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no tav

Fuori la guerra dalla storia e dalla scuola

Data di trasmissione

Nella prima parte della trasmissione una studente del liceo Norberto Rosa di Bussoleno parliamo dello sciopero studentesco del 15 ottobre quando gli/le studenti dei licei Norberto Rosa e Enzo Ferrari hanno manifestato contro il progetto di dimensionamento delle loro scuole e contro la prevista chiusura della stazione di Susa, dovuta ai lavori per il Tav, che andrebbe a impattare pesantemente anche sulla vita delle scuole.

Abbiamo poi sentito un compagno dell'Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e dell'università per parlare delle celebrazioni militariste del 4 novembre, in particolare a Roma, con il "Villaggio Difesa", una cittadella militare allestita al Circo Massimo, a cui sono invitate le scuole. Domani, 30 ottobre, l?osservatorio invata tutte e tutti a partecipare al seminario: 4 novembre: fuori la guerra dalla storia e dalla scuola.

Infine abbiamo parlato della conclusione del processo per la morte sul lavoro, cioè durante l'alternanza scuola-sfruttamento, dello studente Lorenzo Parelli e dello sciopero del comparto scuola di giovedì 31 ottobre, indetto da CGIL a cui partecipano anche alcuni sindacati di base.

Aggiornamenti dalla Valsusa sui cantieri del Tav e la resistenza del movimento

Data di trasmissione
Durata 13m 10s

La costruzione della line ad alta velocità Torino-Lione ha visto nelle ultime settimane l'apertura di un nuovo cantiere. Dopo lo sgombero del presidio di San Giuliano, la resistenza del movimento No Tav, e il successivo esproprio dei terreni di proprietà del movimento, nella piana di Susa sono state erette recinzioni e filo spinato a difesa dell'area che dovrà ospitare il nuovo cantiere.

Nella corrispondenza con una compagna dei giovani No Tav approfondiamo lo stato di avanzamento dell'opera e le mobilitazioni messe in campo dal movimento nel mese di ottobre. Cerchiamo inoltre di capire cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane mentre il movimento si organizza giorno dopo giorno con assemblee e presidi.

In memoria di Andrea Piazzi " il tartaro"

Data di trasmissione

Un altra triste notizia ci ha rincorso per tutta la giornata di ieri: Andrea Piazzi " il tartaro" non è più tra noi, stroncato da un infarto.

Compagno tra i più attivi di Milano , giovane animatore del centro sociale Garibaldi, nelle occasioni delle grandi mobilitazioni antifasciste e contro i vari cicli repressivi dell'agibilità politico-sociale nella metropoli lombarda, lì ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a frequentarci.

Poi la costante partecipazione nella epopea antinucleare in Puglia e Calabria, e  nella risolutiva vincente battaglia post Cernobyl di Montalto di Castro che pose fine al nucleare in Italia dal 1987.

Con Andrea, Nicola  Delussu, Paolo Arado e altri, il sodalizio umano e politico che ci ha trovati ancora nel luglio 2001 a Genova contro il G8 e nelle molteplici iniziative in Val Susa a dare man forte alla sfida NO TAV.

Quella di Andrea una vita difficile. Trascurata a causa dei mutevoli e malsani lavori precari, da cui trovava riparo nella nostra amicizia e nelle sorprese dell'improvvisazione.

Un compagno burbero, generoso e instancabile, uno di quelli su cui ci si poteva contare e di cui avvertivi oltremodo la mancanza ad ogni lascito.

Ora ci lascia sgomenti la sua prematura dipartita. Con Paolo Arado si erano incontrati a Genova questo 20 luglio 2024 per il 23° anniversario di Carlo Giuliani, non c'erano segnali di quanto sarebbe accaduto da lì a poco !

 

Addio caro Andrea,

ti aggiungi alla lunga schiera degli indimenticabili, di cui si mantiene alta la memoria nei conflitti presenti.

La nostra amicizia vive.

Vincenzo

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Da Cobas sanità Milano

Andrea Tartaro ci ha lasciato
Nella notte del 30 luglio ci ha lasciato
Andrea Piazzi, per tutti noi il Tartaro. Lo
conoscevamo da sempre, dalle lotte del
movimento antinucleare in poi, era
sempre in prima fila a manifestare la
sua rabbia contro le ingiustizie sociali e
la repressione, a testimoniare una vita
di antifascismo militante, di
internazionalismo solidale.
Andrea ha attraversato tutti i
movimenti da Comiso a Genova 2001,
fino al suo sostegno ai NO TAV, senza
mai tirarsi indietro, anche quando il suo
fisico non riusciva più a supportarlo.
Per Andrea la vita è stata una battaglia senza sosta anche per sopravvivere a tante difficili stagioni
di precariato già da quando era un giovane dei Centri Sociali.
Lo ha fatto a modo suo, con passione e cocciutaggine, con spigolosità e determinazione. Da Tartaro
per l’appunto. Era così che il suo vocione rimbalzava nelle manifestazioni, incurante della grazia con
cui si esprimeva e della sincronia con gli eventi.
Ha sempre amato gli incontri conviviali, le bevute in compagnia, le discussioni interminabili anche
quando si è fatto travolgere dal fatalismo.
Con Andrea abbiamo condiviso le grandi giornate di lotta del movimento contro la globalizzazione
di Genova 2001 che hanno segnato un’intera generazione, non solo per i livelli repressivi messi in
atto contro chi manifestava ma per la cruda brutalità con cui si è cercato di cancellare le ragioni di
chi manifestava. Non c’è mai stato un 20 luglio in cui Andrea non fosse a Genova per testimoniare
la sua convinzione in quelle idee.
Il nostro ricordo più recente rimane quello delle sue partecipazioni alle manifestazioni NO TAV nelle
quali arrancava ma voleva essere presente perché non voleva rinunciare al suo sogno di ragazzo
ribelle che voleva dare l’assalto al cielo.
Vogliamo ricordarlo nel suo appoggio costante alla lotta di resistenza del popolo Palestinese, come
in precedenza aveva sostenuto la lotta di indipendenza del popolo Basco e prima ancora quella del
popolo Nicaraguense.
Ma prima di tutto Andrea aveva fatto una scelta radicale di essere sempre e comunque un
antifascista militante, difendendola anche fisicamente quando è stato necessario.
Andrea se né andato incazzato con una vita che con lui è stata avara di soddisfazioni e questo non
può che lasciarci grande amarezza, perché perdere un compagno di lotta rimane sempre una
tristezza enorme.
Ciao Andrea, ci mancherai


I compagni del COBAS Sanità di Milano

17 giugno 2023: No Tav in Val Maurienne

Data di trasmissione

Il 17 giugno è stata un'importante giornata di lotta per il movimento No Tav, che ha visto migliaia di persone scendere in strada nei territori della Val Maurienne, interessati dalla linea alta velocità Torino-Lione dal lato francese.

Tante realtà in lotta hanno raggiunto un territorio che negli anni passati non era mai riuscito a mettere in campo un'opposizione forte a questa grande opera inutile.

I pullman provenienti dall'Italia sono stati fermati, impedendo a centinaia di No Tav di raggiungere la manifestazione.

Decine i manifestanti feriti, dato l'utilizzo molto pesante di granate stordente e gas lacrimogeni.

Ne parliamo con un compagno del movimento No tav della Val Susa che è riuscito a raggiungere la manifestazione dal lato francese.

 

Il movimento No Tav in Valsusa verso una primavera di lotta

Data di trasmissione
Durata 9m 53s

Mentre sui giornali continuano le prese di parola ipocrite dei politici di fronte al disastro ambientale in Emilia Romagna, e mentre Salvini porta avanti il suo progetto per l'ennesima grande opera inutile, il ponte sullo stretto di Messina, in Valsusa il movimento No Tav non si ferma.
Settimana scorsa sono state portate avanti diverse iniziative di disturbo alle attività legate alla costruzione della linea ad alta velocità Torino-Lione, che però è ancora ferma all'inizio dell'opera grazie all'opposizione trentennale del movimento.
Per Giugno sono previste due importanti giornate di lotta, il 17 e il 18, dal lato francese interessato dalla linea alta velocità Torino-Lione, la Val Maurienne. Le giornate di lotta sono indette insieme ai movimenti ambientalisti francesi come Soulèvements de la terre, che nei mesi scorsi ha portato avanti la mobilitazione al Saint Soline.
Ne parliamo con Francesco, valligiano e compagno del movimento No Tav.

NoTav: Cecca arrestata per solidarietà

Data di trasmissione
Durata 11m 28s

Corrispondenza telefonica con una compagna NoTav che ci racconta le motivazioni dell'arresto di ieri di Francesca, Cecca per aver affisso uno striscione in solidarietà con Marta che nel 2013 a seguito di un arresto denunciò le moleste sessuali delle forze di polizia.

Luglio 2013. Manifestazione notturna al cantiere Tav di Chiomonte. Marta, compagna pisana, viene fermata dalla polizia dopo una violenta carica.

Pestata, insultata e molestata sessualmente dalle forze dell’ordine, viene pure denunciata. Durante il primo interrogatorio di Marta, tenuto dagli ormai celebri pm con l’elemento Padalino e Rinaudo, il movimento No Tav organizza un presidio per non lasciare Marta da sola ad affrontare quel difficile momento. Un gruppo di compagne, donne, amiche decide di portare uno striscione che, oltre a solidarizzare con Marta, denuncia le violenze della polizia. “Se toccano una toccano tutte”. Un gesto di solidarietà femminista, contro la violenza maschile in divisa nei confronti di una compagna. Non fanno in tempo ad aprirlo per appenderlo fuori dal tribunale che la polizia carica, manganella e poi denuncia. In un processo farsa in cui le molestie subite da Marta vengono completamente rimosse così come le ragioni del presidio, le compagne vengono accusate di ogni sorta di reato.

La Pm punta il dito sul “clima festoso” del presidio a indicare la pretestuosità della presenza del movimento. Per la Pm le donne presenti avrebbero dovuto vestirsi a lutto e piangere tutte le loro lacrime per dimostrare il loro dolore per la vittima? Una reazione determinata da parte di quelle donne è un fatto così inaccettabile e incomprensibile? Ancora, la Pm insiste con una testimone sul fatto che, non avendo subito lei stessa violenze sessuali, non avrebbe potuto capire e quindi solidarizzare con una donna che invece quelle violenze dice di averle subite. Queste sono solo alcune delle perle che si sono sentite durante il processo. La sentenza? Condanna a 8 mesi per Cecca. Dieci anni dopo quell’estate. Veniamo a conoscenza della decisione del Tribunale di Sorveglianza di Torino: la giudice Elena Bonu decide di fare scontare la pena in carcere. Purtroppo, per chi non ha la memoria corta, questa giudice la dobbiamo ricordare per essere la stessa ad aver scelto il carcere per Dana.

Nonostante il parere positivo della stessa Procura Generale di fronte alla richiesta di applicazione delle misure alternative al carcere il Tribunale di Sorveglianza decide, ancora una volta, di punire chi lotta. Ci chiediamo poche cose, perché le risposte già le abbiamo. La semplicità con cui la loro giustizia possa giocare con la vita delle persone, con chi fa parte del movimento No Tav, con chi lotta e con chi non ha posto in questo mondo è agghiacciante. Il fatto che possa farlo indisturbata, perché accettato in tutto e per tutto dall’apparato politico, istituzionale e giuridico è vergognoso. Da parte del Tribunale, della Procura e della Questura di Torino viviamo un attacco senza precedenti e probabilmente senza eguali in questo Paese ma, come sempre, resisteremo un metro, un minuto più di loro. Perché sappiamo di avere ragione.

Cecca siamo e saremo sempre al tuo fianco!

NoTav, Associazione a Resistere

Data di trasmissione
Durata 6m 49s

Collegamento telefonico con una compagna NoTav per ripercorrere i passaggi di come si è arrivati alla seconda udienza del processo per associazione a delinquere e per rilanciare l'appuntamento di domani, giovedì 12 gennaio alle ore 12:30 al tribunale di Torino.

Sosteniamo chi Resiste!
#associazionearesistere
Tutti e tutte liber* subito!

8 dicembre Marcia NoTav

Data di trasmissione
Durata 8m 12s

Collegamento telefonico con una compagna che rilancia l'appuntamento di domani a 17 anni dalla liberazione di Venaus.

 

Di seguito l'invito alla manifestazione

8DICEMBRE: ATTUALITÀ IRRIDUCIBILE DEL MOVIMENTO NO TAV

_“The Times They Are a-Changin'”_ cantava nel 1964 Bob Dylan
cogliendo il conflitto generazionale, politico e sociale che da lì a
poco sarebbe esploso compiutamente negli Stati Uniti del dopoguerra.

Anche oggi i tempi stanno cambiando, e a differenza degli anni ’60 è
difficile intravedere gli spiragli di un futuro migliore. Tra crisi
climatica, pandemia, guerre la sensazione rischia di diventare quella
che un futuro non ci sarà affatto o che sarà denso di sofferenza e
distopie. Eppure quella distanza generazionale che Bob Dylan
interpretava così efficacemente nella sua canzone oggi si ripresenta
non come sensazione, ma come dato sociale diffuso in tutto l’Occidente
capitalista sempre più incapace di offrire prospettive ai propri
giovani.

Cosa centra questa breve divagazione con il movimento No Tav? E’
presto detto, questo fenomeno locale, ma non localizzato, specifico, ma
con caratteri generali rappresenta da decenni un seme di contraddizioni
inevase, di percorsi alternativi, di esperienze concrete.
Un’anticipazione, che come il vento di föhn si diffonde da una
piccola valle alpina.

Oggi è evidente a tutti che l’era delle vacche grasse è finita, o
per dirla con più eleganza questo sistema di sviluppo non è più in
grado di garantire, neanche tra le popolazioni dei suoi paesi cardine,
non solo il benessere, ma una vita dignotosa. Da oltralpe l’inquilino
dell’Eliseo l’ha detto senza troppi giri di parole:_ “Non possiamo
più vivere al ritmo, e direi con la stessa grammatica, di com’era
fino ad un anno fa. È cambiato tutto.”_

Ecco dunque che il paradigma della crescita infinita ed ad ogni costo
oggi inizia a vedere delle increspature persino tra i suoi più fedeli
sostenitori. Semplicemente, alle date condizioni, non è più possibile
replicarlo. E’ ciò che i movimenti territoriali come il No Tav
sostengono da decenni, riflessione che diventa più urgente e concreta
da quando gli effetti reali della crisi climatica hanno iniziato a
manifestarsi in lungo e largo. La crescita infinita è semplicemente
incompatibile con la finitezza delle risorse.
Ma il fatto che questa consapevolezza finalmente sfiori le classi
dirigenti europee non dovrebbe darci sollievo perché se decrescita
dovrà essere il tema obbligato che si pone è dove e per chi. Quando
Macron fa queste affermazioni ciò che ha in mente è un’_economia di
guerra_.

Già lo vediamo nell’agenda politica del nuovo governo italiano, dove
non sussiste nessuna intenzione neanche minima di affrontare la
questione climatica, ma non solo: la decrescita è imposta ai più
poveri, a chi già oggi soffre, con l’intenzione chiara di abbassare i
salari per destinare le risorse che ci sono all’imprenditoria
parassitaria italiana e alle grandi opere inutili, tra cui il Tav per
cui, al momento a parole (nel senso che i fondi sono ancora da
destinare), sono stati inseriti nella legge di bilancio 750 milioni di
euro fino al 2029. Questo accade mentre il nostro territorio è
flagellato ripetutamente da eventi climatici estremi e mostra tutta la
sua fragilità dal punto di vista idrogeologico, ma anche da quello
della _“sicurezza alimentare”_ ed energetica. Territori in cui, come
nel caso di Ischia la combinazione tra messa a profitto e crisi
climatica rischia di portare a migrazioni di massa, ulteriore abbandono
e disperazione di chi non può fuggire.

Questi non sono solo gli effetti collaterali, ma sono parte integrante
della strategia della messa a profitto dei territori. Lo spiega bene il
recente articolo di notav.info in merito alle compensazioni del Tav:
_“Una delle basi di partenza del processo è soffocare economicamente
il territorio coinvolto dalle operazioni cercando di renderlo dipendente
ed attratto dalle operazioni progettate dai colonizzatori. […]
L’imposizione si fa ancora più grave perché passa attraverso anni di
disinvestimento nei piccoli comuni e territori montani, dove i servizi,
la sanità, l’istruzione, l’occupazione non sono garantiti e le
istituzioni su scala regionale e nazionale costruiscono implicitamente
le condizioni di abbandono di un territorio e di migrazione dei suoi
abitanti.”_
Il colonialismo interno dunque come redistribuzione delle risorse verso
l’alto, come decrescita imposta alle comunità locali per perpetrare
una vera e propria rapina. Questo fenomeno può essere a bassa
intensità, fermarsi alla corruzione delle spoglie, ma quando incontra
un movimento popolare radicato e radicale come il No Tav assume anche in
ambito giuridico e di ordine pubblico l’aspetto di un tribunale
coloniale con il suo portato di diritto penale del nemico e filo
spinato, in cui gli oppositori vengono disegnati come barbari, montanari
e violenti.

L’accanimento contro il movimento è la conseguenza più diretta della
sua attualità. Il No Tav è una lacerazione nella falsa coscienza di un
sistema che si dipinge di verde mentre è sempre più condiscendente e
dipendente dalla logica criminale del fossile e del cemento.

Oggi la compagine che sostiene la costruzione del Tav Torino-Lione si
misura con enormi difficoltà oggettive, determinate dalla stessa
assurdità del progetto e dalla strenua resistenza del movimento, ma
ciò che li spaventa di più è che il moltiplicarsi delle
contraddizioni sistemiche collegate alla messa a profitto dei territori
possa minare la stessa idea di modello di sviluppo che si propongono.
Che quella distanza tra generazioni si possa ricomporre in un incontro
tra chi non vuole soccombere alla catastrofe e chi sogna un altro futuro
possibile, come è successo ormai da anni in Val Susa, in una maniera
dialettica e mai scontata, sempre da conquistare. E’ in questo
incontro che ci si pongono davanti i compiti per il domani, dove è
fondamentale resistere, ma è anche sempre più necessario figurarsi
come affrontare collettivamente e dal basso il declino dei tempi che
corrono.

Avanti No Tav!

VERSO LA MARCIA POPOLARE DELL’8 DICEMBRE: IL CONTRIBUTO DEL COMITATO
GIOVANI NO TAV

A 17 anni dalla liberazione di Venaus, anche quest’anno ci troveremo a
marciare per le strade della Val Susa.

Nonostante ad oggi di TAV non ne abbiamo visto neanche un metro,
marceremo, non solo per commemorare ciò che per noi significa questa
data, ma per ribadire che oggi come allora la nostra lotta è più viva
e attuale che mai.
Questo 8 dicembre ci riprenderemo ancora una volta le strade della
nostra amata valle perché tutto ciò che diciamo da anni oggi si sta
avverando.

L’ ideologia del progresso infinito e della devastazione ambientale in
nome del profitto ha lasciato dietro di sé solo cemento e macerie,
traghettandoci nella più grande crisi che l’umanità si sia mai
trovata ad affrontare.
Le conseguenze di tutto questo non potranno fare altro che aumentare
esponenzialmente con il tempo: si pensi alle circa 900 vittime che
l’inquinamento causa ogni anno nella sola Torino, alla siccità di
quest’estate, alle temperature anomale di questo autunno, al rapido
scioglimento dei ghiacciai e alla perdita di biodiversità nei nostri
territori.
Sono a centinaia le città, i paesi e le comunità martoriati dalle
conseguenze del cambiamento climatico e le nostre montagne non sono
avulse da queste tragedie, ma il diritto all’utilizzo degli
stanziamenti del PNRR, sotto forma di fondi per la messa in sicurezza e
la salvaguardia dei territori, in Valsusa, diventa uno strumento di
ricatto. Per alcuni comuni valsusini, infatti, i fondi verrebbero
stanziati solamente sotto forma di compensazioni per i danni che il TAV
potrebbe procurare, come in uno dei peggiori sistemi coloniali.
Questo fare di TELT, che ormai ci ha da tempo abituati allo sperpero di
denaro pubblico per le sue ricerche pilotate e le fantasiose opere
pubblicitarie di greenwashing, non si ferma al solo “dialogo” con le
istituzioni locali ma, purtroppo, tenta di entrare capillarmente
all’interno della comunità valsusina con tutti i mezzi necessari. Il
proponente dell’opera, infatti, ha deciso di siglare l’accordo con
la Regione Piemonte denominato “A scuola di TAV”, che prevede di
portare centinaia di studenti e studentesse di ogni ordine di scuola a
visitare il cantiere e lavorarci gratuitamente, come “esperienza
formativa”.
Gli ultimi anni ci hanno mostrato tutte le carenze strutturali dei
servizi pubblici e della sanità. La scuola sta diventando un luogo
sempre più pericoloso, e ci troviamo ad assistere ad un costante
depauperamento dei fondi destinati a questi servizi fondamentali a
favore di progetti destinati all’indottrinamento degli studenti.

Non è il nuovo governo a spaventarci così come non lo sono stati tutti
quelli che in questi 30 anni hanno usato la Val Susa come passerella.
La sfida che ci troviamo oggi di fronte diventa ancora più importante
perché, dinanzi a molte guerre (a cui il nostro paese da sostegno
esportando armi), alla crisi climatica sociale ed economica, in cui
sempre più persone non riescono ad arrivare alla fine del mese, si
preferisce continuare ad inseguire le grandi opere inutili come il TAV.

Ogni giorno aumentano ingiustizie e disuguaglianze e, parallelamente,
assistiamo all’ uso di politiche sempre di più impegnate a ledere la
libertà di espressione del dissenso.
Chi tenta di ribellarsi subisce l’oppressione sistematica di uno stato
che si definisce democratico, ma che in realtà non ha mai accettato
alcun tipo di critica o contraddittorio ribaltando ogni vertenza sociale
su piano di ordine pubblico, delegando dunque la gestione alla violenza
delle forze dell’ordine e ai giudizi dei tribunali.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescendo di denunce e
procedimenti legali a carico dei movimenti sociali e, in generale,
contro chi ogni giorno, con generosità e tenacia, si batte contro le
ingiustizie quotidianamente siamo costretti a subire. Evidentemente il
nostro vivere il mondo spaventa le grandi istituzioni, considerato che
ogni mezzo è legittimo per punire le lotte sociali.
Proprio in questo momento molti di noi stanno affrontando un processo
per associazione a delinquere, la cui inchiesta ha significato, oltre a
tutto il resto, anche una ingente spesa di soldi pubblici per affrontare
circa dieci anni intercettazioni della vita privata di molt* compagn*
coinvolti.

Ma noi sappiamo bene che quella contro il Movimento No Tav è una
crociata prettamente ideologica, perché dopo 30 anni è ormai indubbia
l’inutilità di quest’opera.
In un contesto in cui cresce sempre più la rabbia sociale verso tutte
le ingiustizie che questo sistema ha e continua a creare, darla vinta a
dei montanari, che da 30 anni si oppongono all’opera più costosa
d’Europa, vuol dire dar speranza a tutte quelle persone che lottano
ovunque per un mondo più giusto.

Questo è quello che vogliono scongiurare, la speranza.

Più continuerete nell’intento di voler reprimere la nostra lotta,
più noi continueremo a resistere!

Buon 8 dicembre a tutt*!
 

Aggiornamenti sugli arresti nel movimento Notav

Data di trasmissione
Durata 20m 18s

Insieme ad un compagno della Valsusa, che settimana scorsa ha subito una perquisizione della sua abitazione durante l'operazione della questura di Torino, che ha visto misure cautelari per circa 20 No Tav, con due compagni in carcere e 2 ai domiciliari. Si parla di un'operazione volta a costruire un'"associazione sovversiva", con 10 anni di intercettazioni. Ma il compagno ci racconta come questo tipo di accusa è stato per ora rigettata dal giudice, e di come il movimento non si faccia fermare nè dividere da queste aggressioni.