La psichiatria ai tempi del coronavirus
In collegamento telefonico con una compagna del collettivo antipsichiatrico "Senza Numero", parliamo degli effetti della pandemia all'interno dell'istituzione psichiatrica.
Buon Ascolto!
In collegamento telefonico con una compagna del collettivo antipsichiatrico "Senza Numero", parliamo degli effetti della pandemia all'interno dell'istituzione psichiatrica.
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In collegamento telefonico con una compagna del collettivo antipsichiatrico Senza Numero parliamo dell'iniziativa di Sabato 19 Ottobre e della pratica, ancora molto in uso, dell'elettroshock.
Buon Ascolto!
QUESTO SILENZIO DEVE FINIRE. QUESTA NORMA DEVE FINIRE
Vorremmo chiamare a sostegno dell’iniziativa tutte le realtà che hanno a cuore la libertà della persona nel poter disporre della propria vita, dei propri ricordi e dei propri pregi e difetti. In questa iniziativa vogliamo inoltre dire basta a morte nei reparti ed agli abusi. Il recente caso di Elena Casetto, morta bruciata a Bergamo legata al letto, è solo l’ultimo di una lunga serie balzato alle cronache perchè era inevitabile essendo così eclatante. Molti casi di abusi indiscriminati e di morti rimangono nel silenzio come era emerso qualche anno fa con il ‘Caso Niguarda’, con 12 pazienti morti ed altri paralizzati con protocolli di supercontenzione fisica quali ‘lo spallaccio’. In quel caso la denuncia era partita dall’interno, ma nella maggioranza dei casi vige il silenzio e certi episodi vengono ritenuti ‘blandi effetti collaterali’ previsti dalla norma. Il taser nei reparti è divenuto la norma, gli abusi divengono la norma.
Per dare continuità al presidio di Giugno a Pisa riproponiamo il testo informativo sulla TEC/ELETTROSHOCK dove si spiega bene in cosa consiste questa pratica:
”L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti, non si cambia la sostanza della TEC.
A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto. Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – è stato utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza? È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione? Basta chiamarla terapia per renderla legittima? Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento? Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?
In Italia negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno. [Montichiari è uno di questi].
I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.
Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.
Ci teniamo, quindi, a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.”
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO CAMUNO – CAMAP camap@autistici.org
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD PISA – antipsichiatriapisa@inventati.org
COLLETTIVO SENZANUMERO – ROMA – senzanumero@autistici.org
In collegamento telefonico con un compagno del collettivo antipsichiatrico Senza numero, presentiamo il primo numero della rivista "senza numero" dedicata al Taser e le prossime inizitive previste.
Buon ascolto!