Trattato Italia-Libia: licenza di "uccidere" in acque internazionali
"Non si tratta di un errore e le scuse servono solo a confondere le responsabilità. "
L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione si dichiara sconcertata dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Dopo l’attacco della motovedetta italo-libica a un’imbarcazione di pescatori siciliani in acque internazionali, il ministro ha derubricato le mitragliate sulla fiancata come "un errore", dovuto probabilmente alla errata convinzione che l’imbarcazione trasportasse dei migranti. I giuristi sollevano anche un problema relativo alla lettera dello stesso Trattato di amicizia italo-libica: l’attacco e la presenza accertata di sei militari della GdF sulla motovedetta libica “costituiscono la prova incontestabile che la presenza dei militari italiani sulle unità donate alla Libia non si limita alla formazione, che in realtà si sarebbe dovuta concludere nei primi sei mesi dall' attuazione dell'accordo del trattato.
Il capitano della nave Gaspare Marrone, che ha subito l'attacco, ha ribadito che al momento degli spari il motopeschereccio si trovava in acque internazional.
L’Asgi chiede quindi di sapere quante volte delle motovedette con a bordo militari italiani hanno aperto il fuoco o usato violenza contro cittadini stranieri che si trovavano su imbarcazioni di fortuna intercettate nel Mediterraneo e quale è stato l’esito di queste operazioni. Inoltre i giuristi dichiarano la necessità e l' urgenza di “una profonda revisione del Trattato di amicizia italo-libica, sospendendo detti accordi fino a quando la Libia non avrà garantito il rispetto del diritto d’asilo e dei diritti fondamentali della persona e comunque introducendo procedure stringenti di controllo affinchè tutte le operazioni che riguardano operazioni di intercettazione e controllo in mare aperto avvengano nel pieno rispetto del diritto internazionale e comunitario”.