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Lettera dai Detenuti Liberi di Regina Coeli

Data di trasmissione
Durata 6m 58s

Cara Radio Onda Rossa,

Intanto grazie per l’attenzione e per dare voce a chi, come noi, si ritrova schiacciato da questo sistema insano e inumano. Questi giorni sono molto faticosi per noi. Il caldo amplifica le sofferenze che già erano insopportabili.

Senza troppo girarci intorno, quello che vi chiediamo è di aiutarci, di rendere trasparenti questi muri, mostrando alla gente i crimini commessi da uno stato che, ipocrita, pretende il rispetto delle leggi che esso stesso vìola sistematicamente restando però impunito. Vorremmo che tutti e tutte riuscissero a capire che non c’è nulla di rieducativo nel carcere. Vorremmo che si superasse la solita narrazione della prigione che garantisce la sicurezza dei cittadini. È falso. Il carcere è criminale, criminoso e criminogeno.

Oggi in Italia vivono migliaia di persone (uomini, donne, ragazzini, perfino neonati con le loro mamme) chiuse come le bestie, in celle piccolissime nelle quali si boccheggia, buttate su brande di ferro con un foglio di gommapiuma lercia come materasso. Vivono chiuse senza servizi igienici adeguati, senza una doccia, senza un luogo sano nel quale cucinare.
Quando vedete le immagini in TV della solita rivolta o dell’ennesimo suicidio, dovete sapere che di carcere si soffre fino a diventare pazzi, di carcere ci si ammala, di carcere si muore. Fuori si vive un’immagine che, per quanto negativa, non riuscirà mai a rappresentare l’oscenità del carcere.

Qui a Regina Coeli abbiamo quasi raggiunto 1200 detenuti (a fronte di 680 posti ufficiali). Col sovraffollamento è saltato tutto: le educatrici non si vedono più, molte attività sono sospese, l’area sanitaria è totalmente inadeguata, con mesi di attesa per una visita. Anche la magistratura di sorveglianza è intasata al punto che non vengono nemmeno concessi i benefici di legge. Il vitto è disgustoso e comunque insufficiente. I lavoranti sono costretti a ridividere, i pezzetti di pollo per farli arrivare a tutti. Servono quasi ogni sera, con questo caldo, un brodo immangiabile fatto con gli avanzi dei pasti precedenti. E quando la cucina non ce la fa (sta erogando il doppio dei pasti) arrivano ranci ridicoli, con un uovo sodo o due fettine sottili di formaggio. Le persone più giovani muoiono di fame, quelle più anziane o più fragili si ammalano. L’acqua corrente è sempre più scarsa. Con quell’unico rigagnolo che c’è rimasto dobbiamo lavarci, cucinare, bere, ecc.

Oltre la metà di chi è rinchiuso qui dentro non ha soldi, quindi non si può permettere i pochi e costosi prodotti che siamo autorizzati ad acquistare dal fornitore monopolista. Così, una massa di almeno 600 persone, ogni giorno deve trovare il modo di rimediare il cibo, il sapone per lavarsi, perfino la carta igienica! (te ne danno un rotolo al mese, le guardie). Poi ci sono gli insetti che ti mangiano. Due sezioni sono piene di cimici e scabbia. I topi sono ovunque.
E poi ci sono quelle maledette gelosie. Guardate bene in carcere: le vedete? Quelle lastre di ferro nero montate davanti alle finestre delle celle. Illegali da molti anni ma mai rimosse per i costi dei lavori. Non fanno passare l’aria, non passa manco la luce. D’estate, quando ci batte il sole, si infuocano. Impazzisci. Cerchi di stare lontano da quella finestra bollente, ma la stanza è piccola, e al lato opposto c’è una porta blindata chiusa. Ti senti in trappola, appiccicato agli altri, tutti insofferenti. Ti fai aria con quello che trovi, ma l’aria è troppo calda. Intorno a te tutto è caldo, come un forno. Anche il cibo che compri si deteriora velocemente perché non c’è un frigo. È una tortura, e nient’altro. Lo stato tortura migliaia di persone. Non lo diciamo solo noi, ma le decine di sentenze della Corte Europea per i Diritti Umani.

Tra noi c’è chi reagisce con forza, sbatte sulla porta, cerca di uscire almeno nel corridoio. Chi invece si lascia andare e decide di imbottirsi di psicofarmaci, dormire e non pensare (quasi il 40% dei detenuti), chi urla, chi piange, chi prega. Potremmo raccontarvi ancora tanto, ma non basterebbe un quaderno interno! Non si tratta più di riforme, decreti o disegni di legge. Qui, ora, si stanno commettendo crimini contro l’umanità. Le persone sono sottoposte a torture, trattamenti degradanti. Qui, proprio ora c’è gente che sta morendo. E non parliamo solo dei 54 suicidi dall’inizio dell’anno, di quelle 54 vite spezzate che oggi sono un numero sui giornali, ma ieri erano reali, avevano un nome, una storia, legami affettivi polverizzati dalla galera. Parliamo anche degli oltre 300 tentativi di suicidio dichiarati dal DAP, sventati il più delle volte da altri detenuti. Parliamo anche degli altri 72 morti per malattie o cause considerate naturali, ma anche quelli sono morti in carcere e di carcere.
Qui con noi c’è un anziano nordafricano. Ha 78 anni, cammina a fatica, gira spaesato. Dopo quasi 2 mesi ancora si confonde e non ricorda la sua cella. Dobbiamo aiutarlo per tutto, ha un’autonomia molto ridotta. Abbiamo fatto di tutto per segnalarlo, non può stare qui! Siamo molto preoccupati per lui. Non vogliamo che diventi l’ennesima “morte naturale”, conteggiata cinicamente tra i numeri che non contano!

Ci sentiamo soli, esclusi da una società cieca, ma capace di catalogare, marchiare ed escludere. Non si riesce a non pensare almeno una volta a farla finita. Non vuoi soffrire più. Qualche volta reagiamo, lottiamo, cerchiamo di unirci. Ma ogni protesta è sedata, repressa. In tanti hanno paura. Dopo la prima rivolta in sesta hanno spedito 15 capri espiatori nelle carceri più remote (perfino in Sardegna) facendo perdere loro la possibilità di vedere i familiari. Nonostante ciò, e nonostante il DL sicurezza, in sole 3 settimane ben 4 sezioni sono insorte, per disperazione. Ci sono stati incendi, lanci di oggetti. Almeno una volta a settimana il carcere è invaso dal fumo acre e tossico dei roghi. Dalla settima, dove stanno chiusi 23 ore su 24 (con l’ora d’aria spesso negli orari più caldi) quasi ogni sera si sentono battiture e grida di aiuto. Sentiamo ogni giorno notizie da altri penitenziari. Viterbo, Firenze, Milano, Trani, Trieste. Stesse storie, stesse proteste. A volte siamo costretti ad urlare, fare rumore, accendere fuochi. Vogliamo farci sentire, vogliamo essere considerati vivi perché, per quanto ci vogliano zitti, fermi, passivi, noi non siamo ancora morti!

Siamo esseri umani come voi. Alcuni hanno sbagliato, altri sono innocenti, altri ancora li hanno resi “sbagliati” con leggi liberticide che hanno creato reati dove non ce ne sono.

Siamo qui, davanti a voi, dentro Regina Coeli, dove subiamo torture, maltrattamenti, umiliazioni, trattamenti degradanti. Questo succede davanti a voi, proprio adesso. Il nostro è un grido d’aiuto, aiutateci a resistere e ad esistere!


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