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lotte braccianti

Documenti per tutti e tutte: anche durante lo sciopero si grida forte

Data di trasmissione
Durata 13m 4s

In collegamento telefonico con un lavoratore parliamo dello sciopero generale di oggi e del presidio indetto davanti alla sede dell'ufficio immigrazione a Bologna.

Rinnovo dei contratti, sicurezza sul lavoro, permesso di soggiorno, blocco degli affitti, tra le richieste dei lavoratori e le lavoratrici.

Buon Ascolto!
 

 

Rosarno: attacchi razzisti a chi lavora e lotta nelle campagne

Data di trasmissione
Durata 22m 47s

Continuano gli attacchi razzisti a chi lavora nelle campagne del sud Italia. Ne parliamo in collegamento telefonico con una compagna della rete Campagne in lotta. Nello specifico, approfondimenti sulla situazione nella piana di Gioia Tauro e a Borgo Mezzanone nella provincia di Forggia.

Buon Ascolto! 

Lavoratori/trici delle campagne: anche a Saluzzo si segue il filo della lotta

Data di trasmissione
Durata 23m 15s
Durata 11m 46s

Da Sud a Nord Italia sono le lotte di chi lavora nelle campagne a raccontarci cosa sta accadendo nei luoghi della produzione agricola. Situazione da sempre invivibile che si è complicata con la pandemia del Covid-19.

Ci facciamo raccontare da una voce diretta la giornata di mobilitazione del 18 giugno a Saluzzo, in provincia di Cuneo.

Buon Ascolto!

Continuano le proteste nella tendopoli di San Ferdinando

Data di trasmissione
Durata 20m 52s

In collegamento telefonico con un compagno che vive nella tendopoli di San Ferdinando, un aggiornamento su quanto sta avvenendo durante l'emergenza sanitaria del Covid-19.

Buon Ascolto

 

NELL’EMERGENZA PERENNE, A PASSO DI GAMBERO: LA SITUAZIONE NEI GHETTI DEL MADE IN ITALY AI TEMPI DEL COVID-19

Nei distretti agroindustriali del Made in Italy poco o nulla sembra essere cambiato da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza. I lavoratori stranieri di queste enclavi, di fatto, nell’emergenza sono costretti da sempre. In Capitanata si aspetta l’inizio della raccolta degli asparagi, stipati in ghetti e campi di lavoro. Chi come l’USB lo scorso 25 marzo ha proclamato lo sciopero per questi lavoratori evidentemente non ha il polso del calendario agricolo. La Prefettura di Foggia sembra avere finalmente desistito dai suoi folli e criminali intenti di sgombero degli ‘abusivi’ nel CARA di Borgo Mezzanone, che avevano dato luogo ad una grande protesta spontanea. A Casa Sankara, nel comune di San Severo, si riempiono i container, inaugurati in pompa magna ad agosto e finora privi di allaccio elettrico, trasferendo chi viveva nella tendopoli-ghetto creata dai gestori della struttura con il placet della Regione. Gestori che, in piena pandemia, continuano ad insistere sullo sgombero della palazzina dell’Arena, dove vivono altre decine di lavoratori. Anche nel Gran Ghetto si riempiono, previo pagamento di 60 euro di ‘tessera’ all’USB, i container installati dopo l’ultimo incendio. A Foggia, gli abitanti del quartiere ferrovia continuano a lamentarsi degli ‘assembramenti’ di immigrati, che però non possono fare a meno di andare in città a fare la spesa – anche qui, nulla di nuovo. Nella Piana di Gioia Tauro la stagione degli agrumi è ormai terminata, ma chi ci ha lavorato non si può spostare altrove per la nuova stagione e rimane così senza reddito. Chi lavora nelle serre, da nord a sud, invece è esposto senza sosta a rischi di vario genere. Non solo non esistono protezioni sul lavoro, un lavoro sempre più indispensabile e al contempo del tutto martoriato e iper-sfruttato, ma per questa mancanza di tutele a pagare sono, ancora una volta, i lavoratori, e non soltanto in termini di salute e salario. È del 19 marzo scorso la notizia che 25 braccianti di origine bengalese, stipati in tre furgoncini fermati dalle forze dell’ordine di Terracina, sono stati denunciati perché non rispettavano le misure di distanziamento. Nessuno sembra essersi indignato per il trattamento riservato a chi notoriamente è costretto a subire i ricatti di intermediari e padroni per poter sopravvivere, e di certo non può scegliere se e come lavorare. Tra l’altro, proprio nell’Agro Pontino, a Fondi, è scoppiato un focolaio, e nonostante la cittadina sia stata dichiarata zona rossa il mercato ortofrutticolo, tra i più grandi d’Italia, continua a lavorare a pieno ritmo. Ovviamente, la maggior parte dei braccianti stranieri sarà esclusa dal bonus governativo di 600 euro previsto dal decreto Cura Italia, che richiede un minimo di 51 giornate in busta paga, una chimera per molti. Contemporaneamente, giornalisti pennivendoli di presunte autorevoli testate come la Repubblica del 27 marzo riprendono, accreditandole, aberranti opinioni secondo le quali ‘gli extracomunitari non si ammalano di COVID19’ – le ‘etnie’, si teorizza, forse rispondono in modo diverso al virus. Nessuno avanza l’ipotesi che forse le categorie meno tutelate sono anche quelle con minore accesso alle cure…? Ma allora perché non farla finita con le ipocrisie, chiamiamole ‘razze’ e riprendiamo le teorie che hanno sostenuto per centinaia di anni l’estrazione brutale di lavoro nelle piantagioni di mezzo mondo. Gli africani, si sa, sono più resistenti.

D’altra parte, si moltiplicano i proclami dell’associazionismo, dei sindacati e delle istituzioni, che sembrano finalmente accorgersi dell’esistenza di un esercito di lavoratori e lavoratrici in condizioni abitative drammatiche, spesso senza acqua corrente né la possibilità di mantenere minimi standard igienici o di contenimento, i quali peraltro non sono stati adeguatamente comunicati. Addirittura, senatori e ministri parlano apertamente di regolarizzazione, forse perché l’emorragia di braccia stagionali dall’Est Europa rende urgente trovare altre soluzioni. Molti lavoratori e lavoratrici giustamente si rifiutano di rischiare una volta di più la vita, la prigione e il confinamento per un lavoro sottopagato. Per ora, di certo c’è soltanto la proroga dei permessi di soggiorno scaduti o in scadenza fino al 15 giugno, ben poca cosa rispetto alle reali esigenze. Certo, oltre ai soliti africani ipersfruttati si affaccia anche l’ipotesi, sostenuta dalla ministra Bellanova in persona, di ‘volontari’ tra chi percepisce il reddito di cittadinanza da impiegare nelle campagne (Coldiretti, ricordiamolo, aveva dal canto suo proposto di arruolare pensionati e studenti allentando i vincoli sull’uso dei voucher). La CGIL, sempre prodiga di idee d’avanguardia, per svuotare i ghetti propone di trasferire i loro abitanti in caserme dismesse, che incomprensibilmente vengono ritenute più sicure. A Rosarno continuano a languire, disabitate, le palazzine di contrada Serricella destinate ai braccianti stranieri (ed ora anche a italiani con problemi abitativi, dopo lunghe polemiche), mentre si annuncia lo stanziamento da parte della Regione Calabria di 2 milioni di euro per una non meglio specificata ‘assistenza ai migranti di San Ferdinando e Sibari’. La tendopoli ad alta sicurezza è stata ‘sanificata’, e all’esterno è stata adibita una tenda per le quarantene, mentre alle decine di persone che vivono nei casolari abbandonati di Russo, a qualche chilometro di distanza, si minaccia di togliere anche l’unico pozzo disponibile per l’approvvigionamento d’acqua. Infine, a Saluzzo la Caritas e il comune, in largo anticipo sull’inizio della stagione, già mettono le mani avanti ventilando l’ipotesi di non riaprire il PAS – una ex caserma, tanto per cambiare, che negli ultimi due anni ha fornito servizio di dormitorio per alcune delle centinaia di braccianti che ogni anno si accampano nella cittadina piemontese per la raccolta della frutta.

Insomma, si procede a passo di gambero. Dal canto nostro, oltre a ribadire quel che andiamo dicendo da anni, e cioè che l’unica soluzione sono documenti, case, contratti e trasporti per tutte e tutti, ci auguriamo che questo rinnovato interesse verso le condizioni di lavoratrici e lavoratori delle campagne porti ad un sostegno più ampio alle loro richieste di quanto sia stato finora. Quando l’emergenza tornerà ad essere appannaggio esclusivo delle categorie più marginali, toccherà ricordare a tutte e tutti che chi sta alla base delle filiere agroalimentari non può essere lasciato indietro, e che le loro legittime lotte e la solidarietà che le accompagna non possono essere criminalizzate.

 

https://campagneinlotta.org/nellemergenza-perenne-a-passo-di-gambero-la-situazione-nei-ghetti-del-made-in-italy-ai-tempi-del-covid-19/

Case, documenti e contratti di lavoro: la lotta delle persone del CARA di Borgo Mezzanone a Foggia

Data di trasmissione
Durata 20m 30s
Durata 9m 8s

Non ci fermano sgomberi né repressione! Case, documenti e contratti subito!

Oggi per le strade di Foggia ha avuto luogo un grande momento di lotta, che ha dimostrato a tutti, ancora una volta, con quanto coraggio e determinazione e i lavoratori e le lavoratrici delle campagne continuino a battersi per ottenere case normali, documenti, contratti di lavoro.
Le minacce e intimidazioni di ieri da parte delle forze di polizia nei confronti degli abitanti del CARA di Borgo Mezzanone, anziché intimorire chi vive lì, hanno dato vita ad una lungo pomeriggio di resistenza e all’organizzazione di una grande mobilitazione oggi: dalle 11 di questa mattina gli abitanti del CARA e della pista adiacente hanno tenuto un presidio davanti alla prefettura di Foggia, determinato e rumoroso, che ha urlato a gran voce la volontà di porre fine a qualsiasi forma di sgombero, e per chiedere ancora una volta permessi di soggiorno per tutti: la legge stesse infatti rende irregolari le persone costringendole all’impossibilità di accedere ad un affitto di casa o ad un contratto regolare di lavoro.
Una delegazione è stata ricevuta dal prefetto, che ha ribadito l’ impossibilità di impedire l’esecuzione dello sgombero, trattandosi un ordine che arriva dal governo. La settimana prossima quindi torneranno a sgomberare il CARA, offrendo come unica alternativa per chi ha il documento il trasferimento in non ben identificati centri di accoglienza (non si sa se della zona o sparsi nel territorio nazionale) e lasciando ovviamente per strada chi si trova ad essere irregolare. Il prefetto dichiara inoltre che in 5 mesi il governo darà il via ad una sanatoria che permetterà di ottenere permessi di soggiorno e sbloccare situazioni di stallo presso le questure: notizia da verificare ma che sarebbe il risultato certamente anche di anni di lotte e pressioni affinché tutti possano essere regolarizzati.
Ormai da un anno si susseguono sulla pista adiacente al CARA operazioni di sgombero di alcune aree, a volte anche molto estese, alle quali gli abitanti già in passato, come a luglio 2019, hanno risposto con una forte resistenza: operazioni fortemente volute dal governo Salvini ma che l’attuale governo prosegue volentieri con solerzia. L’accelerata sullo sgombero del CARA ha sicuramente a che vedere con l’arrivo dei finanziamenti per il Contratto Istituzionale di Sviluppo di capitanata, piano di finanziamenti straordinari destinati al “ rilancio e allo sviluppo della Capitanata”, di cui è responsabile l’amministrazione provinciale. E’ stato sottoscritto infatti il 19 febbraio l’atto che regolamenta le modalità di trasferimento e di gestione delle risorse finanziarie per gli interventi contemplati dal CIS Capitanata, tra cui vengono citati la “bonifica e valorizzazione del campo di Borgo Mezzanone, per un importo di 3.446.000 euro (https://www.immediato.net/…/partono-i-cantieri-del-cis-cap…/). Come un copione che si ripete in tante diverse zone di questo paese, valorizzare un territorio e favorirne lo sviluppo fa il pari con politiche di “pulizia” sociale ed etnica: i poveri, peggio ancora se neri, che vivono nelle baracche e sono spesso descritti, dalle istituzioni razziste e dai media a queste asserviti, fonte di “degrado”, devono essere assolutamente rimossi da quel luogo.
Questione ancor più grave se si pensa al momento di emergenza i cui ci troviamo: il governo, mentre attua misure da quarantena collettiva, ritiene che chi vive nei ghetti non solo non debba essere tutelato, ma possa essere esposto con violenza ed in maniera studiata ad una situazione di estrema vulnerabilità e precarietà, come quella di rimanere senza una casa. Questa situazione esporrebbe certamente tutta la popolazione del luogo al pericolo sanitario in corso: dovremmo esplodere di rabbia contro queste decisioni scellerate delle istituzioni, italiani e immigrati insieme, visto che è chiara la colpa di chi sta mettendo a repentaglio la salute di tutti!
Saremo come sempre al fianco di questi lavoratori e lavoratrici che da anni lottano e resistono. Non ci lasceremo intimorire né dai tentativi di sgombero né dalla repressione che ci vuole impedire di dare solidarietà, di stringerci, di continuare a lottare.
L’IMMIGRAZIONE NON E’UN CRIMINE! LA SOLIDARIETA’ NON E’ UN REATO!
CASE, DOCUMENTI E CONTRATTI PER TUTTI, SUBITO!