio, Luca Pisapia

Playlist

https://open.spotify.com/playlist/23vW4cP4JYwaPUOTtbqgtj?si=yXX6T1AzQcW…

 

SCALETTA

Billy Bragg - The Boy Done Good

Parquet Courts - Total Football

The Wedding Present - Everyone Thinks He Looks Daft

Coockney Rejects - I'm Forever Blowing Bubbles

Offlaga Disco Pax - Piccola storia ultras

AC/DC - Hells Bells

Filippo Andreani  - Il primo non esiste (intro)

The Fall - Kicker Conspiracy

Statuto - Ragazzo Ultrà

The Melodians - Rivers of Babylon

Pink Floyd - Fearless

Caccia al Tesoro

Data di trasmissione
Durata 1h 24m 40s

SCALETTA

 

The Clash - Jail Guitar Doors

Radiohead - Killer Cars

Frank Zappa - Why Don'tcha Do Me Right?

PJ Harvey - 66 Promises

The Cure - I Want To Be Old

Bob Dylan - Series of Dreams

Tom Waits - Sea of Love

Nick Cave & The Bad Seeds - Right Now I'm A-Roaming

Elliott Smith - I Figured You Out

Jeff Buckley, Shudder To Think - I Want Someone Badly

Neil Young - Try

The Beatles - You Know My Name (Look Up The Number)

Post Punk '10

Data di trasmissione
Durata 1h 22m 52s

SCALETTA

 

Wire - Short Elevated Period

Idles - Well Done (Live at le Bataclan)

Husbands - Savages

Feeling Fades - The Murder Capital

Fountain D.C. - Sha Sha Sha

Billy Nomates - No

Sleaford Mods - Second

The Twilight Sad - Pills I Swallows

Shame - Friction

Fat Whte family - I Am Mark E Smith

Cabbage - Tell Me Lies About Manchester

 

 

#Fase2 Congiunti

Data di trasmissione
Durata 41m 55s

SCALETTA

 

Ramones - We're Happy Family

Nirvana - Sliver

Pearl Jam - Daughter

Alice in Chains - Brother

Johnny Cash, Fiona Apple - Father and Son 

Bruce Springsteen - The Wish

The Smiths - There is a light that never goes out

PJ Harvey - Naked Cousin

patti Smith - Kimberly

Paul Simon - Mother and Child Reunion

Sly & The Family Stone - Family Affair

 

jazz meets hip hop

Data di trasmissione
Durata 53m 36s

SCALETTA

 

Gil Scott-Heron - The Revolution will not be Televised

A Tribe Called Quest - Jazz (We've Got)

Guru, Roy Ayers - Taka a Look (At Yourself)

Buckshot LeFonque - Breakfast @ Denny's (Uptown Version)

Common - I used to love H.E.R.

Jaylib - The Official

Nujabes - Beat laments the world

Jazz Liberatorz - My Style is Fly

Flyng Lotus, Kendric Lamar - Never Catch me

Sons of Kemet - My Queen is Ada Eastman

M1, Bonnot - 24 hours in Gaza

Raffaele Casarano, Danno - Oltremare

 

Un filo rosso lega le strade di New Orleans di fine ‘800, dove risuonava la cornetta di Buddy Bolden, il “padre del jazz”, al 1520 di Sedgwick Avenue, Bronx, dove il disc jockey Kool Herc con i suoi break e le sue feste stava per riscrivere le regole del gioco

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Il primo assaggio della rivoluzione che esploderà a New York si consuma però qualche anno prima, quando nel ’71 Gil Scott-Heron registra “Pieces of a Man”. Entra in scena un personaggio chiave nel legame fra jazz e hip hop: Ron Carter, contrabbassista per anni alla corte di Davis

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Il basso di Carter va a nozze col proto rap di Gil Scott. “La rivoluzione è iniziata e sarà in diretta” suona come una profezia della musica che verrà. “Se facciamo quel che facciamo è grazie a lui”, dirà anni dopo Chuck D dei Public Enemy

https://www.youtube.com/watch?v=QnJFhuOWgXg

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Negli anni sempre più musicisti jazz hanno un flirt con l’hip hop. Da Harbie Hancock, con la sua “Rockit” nel 1983, al batterista Max Roach. Fino al Miles Davis di “Doo-Bop”, album incompiuto che uscì nel ’92 dopo la morte del trombettista

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Siamo nella stagione in cui il jazz è soprattutto un pozzo di meraviglie da cui attingere. Aprono le danze i Gang Starr di Guru e Dj Premier con “Jazz Thing”, scritta e prodotta col sassofonista Brandford Marsalis per lo Spike-Lee-joint “Mo Better Blues”

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Seguono in scia, fra gli altri, due pezzi da 90 come i De La Soul e gli A Tribe Called Quest di Q Tip e Phife Dawg, che arruolano proprio Ron Carter per dare alle stampe nel ’91 il capolavoro “The Low and Theory”. La strada è segnata

https://www.youtube.com/watch?v=cxN4nKk2cfk

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Sarà Guru nel ’93, smarcato da Dj Premier, a mettere il sigillo al sodalizio fra jazz e hip hop. Ad accompagnarlo la tromba di Donal Byrd, le tastiere di Lonnie Liston Smith e il vibrafono di Roy Hayers. È il primo “Jazzmatazz”

https://www.youtube.com/watch?v=5ZSsGNnptGE

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Un altro personaggio chiave, l’abbiamo già nominato, è Brandford Marsalis. Pochi anni dopo la collaborazione coi Gang Starr il sassofonista lancia un progetto per mettere insieme jazz e hip hop. Lo chiama Buckshot LeFonque, pseudonimo di Cannonball Adderly negli anni ’50 

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Per l’impresa Marsalis ingaggia ancora Dj Premier, il cui ruolo è fondamentale per miscelare alla perfezione boom-bap e virtuosismi jazz. Ma la critica, era il ’94, non gradisce (e il sassofonista se ne lamenterà nel secondo capitolo, intitolandolo “Music Evolution”)

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Il punto più alto della collaborazione fra i due è “Breakfast @ Denny’s”, dove il contributo di Premier è spettacolare. Splendida sia nella versione base che in questa “Uptown”

https://www.youtube.com/watch?v=SMrKGkKdKYU

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Nel ’94 si consuma un’altra tappa fondamentale nella contaminazione fra i due generi: “Resurrection”. A firmarlo è Common, Mc di South Side, Chicago. Il primo singolo estratto dall’album è considerato fra le più grandi registrazioni hip hop di sempre

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“I Used To Love H.E.R.” - dove H.E.R. sta per “Hearing Every Rhyme” - è costruita su una base inedita di J Dilla e contiene un campione di “The Changing World” di George Benson

https://www.youtube.com/watch?v=TrUERC2Zk64

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Non basterebbe l’intero thread per raccontare J Dilla, figura leggendaria dell’hip hop. Come sarebbe impossibile elencare tutti i progetti e le identità di un altro gigante: Madlib, uno a cui la Blue Note ha spalancato gli archivi per farsi immortalare in “Shades of Blue”

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I due, legati da una grande stima reciproca, decidono di fare qualcosa assieme. Nessuna produzione a quattro mani però, solo pezzi montati a distanza: con Dilla che rappa sui pezzi di Mad e viceversa. È l’incontro fra due visionari

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“Champions Sound” esce nel 2003 a nome Jaylib. Fra i 20 brani della tracklist, nelle decine di omaggi a una passione comune ai due beatmaker come il jazz, spicca quello al Miles Davis di fine anni ’50

https://www.youtube.com/watch?v=hwSzCjsvgDc

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Lasciamo gli Usa per andarcene a Tokyo. Jun Seba, in arte Nujabes, è stato disc jockey, compositore, arrangiatore, produttore discografico. Nessuno come lui, se non J Dilla con cui ha condiviso la stessa tragica sorte, ha saputo fondere in maniera così naturale hip hop e jazz

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Nujabes esordisce nel 2003 con “Metaphorical Music”, a cui seguiranno 3 album, più un altro uscito dopo la morte del producer nel 2010. “Beats Laments The World” è uno dei suoi tanti capolavori, emblema del suo stile unico di beatmaking

https://www.youtube.com/watch?v=TuvKDNOVfJk

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Dal Giappone all’Europa. È il 2008, la miscela jazz e hip hop è ormai linguaggio globale. Tre giovani parigini - Dj Damage, Dusty e Madhi - fanno il loro esordio con “Clin D’oeil”. Un trio di rapper e jazzisti accompagnato da una carrellata di Mc

https://www.youtube.com/watch?v=xDZnkgY6OGM

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Quello fra Flying Lotus e Kendrick Lamar è l’incontro più sensazionale avvenuto negli ultimi anni nella terra di nessuno fra jazz, hip hop e musica elettronica. È il 2014 quando FlyLo dà alle stampe “You’re Dead!”. Cuore pulsante dell’album, il jazz anni ’70

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Fra i musicisti coinvolti Herbie Hancock Kamasi Washington e Snopp Dog. “Never Catch Me” è l’unico pezzo con Lamar: il riff di piano si inchioda in testa, il basso di Thundercat va a 200 km/h. E il rapper incanta per flow e versi

https://www.youtube.com/watch?v=2lXD0vv-ds8

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Chiude il cerchio un gruppo della nuova scena jazz inglese, i Sons of Kemet. Si rifanno alle brass band di New Orleans ma sono cresciuti ascoltando hip hop. In questa traccia “ospitano” una lirica da street poetry che ci riporta a Gil Scott-Heron

https://www.youtube.com/watch?v=T19IrfO3-LQ

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Chi più impersonifica in Italia la contaminazione fra jazz e hip hop è Bonnot, compositore produttore polistrumentista, dal 2006 parte di Assalti Frontali. Nel 2013 con Tino Tracanna, Roberto Cecchetto e Paolo Fresu firma “Drops”, album dipinto come “il futuro del jazz”

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Il sax di Tracanna e la tromba di Fresu compaiono anche in “All Power to the People”, album del 2011 firmato AP2P e nato dalla collaborazione con M1, fondatore dei Dead Prez e fra i protagonisti della scena hip hop militante di New York.

https://www.youtube.com/watch?v=ZmUEgyn9cnA

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Vi salutiamo con “Oltremare” di Raffaele Casarano, album prodotto dalla Tuk Music di Paolo Fresu nel 2018. Con il sassofonista ci sono Manu Katché, Eric Legnin, Lars Danielsson. E Danno, Colle der Fomento. Per abbattere confini geografici e sonori

https://www.youtube.com/watch?v=fJ54wjJqZdU

Roma

Data di trasmissione
Durata 52m 18s

SCALETTA

Muro del Canto - Roma maledetta

Colle der Fomento - Il cielo su Roma

Assalti Frontali - Roma Meticcia

Rancore - Tufello

Motta - Roma stasera

Amor Fou - De Pedis

Ardecore - Come te posso amà

Flavio Giurato - Centocelle

Stefano Rosso - Letto 26

Francesco De Gregori - San Lorenzo

Gabriella Ferri - Via Rasella

Bob Dylan - When i paint my masterpiece

 

Murder Most Foul

Data di trasmissione
Durata 1h 25m 31s

SCALETTA

 

Il 27 marzo Dylan ha pubblicato il primo inedito dal 2012: “Murder Most Foul”, una ballata di 17’ che nel titolo omaggia l’Amleto di Shakespeare e l’omonimo film di Pollock. Nella prima strofa il cantautore fa un resoconto del 22/11/63, quando a Dallas viene assassinato Kennedy

È un momento centrale per la storia degli Usa e quando sembra che l’ex menestrello sia tornato alla canzone di denuncia, ecco che già dalla seconda strofa esce fuori strada. Nessuna denuncia. Vuole solo ascoltare qualcosa che parli al suo cuore

Lungo il brano Dylan torna spesso al ’63, ma più di ogni altra cosa chiede di ascoltare canzoni. Folk blues gospel rock, non importa. Si rivolge così al disc jockey Wolfman Jack affinché suoni, come orazione funebre per l’intero Paese, il meglio della musica popolare americana 

“I’m goin’ to Woodstock, it’s the Aquarian Age

Then I’ll go over to Altamont and sit near the stage” 

Negli anni ’60 il cambiamento sembrava possibile: “The Times They Are a-Changin’” cantava Dylan nel ’63. Lo ribadiva l’anno successivo Sam Cooke con “A Change is Gonna Come”

In due versi Dylan mostra il sogno farsi incubo. Woodstock si svolge ad agosto ’69, in quell’Era dell’Acquario che in astrologia rappresenta il cambiamento. Sei mesi dopo, mentre ad Altamont stanno suonando gli Stones, un afroamericano viene ucciso dagli Hells Angels

A proposito dell’Era dell’Acquario, nel 1967 debuttava nei teatri “Hair”, il musical icona della controcultura hippie che Milos Foreman porterà sul grande schermo nel ’79. “Aquarius” è la canzone che apre le danze

https://www.youtube.com/watch?v=ISYwosO04fg

 

“Put your head out the window, let the good times roll”

Con quel “lascia scorrere i bei tempi” Dylan cita l’omonimo blues, scritto da Sam Theard, reso celebre nel ‘46 da Louis Jordan e risuonato da un’infinità di musicisti

La canzone troverà una seconda vita negli anni ’60, con il titolo di “Come on”, nella versione di Earl King prima, in quella di Hendrix poi. Anni più tardi Stevie Ray Vaughan seguirà la scia dei due e inciderà “Come on (Part III)”

https://www.youtube.com/watch?v=aw5PA_sDMVs

“When you’re down on Deep Ellum, put your money in your shoe”

Il testo di Dylan è zeppo di riferimenti a Dallas, dove Kennedy è stato ucciso. Deep Ellum era per esempio un quartiere a luci rosse della città texana, dove passeggiare non era tranquillo

 

Di “Deep Ellum Blues” non si conosce l’autore né quando è stata composta. Sappiamo che era già conosciuta nel 1927 e che a farla conoscere al grande pubblico saranno i Grateful Dead

https://www.youtube.com/watch?v=b-HdCDKAZOA

 

“I’m going down to the crossroads, gonna flag a ride

The place where faith, hope and charity died”

Nella cultura afroamericana l’incrocio simboleggia il luogo in cui è possibile cambiare drasticamente vita, dove gli uomini possono abbandonare Dio e vendere l’anima al Diavolo

In questi versi Dylan rende omaggio al bluesman Robert Johnson e alla sua “Crossroads”. Noi vi facciamo ascoltare la cover che Ry Cooder, l’enciclopedia vivente della canzone americana, ha registrato per il film “Mississippi Adventure”

https://www.youtube.com/watch?v=ITua-r0Ap0w

 

“Shoot him while he runs, boy

Shoot him while you can”

Qui Dylan cita una strofa di “Shotgun”, la canzone più celebre di Jr. Walker & The All Stars, incisa per la Motown nel ’65, anno in cui raggiunse il vertice delle classifiche

Walker lega gli spari contro gli schiavi che tentavano la fuga a quelli rivolti a chi protestava per i diritti civili. Dylan aggiunge il rimpianto per il fatto che Kennedy non sia riuscito a lasciare il segno sulla questione razziale

https://www.youtube.com/watch?v=cq6jquFrb08

 

“Wake up, little Susie, let’s go for a drive

Cross the Trinity River, let’s keep hope alive”

Mentre Kennedy viene portato in ospedale, Dylan è accanto a lui e prova a svegliarlo. Gli si rivolge come se fosse la piccola Susie, la protagonista della canzone del ’57 degli Everly Brothers

Per il gruppo Dylan ha un debole e suonerà diverse cover di loro brani in carriera. Lungo la strada che porta JFK in ospedale, a Dallas, scorre il fiume Trinity: “Attraversalo e mantieni viva la speranza”

https://www.youtube.com/watch?v=v1fImXAeS-s

 

“Turn the radio on, don’t touch the dials

Parkland hospital, only six more miles”

Il Parkland è l’ospedale dove muoiono tutti i protagonisti della vicenda: il presidente, Lee Harvey Oswald, chi a sua volta uccise Oswald, Jack Ruby, e Zapruder, che con la sua 8 mm riprese il corteo presidenziale

Dylan si prende una licenza visto che l’ospedale dista 4 km da Dealy Plaza, il luogo in cui Kennedy è stato colpito. Lo fa per omaggiare Hank Williams e la sua “Six More Miles (to the Graveyard)”

https://www.youtube.com/watch?v=nnOiKB5j0bA

 

“You got me dizzy, Miss Lizzy, you filled me with lead

That magic bullet of yours has gone to my head”

“Dizzy Miss Lizzy” è una canzone della fine degli anni ’50 di Larry Williams, diventata famosa grazie alla cover che i Beatles pubblicarono su “Help!” nel 1965

Qui Dylan gioca sul fatto che Larry Williams, come Kennedy, viene ucciso con un colpo di pistola alla testa nel 1980. Lo stesso Williams, tre anni prima, tentò di uccidere per motivi di droga il suo grande amico Little Richard

https://www.youtube.com/watch?v=CdFwdrUyElY

 

“Never shot anyone from in front or behind

I’ve blood in my eye, got blood in my ear”

È la citazione di un folk tradizionale che Dylan stesso ha inciso per “World Gone Wrong”, il suo album acustico composto da cover del ‘93. Una meraviglia

https://www.youtube.com/watch?v=nz542iQchN4

 

“What’s new, pussycat? What’d I say?

I said the soul of a Nation been torn away

And it’s beginning to go into a slow decay”

Inizia così la quarta strofa. Quella precedente si è chiusa con il vicepresidente Lyndon B. Johnson che viene fatto salire, come da protocollo, sull’Air Force One

Alcune teorie vogliono Johnson coinvolto, Dylan stesso non sembra credere alle verità ufficiali. Ma a questo punto della canzone, utilizzando il titolo della hit di Ray Charles, “What’d I Say”, il cantautore cambia registro

https://www.youtube.com/watch?v=6uTDa3771HM

 

“Play me a song, Mr. Wolfman Jack”

Comincia qui la sua preghiera laica, la sua invocazione alla musica popolare americana e ai suoi interpreti. Alle canzoni che sanno dare conforto. In suo aiuto chiama il più grande dei dj: Mr Wolfman Jack

“Play ‘St. James Infirmary’”

Fra le prime richieste di Dylan una delle più celebri canzoni jazz, resa immortale da Armstrong. Questa è la versione di un altro cittadino di New Orleans, il pianista Allen Toussaint. Alla chitarra, Marc Ribot

https://www.youtube.com/watch?v=IwKLPqZzmmI

 

“If you want to remember, you better write down the names

Play Etta James, too

Play ‘I’d Rather Go Blind’”

Nome, cognome e titolo della canzone. Serve altro?

https://www.youtube.com/watch?v=Bcus42ihkTI

 

“Play Please ‘Don’t Let Me Be Misunderstood’

Play it for the First Lady, she ain’t feeling any good”

La quinta e ultima strofa, la più ricca di citazioni, si apre con la canzone incisa nel ’64 da Nina Simone ma portata al successo dagli Animals

https://www.youtube.com/watch?v=Bw7RTUEZMyg

 

“Play ‘Mystery Train’ for Mr. Mystery”

“Mistery Train”, scritta da Junior Parker e Sam Philips nel ’53, è l’ultima registrazione di Elvis per la Sun. La sua storia parte però da più lontano. Con il titolo di “Worried Man Blues” già nel ’30 era nel repertorio della Carter Family

Una canzone magica, che “con il suo ritmo strano e incostante porta in sé la minaccia del titolo”. Così ha scritto Greil Marcus nel suo omonimo libro, imperdibile per chi vuole perdersi nella storia del rock

Dopo Parker & Philips, dopo Elvis, a deviare ancora la corsa di quel treno misterioso sarà The Band. Robertson ne cambia anche il testo, aggiungendo due strofe. Qui c’è l’armonica di Paul Butterfield in versione locomotiva

https://www.youtube.com/watch?v=6-fmqOU8_Uo

 

“Play ‘It Happened One Night’ and ‘One Night of Sin’”

“One Night of Sin”, 1958, è l’ultimo 78 R.P.M. inciso negli Stati Uniti, tutti i singoli successivi usciranno in formato 45 giri. Poco da dire: è Elvis all’ennesima potenza

https://www.youtube.com/watch?v=sBoL3FvqyIM

 

“Play ‘Anything Goes’ and ‘Memphis in June’”

Dylan è innamorato di “Memphis in June”, una canzone del 1945 di Hoagy Carmichael: l’aveva già omaggiata nel 1985 su “Empire Burlesque”. Il pretesto per ascoltarcela cantata da Nina Simone 

https://www.youtube.com/watch?v=dNhPIJX7N9k

 

“Play ‘Lonely at the Top’”

Randy Newman scrisse “Lonely at the Top” per Frank Sinatra, che la rifiutò pensando fosse una presa in giro per il suo parrucchino. La canzone finì su “Sail Away”, un album del ’72 di Newman che Tom Waits avrà amato parecchio

https://www.youtube.com/watch?v=Wjbjfm6ui3c

 

“Play ‘Moonlight Sonata’ in F-sharp

And ‘A Key to the Highway’ for the king on the harp”

Beethoven a parte, qui Dylan rende omaggio ancora a Kennedy, the king, e a Little Walter. Chitarrista e cantante blues e soprattutto il più grande armonicista di sempre, che per la sua tecnica rivoluzionaria può essere paragonato a Parker e Hendrix

Little Walter è l’unico a far parte della Rock ‘n Roll Hall of Fame fra chi suona l’armonica. “Key of the Highway”, uno standard blues degli anni ’40 che lui nel ’58 suona alla maniera di Chicago, spiega bene il perché 

https://www.youtube.com/watch?v=Xc-wdIdg5BA

 

Siamo ai titoli di coda. È il momento di “Murder most foul”, con i suoi 16’ e 57’’ la canzone più lunga mai incisa da Dylan. Un lungo poema accompagnato da un crescendo di piano viola basso e batteria. Ascoltatela col testo davanti.

https://www.youtube.com/watch?v=3NbQkyvbw18

 

Uscite discografiche 2020 (gennaio - marzo)

Data di trasmissione
Durata 1h 2m 36s

Scaletta

 

Qui la playlist

 

 

“We’re a New Again” è il titolo dell’album di Makaya McCraven uscito a febbraio per la XL Records, l’etichetta di Richard Russel. È stato Russel a produrre l’ultimo strepitoso disco di Gil Scott Heron, “I’m New Here”, e a volere dieci anni dopo questa “rivisitazione”

Il lavoro del batterista, parigino ma di scena a Chicago, è un caleidoscopio di improvvisazione, beat elettronici e campionamenti. Un tappeto sonoro potente per la voce di Gil Scott

A cinque anni da “Currents” i Tame Impala sono finalmente tornati. Con “The Slow Rush” la band australiana si diverte a mischiare le carte, con il synth pop e la disco predominanti rispetto alla psichedelia dei primi due album

Sono uno più bello dell’altro i due singoli dei Car Seat Headrest usciti nelle scorse settimane. Entrambi fanno parte dal nuovo album della band di Will Toledo: “Making a Door Less Open”, che uscirà il primo maggio per Matador 

Il disco è frutto di una collaborazione fra i Car Seat Headrest e 1 Trait Danger, un progetto elettronico dello stesso Toledo con il batterista Andrew Katz. Il risultato giudicatelo voi

I Wire festeggiano 44 anni di carriera con “Mind Hive”, uscito a gennaio per la loro Pink Flag. È l’ennesima conferma della capacità della band inglese di restare al passo con i tempi, conquistare nuovo pubblico senza svendere l’anima

Non sappiamo nulla di …, ce l’ha segnalata qualche giorno fa … ed è stato amore a primo ascolto. Sponsorizzata dai Sleaford Mods e più inglese della Regina Elisabetta. God save the post punk

Su “Hunted” Anna Calvi reinterpreta 7 dei 10 brani contenuti nel precedente “Hunter”. Ad accompagnarla in questa operazione: Courtney Barnett, Julia Holter, Charlotte Gainsbourg e Joe Talbot (Idles), con cui canta “Wish”

“Man Alive!” è il terzo album a nome King Krule di Archy Marshal: cantante e chitarrista londinese, classe ’94. Dal precedente “The Ozz”, che 3 anni fa divise fans e critica, il musicista ha messo su famiglia e s’è trasferito fuori Londra, dove ha registrato le nuove canzoni

Una “rottura” nella vita privata che pesa anche nel nuovo disco, spaccato in due anime: una post punk, l’altra decisamente più intima

Magari non riusciranno mai a ripetere un miracolo come il disco d’esordio ma gli Algiers e il loro “soul distopico” restano parecchio sopra la media

Da una parte un trio texano che cita fra le sue fonti di ispirazione la psichedelia, il funk rock thailandese e le colonne sonore dei film di Tarantino. Dall’altra una delle più belle voci soul in circolazione = #RestateUniti 

Dopo trent’anni di onorata carriera Greg Dulli, voce degli Afghan Whigs, fa il suo vero esordio come solista, visto che lui stesso considera il precedente del 2005 una semplice raccolta di canzoni senza padrone. E lo fa mettendo in mostra tutta la sua maturità e la sua classe

In “Random Desire” racconta le conseguenze dell’amore, quando finisce male. Come in “A Ghost”, dove si fa accompagnare da una sezione d’archi in un luogo imprecisato fra i Balcani e il Joshua Tree National Park

A giugno prima al “Primavera Sound” di Barcellona, poi al “NOS” di Porto, a dieci anni dalla loro ultima esibizione, dovrebbero suonare i Pavement. E proprio nell’anno della reunion, Stephen Malkmus licenzia il suo album meno Pavement

In “Traditional Techniquesin” per la prima volta Malkmus si cimenta con una 12 corde. È un disco acustico dalle atmosfere folk, ispirato per sua stessa ammissione dalla psichedelia della West Coast

Nel 2017 i Built To Spill hanno suonato come backing band in una parte del tour di Daniel Johnston, scomparso lo scorso 11 settembre. Nasce da quella esperienza il tributo “Built To Spill Plays The Songs Of Daniel Johnston”, in uscita a maggio.

Il singolo scelto per anticipare l’album è una delle sue canzoni più belle ed emozionanti del grande cantautore

“There is No Other” è il terzo album della cantante e violoncellista scozzese Isobel Campbell, ex Belle & Sebastian. L’ultimo risale a 14 anni fa, nel mezzo i 3 con Lanegan. Si galleggia dal folk alla bossa nova. Come in questa “Rainbow”

Per molti è già il disco dell’anno. Non sappiamo se sarà così ma possiamo dire con certezza che “Saint Cloud”, quinto album di Waxahatchee, al secolo Katie Crutchfield, è magnifico

Registrato al Sonic Ranch Studio da Brad Cook (Bon Iver), il disco è un diario di viaggio attraverso il sud degli Stati Uniti. Una tappa è quella di Memphis, la capitale indiscussa del r’n’b che contraddistingue “Fire”, primo singolo estratto

Due minuti scarsi, che fanno ben sperare per il prossimo album dei Magnetic Field in uscita a maggio: “Quickies”, un set di 5 vinili per un totale di 28 canzoni firmate da Stephin Merritt. Canzoni bonsai, dai 13 secondi ai 2 minuti e 35

Chiudiamo questo thread dedicato alle migliori uscite di questa prima parte del 2020 con una ballata hard rock cafonissima, con tanto di featuring di Elton John e solo di chitarra alla November Rain… Ma lui è Ozzy

 

 

 

Casa dolce casa

Data di trasmissione
Durata 1h 1m 30s

 Playlist 

https://open.spotify.com/playlist/4Cq52ooSiTJHvpHCaxWlLu?si=F82SUl3nTRe4so2Uf6CjsQ

 

La puntata di stasera è dedicata al luogo in cui la gran parte di noi è costretta a passare l’intera giornata: la casa. Per qualcuno non va così male, per altri è un inferno. C’è chi si sente solo, chi si annoia. E chi cerca di far tesoro di questo tempo sospeso. Le canzoni che abbiamo scelto provano a restituire i diversi aspetti dello stare fra le mura domestiche. È il nostro modo di farvi compagnia. Cominciamo con gli Hüsker Dü, mitica band hardcore del Minnesota. La canzone, scritta da Grant Hart, è quella che chiude il loro ultimo album “Warehouse: Songs and Stories” (1987). “Revolution starts at home, preferably in the bathroom mirror” è scritto nelle note di copertina “Figured it out that I was wasting all my time And time was eating at my soul Now I find comfort only somewhere in my mind Free to pursue another goal”

Per la prossima canzone cambiamo continente e stato d’animo. È una Polly Jean solare quella che nel 2000 dà alle stampe “Stories From The City, Stories From The Sea”, album composto dopo aver lasciato New York per tornarsene nel suo amato Dorset Quello che emerge nelle canzoni in scaletta è il fatto che PJ è innamorata. È l’amore che le fa gettare la sfortuna da un grattacielo, che le fa rincorrere il suo amato per le stanze. La casa cantata dalla cantautrice inglese è un nido, una tana in cui continuare a cantare “One day they'll be a place for us (And the girl keeps singing)”

Fra buoni propositi e stralci di vita domestica, in “Right Now I’m a Roaming” Nick Cave srotola un lungo elenco di attività che compie quando è a casa. La canzone è tratta da “B sides and rarities”, una raccolta uscita nel 2005 “When I get home I'm gonna call my mother When I get home I'm gonna cook her some dinner When I get home I'm gonna invite my brothers... But right now, right right now Right now I am a-roaming”

“Il presagio, terzo piano, lauree nel cassetto, i suoi occhi, la routine, amore logorato dall’amore stesso, lei fa il bagno, lui guarda la tv, gli alieni arriveranno presto a prendersi anche il silenzio. Avevo in mente i Jesus and Mary Chain a spasso con Bill Callahan” Così, nel 2012, Colapesce raccontava la traccia che apre il suo “Un meraviglioso declino”. Canzone che in queste settimane, per motivi facilmente immaginabili, rimbalza di playlist in playlist.

Nel 2014 Ben Harper ha dedicato un intero album alla casa in cui è cresciuto, in cui è stato bambino. Ad accompagnarlo c’è sua madre, Ellen, polistrumentista e vocalist in “Childhood Home” “A house is a home even when there's ghosts Even when you gotta run from the ones who love you most Screen door's broken paint's peeling from the wood Locals whisper when they gonna leave the neighborhood”

La prossima è l’ultima canzone dell’ultimo album uscito con Jimi Hendrix ancora in vita. Scritta dal batterista Buddy Miles, con Billy Cox al basso a completare il trio. L’album, che proprio domani compie 50 anni, è “Band of Gypsys” “The old house dog Is waggin' his tale Nobody loves him He's dirty as hell They put him in home sweet hell Everyone now Home sweet home”

Essere chiusi fra le mura domestiche può essere un vero e proprio inferno. “La barbarie comincia in casa” cantavano gli Smiths nel loro album del 1985, “Meat is murder” “Unruly boys Who will not grow up Must be taken in hand Unruly girls Who will not settle down They must be taken in hand .. A crack on the head Is what you get for not asking And a crack on the head Is what you get for asking”

Il prossimo è un brano dei Talking Heads, primo singolo estratto dall’album “Speaking in Tongues” del 1983. A giustificarne la scelta, in queste settimane di domicilio coatto, basta il solo titolo: “Mandare a fuoco la casa”

Per tantissime persone essere chiusi in casa significa essere soli. Alla solitudine, a come combatterla, è dedicata una canzone meravigliosa dei Wilco, contenuta nell’album “Summerteeth” “How to fight loneliness Smile all the time Shine your teeth 'til meaningless Sharpen them with lies” Non sempre basta sorridere alla solitudine, come invitava a fare Jeff Tweedy nella canzone appena ascoltata.

Non è facile quando non si riesce a smettere di piangere per un uomo che non sai dov’è Fra le pulizie e la bottiglia a fare compagnia, Amy Winehouse cerca di distrarsi. Ma fa male svegliarsi da sola ogni mattina

L’essere chiusi in casa come metafora di abbandono e depressione. Di rifugio, da cui è difficile fuggire. È quello che canta Benjamin Clementine in “Cornerstone”, fra le canzoni più belle del suo straordinario debutto “I am lonely, alone in a box of stone They claim to love me but they're all lying I've been lonely alone in a box of my own And this is the place, I now belong It's my home home, home, home home home home home”

Starsene chiusi a casa può diventare anche un’occasione per fare qualcosa di creativo. Per portare a termine quel progetto che rimandi da anni. Oggi nel proprio appartamento si può anche registrare un intero album in solitudine Non basta soltanto il tempo però, serve anche talento. Ne ha da vendere Cody Chesnutt, artista afroamericano. Fra il 2000 e il 2002 compone e registra in casa 36 canzoni che entreranno in “The Headphone Masterpiece” Il disco, registrato in maniera amatoriale, entra nelle classifiche statunitensi per diventare un successo internazionale quando i Roots, coinvolgendolo, fanno loro la sua “The Seeds” Noi però ci ascoltiamo un’altra traccia del doppio album di Chesnutt: “Smoke and Love”

Siamo arrivati ai titoli di coda. La canzone che abbiamo scelto per chiudere si intitola semplicemente “Home”. È il nostro augurio che questa clausura passi il prima possibile

“Oh, home, let me come home Home is whenever I'm with you Oh, home, let me come home Home is whenever I'm with you”

Alex Chilton

Data di trasmissione
Durata 46m 23s

Dieci anni fa, il 17 marzo 2010, moriva a New Orleans il cantante e chitarrista Alex Chilton. Se il suo nome resta legato ai Big Star, “la più famosa delle band sconosciute”, negli anni la sua è diventata una vera e propria figura di culto

Non si contano gli artisti che nel tempo gli hanno pagato tributo, riconoscendone l’influenza. È considerato il padre di quello che avrebbe preso il nome di “indie rock” e l’inventore del power pop

La fonte principale di quello che avremmo voluto raccontarvi sugli 87.9 di Ondarossa, e che cause di forza maggiore ci “costringono” a dire qui, è la biografia “Alex Chilton. Un uomo chiamato distruzione”, pubblicata da Holly George-Warren nel 2014

Una biografia splendida, appena pubblicata in italiano da Jimenez (la traduzione è di Gianluca Testani), editore indipendente che non perde occasione di mostrarsi intelligente e coraggioso nelle sue scelte

Ma non perdiamo il filo. Aprite occhi, orecchie e cuore. E se potete alle 20 sintonizzatevi su Ondarossa (e sostenetela). Non saremo in radio purtroppo ma le canzoni che abbiamo scelto, e che vi raccontiamo, andranno comunque nell’etere

Alex Chilton nasce il 28 dicembre 1950 a Memphis, Tennessee. Già calda e influente dal punto di vista musicale, la città sta per essere travolta dal ciclone Elvis. Sempre qui, nel ’57, nasce la Stax Records, che darà i “natali” a Otis Redding, Sam & Dave, Booker T & the MG’s

È con questo sound, e con i dischi jazz del padre sassofonista e pianista, che si formerà Alex. Sarà Chet Baker a fargli venire voglia di cantare e Steve Crooper, turnista della Stax e futuro blues brother, a ispirarlo per trovare il giusto approccio alla chitarra

Ma a fargli venire voglia di suonare in una band sono i Beatles: il 19 agosto ’66 è fra il pubblico dei Fab Four a Memphis. Dopo le parole di Lennon – “Siamo più famosi di Gesù” – il tour Usa si preannuncia bollente fra proteste di fondamentalisti cristiani e minacce del KKK

Dopo averlo sentito cantare, i DeVilles lo ingaggiano per un tour a seguito del forfait del loro cantante. Cambiano nome in Box Tops e sbancano con “The Letter”, il singolo di maggior successo mai inciso a Memphis, che raggiungerà il vertice delle classifiche negli Usa

È il 1967, il sedicenne Alex Chilton è già una big star

Box Tops - The letter

 

Per chiudere la parte dedicata agli esordi di Alex segnaliamo un album uscito nel 2019. In “Songs from Robin Hood Lane” (l’indirizzo di casa sua a Memphis) sono stati recuperati brani incisi da Chilton in omaggio agli artisti con i quali è cresciuto

In scaletta c’è una bellissima versione di “My Baby Just Cares for Me”, canzone degli anni ’30 resa celebre da Nina Simone nel 1958

Nina Simone - My Baby Just Cares for Me

 

I Box Tops resistono nelle classifiche per 3 anni. Quando nel 1970 la band si scioglie, Alex ha 19 anni e un bel po’ di denaro. Non può immaginare che da quel momento la musica non gli renderà mai più abbastanza da consentirgli un’esistenza serena

A Memphis intanto il chitarrista Chris Bell forma una band col batterista Jody Stephens e il bassista Andy Hummel. È a loro che si unirà Alex nel 1971. Le session negli studi Ardent portano a una serie di canzoni pop che non passano inosservate

La Ardent propone di far uscire l’album nel suo catalogo quando la band non ha neanche un nome. Scelgono di chiamarsi come il supermercato che sorge di fronte agli studi di Madison Avenue: “Big Star”

A distribuire i dischi Ardent è la Stax, che sarà la causa del loro fallimento: “#1 Record” arriverà nei negozi di tutti gli Usa in poche migliaia di copie. E chi corre a comprarlo dopo aver letto le super recensioni non lo trova

 

Big Star - Feel

 

A splendere su “#1 Record” è “Thirteen”. Una canzone sui 13 anni, e sull’idea romantica dell’amore come rifugio, scritta per chi 13 anni non li ha più. Ma anche un monito a non dimenticare chi eravamo: “Rock ‘n Roll is here to stay”, canta Alex in un verso immortale

Pochi accordi, durata breve. Un tema universale come l’adolescenza. È una canzone perfetta da rifare. Infatti “Thirteen” vanta decine di cover. Non potevano non pagare tributo i Wilco, che molto devono ai Big Star

Wilco - Thirteen

 

 

Chris Bell, dopo il flop, depresso abbandona la band. Chilton e gli altri non mollano e nel ’74 fanno uscire “Radio City”, ancora per la Ardent. La sorte è la stessa: grandi recensioni, potenziali hit, zero distribuzione

Big Star - Back of a Car

 

Non è facile stare vicino a Chilton. Distruttivo in amore e nelle amicizie, come lo è verso la musica: prima crea, poi distrugge. A complicare il tutto è l’alcol. Con queste premesse uno strano ensemble di musicisti di Memphis dà vita al terzo disco dei Big Star.

Resiste alla batteria Jody Stephens ma il disco è tutto di un Chilton sempre ubriaco. L’album nato da quelle session uscirà 4 anni dopo, senza neanche un titolo. Certe edizioni riportano “3rd”, altre “Sister Lovers”, altre ancora “The Third Album”

Pietra miliare per le future generazioni indie, “3rd” è un disco pesante, la radiografia di una personalità complessa. Accanto alle ballate trovano posto pezzi sperimentali in cui Chilton sembra mettere in musica quel nichilismo che l’ha sempre contraddistinto

Fra queste la magnifica “Kangaroo”, che ancora una volta ci ricorda meglio di mille parole da dove provengono i Wilco…

Big Star - Kangaroo

 

Una costante nella carriera di Chilton, dal vivo come in studio, sono le cover. Ne esegue tante, adora suonare gli artisti che ama. Una trova spazio sull’album, in omaggio ai Velvet Underground e a Nico

Velvet Underground - Femme Fatale

 

In questo periodo Chilton, dipendente da alcol e droghe, vaga senza suonare. Nel ’77 va nella Grande Mela in cerca di ingaggi e il “New York Times” gli dedica un articolo: “Alex Chilton, rock legend, back”. Ha 26 anni! Nel ’78 esce “3rd”, ma lui non lo viene neanche a sapere

Il 1978 si chiude con la morte per incidente d’auto di Chris Bell, che dopo aver lasciato i Big Star non farà in tempo a pubblicare nessun album. Il disco “I am the Cosmos”, registrato nel ’75, uscirà solo nel ’92

Chris Bell -  I am the Cosmos

 

La rabbia e il dolore per la morte di Bell, la frustrazione per i continui flop, gli abusi di alcol e droga, l’instabilità mentale, l’autodistruzione. Tutto questo finirà su “Like a Flies on Sherbert”, il debutto come solista di Chilton

Nonostante musicisti ubriachi, testi incomprensibili e master pieni di rumori e di errori, l’album è una testimonianza preziosa della sua carriera. La foto di un particolare momento artistico e personale

Alex Chilton - Hey! Little Child

 

 

A New York Chilton diventa un’icona della scena punk che gravita attorno al CBGB’s. Sarà lui a produrre l’esordio dei Cramps nel 1980, dicendosi poi invidioso di band dal sound così riconoscibile: lui non riuscirà mai a ripetere nei suoi lavori la stessa idea musicale.

Gli anni ‘80 per Chilton sono una sequenza di album fuori fuoco e svogliati usciti per etichette indipendenti. Viene dimenticato. Poi le cose cominciano a muoversi favorevolmente a sua insaputa: a fine decennio escono le ristampe dei tre dischi dei Big Star.

È in questi anni che nasce il culto per lui e per quella misteriosa band di Memphis passata troppo velocemente. Gruppi come Teenage Fanclub e R.E.M. rilasciano interviste in cui confessano il loro amore e il loro debito verso i Big Star.

C’è poi chi si spinge oltre, come i Replacements:

‘Children by the million sing for Alex Chilton when he comes ‘round

They sing “I’m in love. What’s that song? I’m in love with that song

I never travel far, without a little Big Star”

Replacements - Alex Chilton

 

Impossibile dar conto di tutti i progetti di Chilton. Non si può però non citare la sua partecipazione in un folle trio psychobilly con Alan ‘suicide’ Vega e Ben Vaughn. Un solo imperdibile album: “Cubist Blues”

Alan Vega, Alex Chilton, Ben Vaughn - Fly Away

 

 

Chiudiamo tornando a “3rd”, forse il capolavoro dei Big Star ma senza una “Feel” né una “Back of a Car”. Pieno di demoni, di quelli che ti fanno scrivere una canzone come “Holocaust”: la più brutale, desolante e dolorosa mai scritta da Chilton.

È il lamento di un dolore che non si può fingere, con la voce di Alex accompagnata da un pianoforte e da una chitarra che sembra provenire dall’oltretomba. Tocca corde profonde e dolorose che pochi artisti hanno avuto il coraggio di percorrere

Big Star - Holocaust

 

Alex Chilton muore di attacco cardiaco il 17 marzo 2010 a New Orleans, dove viveva da dieci anni nel quartiere Tremé. Amava suonare jazz con il piano che si era regalato grazie all’assegno di un programma tv che aveva usato “In the Street” come sigla

Nel 2005 aveva rimesso insieme i Big Star. Nella settimana in cui è morto avrebbero dovuto suonare al “South by Southwest” di Austin, il più grande raduno di esperti musicali degli Usa. Alex rubò la scena comunque

Tanti gli omaggi rivolti a Chilton in questo decennio. Emozionante quello del Primavera Sound 2012, con Alex Taylor, i Wilco, Sharon Van Etten, Mitch Easter, Mike Mills e Yo La Tengo insieme a cantare “Thank you friend”. Grazie Alex

Alex Taylor, i Wilco, Sharon Van Etten, Mitch Easter, Mike Mills, Yo La Tengo - Thank you friend