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Occupazione temporanea del MAXXI: dal mondo dell’arte pro Palestina

Data di trasmissione

ROMPERE IL SILENZIO
Occupazione temporanea del MAXXI – mobilitazioni dal mondo dell’arte
in sostegno della Palestina
Siamo artist^ e lavorat^ dell’arte e dello spettacolo, registe, sceneggiatrici e operat^ del
cinema, siamo musicist^, lavoriamo nell’editoria e nel settore letterario, facciamo ricerca,
insegniamo nelle università e nelle scuole. Oggi siamo qui con i nostri corpi, seguendo
l’esempio dell^ student^ italian^ e di tutto il mondo. Occupiamo un’istituzione artistica perché
l’arte e la cultura non sono neutrali, ma vengono ogni giorno arruolate per sostenere e
giustificare i discorsi e le relazioni di dominio, di oppressione, di apartheid.
Occupiamo un’istituzione artistica e culturale perché a Gaza istituzioni del genere sono state
annientate: scuole, università, musei, teatri, siti storici e archeologici… La occupiamo per
solidarietà con artist_, intellettual_, scrittrici/* e giornalist_ palestinesi, pres^ deliberatamente di
mira dalle forze armate israeliane proprio perché testimoni del genocidio in corso. Una scelta
politica di epistemicidio, che mira a cancellare, oltre che un’intera popolazione, i saperi, le storie
e un cultura collettiva, che tuttavia resistono.
Vogliamo rompere il silenzio delle istituzioni artistiche italiane sul genocidio in corso a Gaza.
Denunciamo come alcune di queste istituzioni – tra cui il MAXXI, un museo pubblico statale,
che ha la missione di sostenere la libertà d’espressione e la libera diffusione di conoscenze – si
siano fatte promotrici di iniziative apertamente filosioniste, appoggiando un’ideologia razzista,
suprematista, coloniale e tentando di ripulirsi la coscienza a colpi di pinkwashing e rainbow
washing. Questo non deve accadere: non in nostro nome, non con il denaro pubblico.
Lo facciamo in un momento in cui, in Italia e non solo, la cultura critica e l’arte si trovano
sotto attacco e vengono sottoposte a vera e propria censura. La destra occupa i posti chiave
del potere simbolico, e le istituzioni artistiche e culturali in genere diventano sempre più luoghi
di abuso, scene di comportamenti sessisti e razzisti, fucine di precarietà lavorativa ed esistenziale,
mentre nel Paese garanzie sociali e welfare rapidamente scompaiono. Da molti mesi ci
mobilitiamo per affermare a gran voce che VOGLIAMO TUTT’ALTRO.
Vogliamo istituzioni realmente decolonizzate, liberate, accessibili e democratiche. Vogliamo
che la propaganda a favore delle azioni genocide e la violenza della polizia e dei reparti
antisommossa non tocchino i luoghi della cultura e le università. Rivendichiamo il diritto alla
lotta e alla contestazione come espressione di democrazia reale e non solo formale.
Vogliamo che le istituzioni pubbliche interrompano subito ogni sostegno finanziario e ogni forma
di collaborazione con lo Stato di Israele, e con industrie e soggetti che producono armi e
foraggiano guerre. Vogliamo che le nostre istituzioni culturali garantiscano voce alle artist^ e alle
intellettuali palestinesi.
Rifiutiamo il doppio standard e l’empatia selettiva con cui le istituzioni politiche e i media più
diffusi rendono invisibile, negandolo, il genocidio della popolazione palestinese e censurano ogni
critica alla brutalità dei governi di Israele.
Respingiamo come infondate le accuse di antisemitismo rivolte a chiunque critichi il progetto
coloniale israeliano. Denunciamo risolutamente ogni forma di antisemitismo come di
islamofobia, e così ogni altra forma di discriminazione razzista, sessista, religiosa e culturale.

Esprimiamo solidarietà incondizionata alla popolazione palestinese, alla sua lotta per la giustizia,
la liberazione e l’autodeterminazione.
Chiediamo un immediato cessate il fuoco e la fine dell’occupazione sionista a Gaza e nei
territori.
In Italia, la precarietà e la fragilità del lavoro culturale ci espone all’intimidazione e al ricatto.
Vogliamo reagire e invitiamo la comunità artistica e culturale a prendere pubblicamente e
liberamente la parola e a fare pressione, uscendo dalla subalternità e rivendicando la
propria autonomia. Abbiamo la responsabilità di pronunciarci, di promuovere la critica, di
alimentare contronarrazioni. Proprio perché lavoriamo con le parole, con i corpi e
l’immaginazione, rimanere in disparte significa essere complici. Invitiamo tutte a rompere il
silenzio in ogni modo possibile e a gettare i propri corpi nella mischia.
FINE DELL’OCCUPAZIONE ISRAELIANA A GAZA
CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO
NO ART WASHING!
NO BUSINESS AS USUAL!
Vogliamo tutt’altro
assemblea costituente dell_ lavorat_ dello spettacolo e della cultura (Roma