Lingua italiana

Stop ai nomi al femminile?

Data di trasmissione
Durata 28m 53s

E’ durata solo poche ore la polemica su una proposta di legge del senatore leghista Manfredi Potenti che voleva vietare negli atti pubblici “il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge”. Il partito infatti ha preso le distanze dalla proposta di legge.

Su questa bozza di disegno di legge, e sulle conseguenti polemiche, abbiamo chiesto un parere alla nostra corrispondente da Astana, ricercatrice di linguistica e attiva nel dibattito sul linguaggio inclusivo.

Prima l’italiano!

Data di trasmissione
Durata 31m 33s

Nei giorni scorsi l’onorevole Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia, ha annunciato una proposta di legge per impedire l’utilizzo di espressioni non in lingua italiana all’interno delle comunicazioni della pubblica amministrazione. Si tratta di un vecchio pallino della destra italiana - proposte simili si erano già verificate in passato - che è stato accolto generalmente con ironia e sarcasmo. Non bisogna però sottovalutare la questione, pur in considerazione del fatto che un simile disegno di legge sarebbe assai problematico da applicare (e oltretutto obbligherebbe il governo a non utilizzare più la parola “gender”). Il sovranismo culturale e linguistico, la chiusura verso il mondo esterno e l’esaltazione di una lingua e una cultura nazionale interpretate come autosufficienti e prive di legami con qualsiasi elemento proveniente da oltralpe o dall’altro lato del Mediterraneo costituiscono elementi fondanti della destra di governo (e talvolta non solo della destra di governo) con cui purtroppo occorre fare i conti.

Abbiamo discusso di questi temi con Strelka, già nostra corrispondente dalla cosmopolita California e attualmente docente di linguistica ad Astana, in Kazakistan.