NoTav: Cecca arrestata per solidarietà
Corrispondenza telefonica con una compagna NoTav che ci racconta le motivazioni dell'arresto di ieri di Francesca, Cecca per aver affisso uno striscione in solidarietà con Marta che nel 2013 a seguito di un arresto denunciò le moleste sessuali delle forze di polizia.
Luglio 2013. Manifestazione notturna al cantiere Tav di Chiomonte. Marta, compagna pisana, viene fermata dalla polizia dopo una violenta carica.
Pestata, insultata e molestata sessualmente dalle forze dell’ordine, viene pure denunciata. Durante il primo interrogatorio di Marta, tenuto dagli ormai celebri pm con l’elemento Padalino e Rinaudo, il movimento No Tav organizza un presidio per non lasciare Marta da sola ad affrontare quel difficile momento. Un gruppo di compagne, donne, amiche decide di portare uno striscione che, oltre a solidarizzare con Marta, denuncia le violenze della polizia. “Se toccano una toccano tutte”. Un gesto di solidarietà femminista, contro la violenza maschile in divisa nei confronti di una compagna. Non fanno in tempo ad aprirlo per appenderlo fuori dal tribunale che la polizia carica, manganella e poi denuncia. In un processo farsa in cui le molestie subite da Marta vengono completamente rimosse così come le ragioni del presidio, le compagne vengono accusate di ogni sorta di reato.
La Pm punta il dito sul “clima festoso” del presidio a indicare la pretestuosità della presenza del movimento. Per la Pm le donne presenti avrebbero dovuto vestirsi a lutto e piangere tutte le loro lacrime per dimostrare il loro dolore per la vittima? Una reazione determinata da parte di quelle donne è un fatto così inaccettabile e incomprensibile? Ancora, la Pm insiste con una testimone sul fatto che, non avendo subito lei stessa violenze sessuali, non avrebbe potuto capire e quindi solidarizzare con una donna che invece quelle violenze dice di averle subite. Queste sono solo alcune delle perle che si sono sentite durante il processo. La sentenza? Condanna a 8 mesi per Cecca. Dieci anni dopo quell’estate. Veniamo a conoscenza della decisione del Tribunale di Sorveglianza di Torino: la giudice Elena Bonu decide di fare scontare la pena in carcere. Purtroppo, per chi non ha la memoria corta, questa giudice la dobbiamo ricordare per essere la stessa ad aver scelto il carcere per Dana.
Nonostante il parere positivo della stessa Procura Generale di fronte alla richiesta di applicazione delle misure alternative al carcere il Tribunale di Sorveglianza decide, ancora una volta, di punire chi lotta. Ci chiediamo poche cose, perché le risposte già le abbiamo. La semplicità con cui la loro giustizia possa giocare con la vita delle persone, con chi fa parte del movimento No Tav, con chi lotta e con chi non ha posto in questo mondo è agghiacciante. Il fatto che possa farlo indisturbata, perché accettato in tutto e per tutto dall’apparato politico, istituzionale e giuridico è vergognoso. Da parte del Tribunale, della Procura e della Questura di Torino viviamo un attacco senza precedenti e probabilmente senza eguali in questo Paese ma, come sempre, resisteremo un metro, un minuto più di loro. Perché sappiamo di avere ragione.
Cecca siamo e saremo sempre al tuo fianco!