Flash Mob alla Casa Internazionale delle Donne
Ieri durante la presentazione del libro di Rachel Moran 'Stupro a pagamento, la verità sulla prostituzione' alcune realtà hanno effettuato un pacifico flash mob. Le abbiamo sentite in una corrispondenza, qui sotto il volantino che hanno lasciato all'iniziativa.
Riconoscimento, sorellanza e autodeterminazione, questa la nostra rivoluzione.
Siamo diverse soggettività femministe tra cui anche alcune sexworkers appartenenti a varie realtà come collettivi, associazioni e gruppi informali. Non è importante sapere chi di noi è o è stata sexworker perché qualsiasi discorso sul tema della prostituzione ci riguarda tutte in quanto donne e soggettività femministe. Ognuna di noi conosce qualcuna o qualcuno che fa o ha fatto lavoro sessuale. Abbiamo le nostre esperienze dirette che sono reali e concrete quanto quelle di chiunque altra e siamo qui anche per tutte quelle persone che non vogliono o non possono esporsi. Riteniamo estremamente violento e prevaricatorio dichiararsi detentrici di una unica “Verità”. In particolare su un tema così complesso che coinvolge donne diverse per vissuti e scelte. Sappiamo che la prostituzione NON E’ SEMPRE VIOLENZA. Ci impegnamo quotidianamente contro violenze e sfruttamento in ogni forma e in qualsiasi contesto: sul posto di lavoro, nelle strade, nelle relazioni, in famiglia. Da sempre qualcuno si è arrogato il diritto di parlare per noi, al nostro posto. La riconosciamo come pratica patriarcale di delegittimazione: sostituirsi alle donne, infantilizzarle e dubitare della loro capacità di autodeterminarsi. Non lo permettiamo. Invisibilizzare o negare i vissuti delle donne è una pratica politica violenta, soprattutto sapendo che molte sexworkers non vogliono o possono esporsi a causa dello stigma riguardo al lavoro sessuale. Le modalità ed il linguaggio usato in questa presentazione non fanno che criminalizzare, rinforzare lo stigma, isolare e dividere le donne. Critichiamo con forza la spettacolarizzazione strumentale della violenza di genere in qualsiasi forma. Osserviamo che l’obiettivo è portare avanti proposte neo-proibizioniste che avrebbero ricadute pesanti per le lavoratrici ed i lavoratori e tutte le persone di qualsiasi genere coinvolte nella prostituzione. Ci colpisce poi che queste modalità vengano portate avanti in questa sede , alla casa internazionale delle donne, un contesto che molte di noi hanno attraversato, e che fin’ora abbiamo considerato uno spazio in cui confrontarsi nelle differenze. Eventi come questi, impostati con questo linguaggio, in termini violenti e supponenti ci fanno pensare che qualcosa è radicalmente cambiato e che si voglia dare spazio ad un’ unica narrazione escludendo possibilmente qualsiasi altra voce. Questo non è il femminismo che noi conosciamo. Diffidiamo in quanto femministe dalle narrazioni uniche e dagli “appelli alla pancia” che riconosciamo come retoriche manipolatorie e funzionali alla reiterazione dello stigma. “Non in nostro nome” e in caso si voglia davvero aprire un dibattito serio sul tema si faccia convocando le diverse realtà esistenti. Noi qui non interverremo perchè sia evidente quello che succede: non è stata chiamata nessuna che non assuma un’ ottica neo-proibizionista. Speriamo in un’altra occasione più inclusiva e dialogica.
Iniziativa promossa da varie soggettivita' LGBTIAP, transfemministequeer e non-binarie e il collettivo femminista “ombre rosse”