Un compagno della diaspora tigrina ci aggiorna sull'attuale situazione in Tigray a pochi mesi dall’accordo dello scorso novembre che ha messo fine a un conflitto che ha interessato non solo il Tigray, ma anche le vicine regioni Amhara e Afar, e che ha causato oltre 600.000 morti e milioni di sfollati e rifugiati. Il Tplf e il governo di Addis Abeba hanno concordato di affidare la guida della regione a un’amministrazione ad interim fino allo svolgimento delle elezioni.
Il conflitto tra il governo del premier Abiy Ahmed, aiutato dall'esercito eritreo di Isaias Afwerki, e quello del Tigray, dura quasi da un anno: undici mesi di guerra che hanno innescato una catastrofe umanitaria con migliaia di morti, milioni di sfollati, stupri, torture e abusi usati come strumenti di guerra, 400mila persone a rischio carestia e aiuti internazionali bloccati. Il governo ha tagliato l'elettricità, le comunicazioni, l'accesso degli aiuti umanitari, nessun servizio bancario. Molte zone sono interdette ai media dunque non è facile conoscere neanche il numero delle persone uccise sotto i bombardamenti. Siamo andati a cercare dei dati sul sito dell’OCHA – Office for the Coordination of Humanitarian Affairs delle Nazioni Unite: i dettagli e i numeri in costante aumento parlano di una catastrofe umanitaria è palese, ma è bene ribadirlo perché il resto del mondo, compresa l’Italia, sembra non capire la portata di questa situazione
Ne parliamo con un compagno della diaspora del Tigray in Italia.
Nella regione etiope del Tigray si sta consumando una catastrofe umanitaria. L'Eritrea ha inviato le proprie truppe in Tigray in supporto all'esercito di Addis Abeba in lotta contro il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf). Il conflitto ha provocato lo sfollamento interno di migliaia di persone e la fuga di oltre 63mila tigrini nelle regioni confinanti del Sudan orientale, mentre l’Onu ha confermato il blocco dell'accesso alle vie di comunicazione, da parte dei militari, ha impedito la distribuzione di cibo e aiuti nella regione dove ormai l’80% della popolazione rischia di morire di fame. Ne parliamo con un compagno della diaspora del Tigray.
Il Fronte di liberazione del popolo del Tigray apre a una conciliazione, ma chiede il ritiro delle truppe eritree e una commissione indipendente per indagare sui crimini di guerra. Quasi 2 milioni le persone a rischio carestia. Ne parliamo con un campagno della comunità del Tigray in Italia.
Con Valentina Fusari, ricercatrice dell'Università di Pavia e docente di Popolazione, Sviluppo e Migrazioni, approfondiamo le origini dell'attuale guerra del Tigray: partendo dalla colonizzazione italiana e giungendo fino ai giorni nostri, si analizzano le ragioni e le ripercussioni dell’ultima crisi umanitaria. A seguire, voci e racconti di donne e uomini presenti in piazza domenica 14 febbraio alla manifestazione "Fermiamo la guerra nel Tigray" indetta dall'Associazione Donne del Tigray.
Domani, 14 febbraio, dalle 10 alle 13 manifestazione in piazza della Repubblica indetta dalla Associazione donne del Tigray. Nel comunicato leggiamo: "Da oltre due anni la Regione del Tigray è assediata dagli eserciti etiopi ed eritrei, che bloccano i viveri e rifornimenti alla popolazione tigrina. I bombardamenti sulla popolazione civile inerme, su aeroporti ed ospedali si susseguono ininterrottamente. Sono passati tre mesi da quando il Tigray è stato invaso. I militari commettono sempre più di frequente attacchi alle donne, stupri, violenze fisiche e psicologiche".
Parliamo della situazione del Tigray e in particolare della catastrofe umanitaria che prosegue nel silenzio dei media e della comunità internazionale con RadioAfrica e con una esponente della Associazione Donne del Tigray che invita tutte e tutti alla manifestazione di domani