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CPR

Da che parte stare: contro i lager di Stato

Data di trasmissione
Durata 27m 43s

La storia dei Centri di reclusione per immigrati (prima Cpt, poi Cie, ora Cpr) è una storia segnata da una conflittualità permanente di cui si sono fatti carico in prima persona i reclusi e che, di rivolta in rivolta, era giunta alcuni anni fa a compromettere seriamente la macchina della “detenzione amministrativa” e delle espulsioni. Negli ultimi mesi, mentre si procede al riallestimento di nuovi o rinnovati lager (“uno per ogni regione”, secondo i progetti che la Lega ha ereditato dal Pd), si sono verificate diverse esplosioni di rabbia in quei luoghi infami. Alcuni spunti di riflessione a partire da una chiacchierata con alcuni compagni e compagne di Torino.

 

Sulla situazione dei CPR: una testimonianza diretta

Data di trasmissione
Durata 38m 31s

La situazione all'interno dei CPR in tutta Italia continua ad essere insostenibile. Numerose le rivolte e le proteste. In studio ne parliamo con una persona che ha avuto la sfortuna di avere esperienza diretta di questi lager di stato.

 

ROMA – SOLIDARIETÀ AI RIVOLTOSI – 28 settembre presidio sotto le mura di Ponte Galeria

I Centri di Permananenza per il Rimpatrio sono l’ultima catena del sistema di gestione dell’immigrazione, quell’anello che imprigiona le persone migranti in attesa del rimpatrio o dell’esito della domanda d’asilo. Sono luoghi di detenzione sparsi sul territorio italiano il cui numero, secondo i governi che si susseguono al potere, dovrebbe aumentare fino ad un CPR per regione italiana. Lo scopo sarebbe quello di rimpatriare le/i migranti clandestin* nei loro paesi d’origine, ma questo avviene in percentuali piuttosto basse per la mancanza di accordi bilaterali con le nazioni di destinazione e la difficoltà di identificazione della loro reale provenienza. Scopo principale del CPR rimane quindi quello di minaccia per le/i migranti senza regolare permesso di soggiorno, che possono essere sfruttatx nelle campagne, nelle fabbriche e nella logistica con la paura – se non rispettano gli estenuanti turni e la misera paga di lavoro – di vedersi rinchiusi nel CPR per un periodo che si è esteso fino a 180 giorni.
Questo è lo scopo che le politiche di immigrazione dello Stato intendono ottenere, gestire e selezionare solo i lavoratori e le lavoratrici più ricattabili per mantenere a zero il costo del lavoro e, di fatto, reintrodurre la schiavitù nel mercato economico. La lotta sovranista per il controllo delle frontiere nasconde l’intenzione di selezionare la mano d’opera gestendo le frontiere, del mare a sud o di terra a nord, aprendole o chiudendole in base alle esigenze di mercato.

L’estate è sempre un momento caldo di rabbia e resistenze. Le condizioni di vita all’interno dei centri sono sempre più dure così come la repressione di ogni forma di resistenza e organizzazione; nonostante ciò sono quotidiane le lotte delle persone rinchiuse. Tentativi e successi di fughe hanno costellato gli ultimi mesi, da Tenerife a Torino, da Plaisir a Roma, dove la riapertura della sezione maschile nel mese di giugno è stata inaugurata da una rivolta e dall’evasione di dodici persone. E ancora ieri 20 settembre gli uomini reclusi a Ponte Galeria hanno dato vita a una rivolta per protestare contro il rimpatrio di alcuni prigionieri; sono stati bruciati materassi e le fiamme hanno coinvolto 4 delle 6 aree in cui è suddiviso il lager. Alcune zone sono state probabilmente rese inagibili tanto da costringere chi gestisce il centro di detenzione a trasferire una decina di persone all’interno della sezione femminile del CPR. E’ emersa subito forte e determinata la richiesta da parte dei rivoltosi di diffondere il più possibile quanto stava accadendo tra le mura del lager: all’interno dei CPR i contatti con l’esterno vengono sistematicamente ostacolati e, da quando è stato vietato l’utilizzo dei telefoni cellulari, far sapere a chi è fuori cosa avviene tra le sbarre di questa prigione per persone senza documenti è diventato ancora più difficile.

Crediamo che tutto questo sia funzionale a rimarcare l’isolamento delle persone recluse, a zittire le loro voci e a spezzare i legami di solidarietà tra chi è dentro e chi è fuori.

Crediamo anche che proprio per questo sia necessario continuare a sostenere chi resiste ogni giorno e si ribella contro le disperate condizioni di vita di questi lager, cercando di spezzare l’indifferenza e il silenzio che lo Stato vorrebbe calare su queste prigioni, comunicando con chi è reclus* e facendo uscire la voce di chi ha il coraggio di raccontare cosa succede nei CPR. Voci che raccontano i soprusi e le sopraffazioni agite dalle forze dell’ordine e da operatori e operatrici, soprattutto se ci si oppone all’assurda quotidianità di quel luogo di cui la maggior parte delle persone non conosce l’esistenza, ma anche le più disparate forme di rivolta e resistenza.

In un momento in cui lo Stato, complice delle morti in mare, delle torture in Libia e responsabile della detenzione ed espulsione di migliaia di persone, reprime ogni forma di opposizione e solidarietà, non smettiamo di lottare contro questo sistema e continuiamo a tornare sotto quelle odiate mura.

SOLIDARIETA’ A TUTT* RIVOLTOS*
SOLIDARIETA’ ALLE PERSONE COLPITE DALLA REPRESSIONE DELLO STATO

CONTRO TUTTE LE GABBIE

SABATO 28 SETTEMBRE
ORE 16
FERMATA FIERA DI ROMA

NEMICHE E NEMICI DELLE FRONTIERE

Il centro di espulsione di Ponte Galeria dalla voce di chi ha appena ritrovato la libertà

Data di trasmissione
Durata 16m 6s

In corrispondenza con chi è appena uscito dal CPR di Ponte Galeria raccontiamo la situazione nel Lager alle porte di Roma.
Dalla riapertura della sezione maschile, avvenuta a fine maggio, è praticamente impossibile ascoltare la voce diretta di chi viene recluso: oltre la fortificazione della struttura detentiva, lo stato ha pensato bene di vietare l'utilizzo di telefoni cellulari.

Oggi, domenica 28 luglio, è previsto un presidio fuori da quelle mura. La presenza solidale arriva dopo tre settimane dalla rivolta e dall'evasione di massa di inizio luglio.