Ascolta lo streaming di Radio Onda Rossa !

jazz meets hip hop

Data di trasmissione
Durata 53m 36s

SCALETTA

 

Gil Scott-Heron - The Revolution will not be Televised

A Tribe Called Quest - Jazz (We've Got)

Guru, Roy Ayers - Taka a Look (At Yourself)

Buckshot LeFonque - Breakfast @ Denny's (Uptown Version)

Common - I used to love H.E.R.

Jaylib - The Official

Nujabes - Beat laments the world

Jazz Liberatorz - My Style is Fly

Flyng Lotus, Kendric Lamar - Never Catch me

Sons of Kemet - My Queen is Ada Eastman

M1, Bonnot - 24 hours in Gaza

Raffaele Casarano, Danno - Oltremare

 

Un filo rosso lega le strade di New Orleans di fine ‘800, dove risuonava la cornetta di Buddy Bolden, il “padre del jazz”, al 1520 di Sedgwick Avenue, Bronx, dove il disc jockey Kool Herc con i suoi break e le sue feste stava per riscrivere le regole del gioco

.

Il primo assaggio della rivoluzione che esploderà a New York si consuma però qualche anno prima, quando nel ’71 Gil Scott-Heron registra “Pieces of a Man”. Entra in scena un personaggio chiave nel legame fra jazz e hip hop: Ron Carter, contrabbassista per anni alla corte di Davis

.

Il basso di Carter va a nozze col proto rap di Gil Scott. “La rivoluzione è iniziata e sarà in diretta” suona come una profezia della musica che verrà. “Se facciamo quel che facciamo è grazie a lui”, dirà anni dopo Chuck D dei Public Enemy

https://www.youtube.com/watch?v=QnJFhuOWgXg

.

Negli anni sempre più musicisti jazz hanno un flirt con l’hip hop. Da Harbie Hancock, con la sua “Rockit” nel 1983, al batterista Max Roach. Fino al Miles Davis di “Doo-Bop”, album incompiuto che uscì nel ’92 dopo la morte del trombettista

.

Siamo nella stagione in cui il jazz è soprattutto un pozzo di meraviglie da cui attingere. Aprono le danze i Gang Starr di Guru e Dj Premier con “Jazz Thing”, scritta e prodotta col sassofonista Brandford Marsalis per lo Spike-Lee-joint “Mo Better Blues”

.

Seguono in scia, fra gli altri, due pezzi da 90 come i De La Soul e gli A Tribe Called Quest di Q Tip e Phife Dawg, che arruolano proprio Ron Carter per dare alle stampe nel ’91 il capolavoro “The Low and Theory”. La strada è segnata

https://www.youtube.com/watch?v=cxN4nKk2cfk

.

Sarà Guru nel ’93, smarcato da Dj Premier, a mettere il sigillo al sodalizio fra jazz e hip hop. Ad accompagnarlo la tromba di Donal Byrd, le tastiere di Lonnie Liston Smith e il vibrafono di Roy Hayers. È il primo “Jazzmatazz”

https://www.youtube.com/watch?v=5ZSsGNnptGE

.

Un altro personaggio chiave, l’abbiamo già nominato, è Brandford Marsalis. Pochi anni dopo la collaborazione coi Gang Starr il sassofonista lancia un progetto per mettere insieme jazz e hip hop. Lo chiama Buckshot LeFonque, pseudonimo di Cannonball Adderly negli anni ’50 

.

Per l’impresa Marsalis ingaggia ancora Dj Premier, il cui ruolo è fondamentale per miscelare alla perfezione boom-bap e virtuosismi jazz. Ma la critica, era il ’94, non gradisce (e il sassofonista se ne lamenterà nel secondo capitolo, intitolandolo “Music Evolution”)

.

Il punto più alto della collaborazione fra i due è “Breakfast @ Denny’s”, dove il contributo di Premier è spettacolare. Splendida sia nella versione base che in questa “Uptown”

https://www.youtube.com/watch?v=SMrKGkKdKYU

.

Nel ’94 si consuma un’altra tappa fondamentale nella contaminazione fra i due generi: “Resurrection”. A firmarlo è Common, Mc di South Side, Chicago. Il primo singolo estratto dall’album è considerato fra le più grandi registrazioni hip hop di sempre

.

“I Used To Love H.E.R.” - dove H.E.R. sta per “Hearing Every Rhyme” - è costruita su una base inedita di J Dilla e contiene un campione di “The Changing World” di George Benson

https://www.youtube.com/watch?v=TrUERC2Zk64

.

Non basterebbe l’intero thread per raccontare J Dilla, figura leggendaria dell’hip hop. Come sarebbe impossibile elencare tutti i progetti e le identità di un altro gigante: Madlib, uno a cui la Blue Note ha spalancato gli archivi per farsi immortalare in “Shades of Blue”

.

I due, legati da una grande stima reciproca, decidono di fare qualcosa assieme. Nessuna produzione a quattro mani però, solo pezzi montati a distanza: con Dilla che rappa sui pezzi di Mad e viceversa. È l’incontro fra due visionari

.

“Champions Sound” esce nel 2003 a nome Jaylib. Fra i 20 brani della tracklist, nelle decine di omaggi a una passione comune ai due beatmaker come il jazz, spicca quello al Miles Davis di fine anni ’50

https://www.youtube.com/watch?v=hwSzCjsvgDc

.

Lasciamo gli Usa per andarcene a Tokyo. Jun Seba, in arte Nujabes, è stato disc jockey, compositore, arrangiatore, produttore discografico. Nessuno come lui, se non J Dilla con cui ha condiviso la stessa tragica sorte, ha saputo fondere in maniera così naturale hip hop e jazz

.

Nujabes esordisce nel 2003 con “Metaphorical Music”, a cui seguiranno 3 album, più un altro uscito dopo la morte del producer nel 2010. “Beats Laments The World” è uno dei suoi tanti capolavori, emblema del suo stile unico di beatmaking

https://www.youtube.com/watch?v=TuvKDNOVfJk

.

Dal Giappone all’Europa. È il 2008, la miscela jazz e hip hop è ormai linguaggio globale. Tre giovani parigini - Dj Damage, Dusty e Madhi - fanno il loro esordio con “Clin D’oeil”. Un trio di rapper e jazzisti accompagnato da una carrellata di Mc

https://www.youtube.com/watch?v=xDZnkgY6OGM

.

Quello fra Flying Lotus e Kendrick Lamar è l’incontro più sensazionale avvenuto negli ultimi anni nella terra di nessuno fra jazz, hip hop e musica elettronica. È il 2014 quando FlyLo dà alle stampe “You’re Dead!”. Cuore pulsante dell’album, il jazz anni ’70

.

Fra i musicisti coinvolti Herbie Hancock Kamasi Washington e Snopp Dog. “Never Catch Me” è l’unico pezzo con Lamar: il riff di piano si inchioda in testa, il basso di Thundercat va a 200 km/h. E il rapper incanta per flow e versi

https://www.youtube.com/watch?v=2lXD0vv-ds8

.

Chiude il cerchio un gruppo della nuova scena jazz inglese, i Sons of Kemet. Si rifanno alle brass band di New Orleans ma sono cresciuti ascoltando hip hop. In questa traccia “ospitano” una lirica da street poetry che ci riporta a Gil Scott-Heron

https://www.youtube.com/watch?v=T19IrfO3-LQ

.

Chi più impersonifica in Italia la contaminazione fra jazz e hip hop è Bonnot, compositore produttore polistrumentista, dal 2006 parte di Assalti Frontali. Nel 2013 con Tino Tracanna, Roberto Cecchetto e Paolo Fresu firma “Drops”, album dipinto come “il futuro del jazz”

.

Il sax di Tracanna e la tromba di Fresu compaiono anche in “All Power to the People”, album del 2011 firmato AP2P e nato dalla collaborazione con M1, fondatore dei Dead Prez e fra i protagonisti della scena hip hop militante di New York.

https://www.youtube.com/watch?v=ZmUEgyn9cnA

.

Vi salutiamo con “Oltremare” di Raffaele Casarano, album prodotto dalla Tuk Music di Paolo Fresu nel 2018. Con il sassofonista ci sono Manu Katché, Eric Legnin, Lars Danielsson. E Danno, Colle der Fomento. Per abbattere confini geografici e sonori

https://www.youtube.com/watch?v=fJ54wjJqZdU