silenzio assordante
Fuori e dentro i Cie
Nella puntata di venerdì 11 giugno 2010:
Alcuni reclusi del Cie di Ponte Galeria hanno scritto un comunicato in cui denunciano i pestaggi e la somministrazione di psicofarmaci, dando una loro versione della rivolta avvenuta il 3 giugno scorso.
Inoltre affermano che la legge che li intrappola nel circuito cie-carcere-cie è ingiusta, che sei mesi sono troppi e che - anche se li chiamano "ospiti", loro sono dei detenuti.
Ricordiamo che in seguito alla rivolta del 3 giugno, sono stati arrestati nove reclusi, che saranno processati per resistenza, danneggiamenti e lesioni a pubblico ufficiale. La prima udienza del processo è fissata per il 22 luglio.
Leggi il comunicato in italiano e in traduzione francese.
Aggiornamenti da Ponte Galeria, dove si registrano due casi di sifilide.
Corrispondenza con una compagna dalla Spagna, sulla situazione del Cie di Barcellona, dove sono recentemente avvenuti due casi di morti sospette. In seguito all'ulitma morte e dopo il presidio solidale di domenica scorsa 150 reclusi hanno cominciato uno sciopero della fame. Al momento 90 reclusi continuano a rifiutare il cibo. In una settimana si sono svolti due diversi presidi davanti al Cie e per domani è previsto un corteo in città.
Aggiornamenti su Joy, che ha ottenuto il permesso di soggiorno in quanto vittima di tratta, sull'incidente probatorio che si è svolto martedì 8 giugno al tribunale di Milano, nell'ambito del processo per stupro contro l'ispettore di polizia Vittorio Addesso, e sull'azione che si è svolta contemporaneamente all'Università la Sapienza di Roma, in solidarietà con Joy e i reclusi e le recluse nei Cie.
Per chi volesse partecipare al corteo contro i Cie che si svolgerà il 19 giugno a Modena, l'appuntamento è lunedì 14 giugno, alle 21.30 nel piazzale antistante Pirateria, Circonvallazione Ostiense, 9, per un'assemblea aperta in cui discutere di come partecipare alla manifestazione e di come raggiungere insieme il concentramento.
Siamo tornati alla peste...
"Ti ricordi 400-500 anni fa? Quella malattia che spaventava tutti? Siamo tornati a quei tempi, qui dentro c'è la peste..."
Due casi di sifilide spaventano i reclusi della sezione maschile del Cie di Ponte Galeria.
L'estate è arrivata e tra mura incandescenti, un solo litro d'acqua al giorno, i servizi che non funzionano e gli psicofarmaci distribuiti come medicine, le malattie infettive si propagano.
All'inizio si trattava di un unico caso, un detenuto che pur di farsi portare in ospedale si è rotto la mano dando un pugno al muro, piangendo e scongiurando che risolvessero questa situazione, poi è bastato un favore, un asciugamano e un paio di pantaloncini prestati per un po' di giorni, per contagiare anche un' altra persona.
La buona notizia è che dalle analisi, se presa in tempo, la malattia si può curare.
Nel frattempo la preoccupazione resta, in molti stanno solidarizzando con i due ragazzi e stanno cercando di accelerare le pratiche per un'assestenza sanitaria dignitosa.
Scavalcata la profonda vergogna di parlare di una brutta malattia infettiva, i ragazzi si sono sentiti più volte rifiutare il primo controllo in ospedale.
Nonostante il lager sia completamente militarizzato, trovare qualcuno che li accompagni in ospedale è un'impresa che dalle 8.00 di mattina impegna tutte le loro giornate da dieci giorni a questa parte.
Comunicato dei detenuti del Cie di Ponte Galeria
Riceviamo e pubblichiamo un comunicato scritto da un gruppo di reclusi della sezione maschile del Cie di Ponte Galeria a Roma.
A tutte le persone che vivono in questo paese
A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione
Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano.
La carta igenica viene distribuita solo due giorni a settimana, chi fa le pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costrigono a vivere.
Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare che danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo problema ma continua ogni giorno.
Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e tranquillanti per farci dormire tutto il giorno.
Quando chiediamo di andare in infermeria perché stiamo male, la Auxilium ci costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di otto/nove poliziotti ci chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare traccia e ci picchiano forte.
Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, un giorno a settimana la barba e uno i capelli.
Non possiamo avere la lametta.
Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.
Quello che ci domandiamo è perché dopo il carcere dobbiamo andare in questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare sei mesi in questi posti senza capire il perché.
Non ci hanno identificato in carcere? Perchè un’altra condanna di sei mesi?
Tutti noi non siamo d'accordo per questa legge, sei mesi sono tanti e non siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è cominciata così. Ci hanno detto: «se non mangi non prendi terapie» ma qui ci sono persone con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono.
Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e l’hanno picchiato.
Così la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare.
In quel momento sono entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e con un oggetto elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per terra.
Le guardie si sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei carabinieri qui dentro, dove sta il campo da calcio.
Dalla parte sinistra sono entrati altri 50 poliziotti.
Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e squadra mobile ufficio stranieri (che sono i più infami) sui tetti, uno di noi ha cercato di capire perché stavano picchiando il ragazzo nella stanza.
«Vattene via sporco» un poliziotto ha risposto così.
In quel momento siamo saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato un materasso e quindi i poliziotti si sono spaventati e sono andati fuori le mura per prendere qualcuno che scappava.
Da quella notte non ci hanno fatto mangiare né prendere medicine per due giorni.
Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e manganelli e hanno picchiato il più giovane del centro, uno egiziano.
L’hanno fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il gas, hanno rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio che la sua famiglia e i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non far vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali.
Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la moschea e ora vogliono chiuderla.
La moschea non si può chiudere perché altrimenti succederebbe un altro casino.
Veniamo da paesi poveri, paesi dove c'è la guerra e ad alcuni di noi hanno ammazzato le famiglie davanti gli occhi.
Alcuni sono scappati per vedere il mondo e dimenticare tutto e hanno visto solo sbarre e cancelli.
Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un po' dura e ci portano dentro questi centri.
Quando arriviamo per la prima volta non abbiamo neanche idea di come è l'Europa.
Alcuni di noi dal mare sono stati portati direttamente qui e non hanno mai visto l'Italia.
La peggiore cosa è uscire dal carcere e finire nei centri per altri sei mesi.
Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una vita diversa, perché non possiamo avere una vita come tutti?
Senza soldi non possiamo vivere e non abbiamo studiato perché la povertà è il primo grande problema.
Ci sono persone che hanno paura delle pene e dei problemi nel proprio paese.
Per questi motivi veniamo in Europa.
La legge che hanno fatto non è giusta perché sono queste cose che ti fanno odiare
veramente l'Italia.
Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo, ha fatto la galera qua in Italia.
Vogliamo mettere a posto la nostra vita e aiutare le famiglie che ci aspettano.
Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.
Un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria (Roma)
TRADUZIONE FRANCESE
Le texte qui suit est un communiqué d’un groupe de détenus du centre de rétention de Ponte Galeria, à Rome. Ils ont voulu nous raconter leur condition de vie et ce qui s’est passé le 3 juin dernier, une révolte et des évasions. 9 personnes sont passées en comparution immédiate le jour suivant, et attendent leur procès; 5 personnes se sont évadées, une d’entre elles a été arrêtée non loin du centre le jour suivant. Ce communiqué nous a été dicté au téléphone. Nous avons choisi de ne pas le réécrire et de maintenir donc la langue qu’ils ont utilisée. Pour cette raison, nous avons gardé le même langage dans la traduction. Nous vous demandons donc de le diffuser le plus possible, mais sans faire de corrections, même si certaines tournures vous semblent parfois incorrectes. Les détenus nous demandent de le diffuser le plus possible, n’hésitez donc pas à le distribuer et à l’envoyer partout et à tout le monde. Si vous voulez des précisions, n’hésitez pas non plus à nous écrire.
A toutes les personnes qui vivent dans ce pays
A tous ceux qui croient les journaux et la télévision
Ici, ils nous donnent de la nourriture avariée à manger, les cellules où nous dormons ont de vieux matelas et nous choisissons donc de dormir par terre. Quelques-uns d’entre nous ont la gale et la douche et les toilettes ne fonctionnent pas. Le papier toilette est distribué seulement deux jours par semaine, et ceux qui font le ménage dans le centre ne font rien et laissent sales les lieux où nous sommes contraints de vivre.
La rivière proche du parking en dehors du centre est pleine de grenouilles et de moustiques qui nous dérangent beaucoup toute la journée; on nous promet de résoudre le problème, mais il continue chaque jour.
Il y a des détenus qui viennent des autres CIE (centre d’indentification et d’expulsion) et aussi des prisons, qui ont été habitué à prendre leur «thérapie», mais ici, ils nous donnent des somnifères et des tranquillisants pour nous faire dormir toute la journée.
Quand nous demandons d’aller à l’infirmerie parce que nous sommes malades, l’Auxilium (gérant du centre qui a pris la place de la croix rouge) nous contraint à attendre, et si nous insistons, une bande de 8 ou 9 policiers nous enferment dans une pièce menottés, se mettent les gants et nous tabassent fort.
Pour se raser, tu dois faire une demande et tu dois attendre, 1 jour par semaine la barbe et un jour les cheveux. Nous ne pouvons pas avoir de lames de rasoir.
Ils nous appellent hôtes, mais nous somme détenus.
Ce que nous nous demandons est pourquoi après la prison, nous devons aller dans ces centres, et pourquoi, après que nous avons terminé notre peine de prison, nous devons passer 6 mois dans ces lieux sans savoir pourquoi. Ne nous ont-ils pas déjà identifiés en prison? Pourquoi une autre condamnation de 6 mois?
Nous tous ne sommes pas d’accord avec cette loi, 6 mois, c’est beaucoup, et nous ne sommes tout de même pas des animaux. C’est pour ça que tous ceux qui sont ici ont fait la grève de la faim, et alors, le soir du 3 juin a commencé comme ça:
Ils nous ont dit: « i tu manges pas, tu ne prends pas de cure», mais ici, il ya des personnes qui ont des maladies graves, comme le diabète, et s’ils ne mangent pas et ne reçoivent pas leur cure, ils meurent.
L’un d’entre nous est allé parlé avec eux, et ils l’ont emmené dans une pièce à coté de l’infirmerie où il n’y a pas de caméras, et ils l’ont tabassé. Ainsi les gens ont commencé à hurler de le laisser tranquille. A ce moment-là, environ 50 policiers sont entrés avec leur matériel et un objet électrique qui quand il touche les personnes, les personnes tombent.
Les gardes se sont tous déplacés sur les toits à côté de la caserne des carabiniers qui se trouvent à l’intérieur du centre, à gauche du terrain de foot. 50 autres policiers sont entrés de l’autre côté.
Quand nous avons vu les policiers, les carabiniers, les militaires, les policiers de la Finanza (autre corps de police italienne) et l’équipe d’intervention mobile du bureau des étrangers (les plus infâmes) sur les toits, l’un d’entre nous a essayé de comprendre pourquoi ils étaient en train de tabasser le garçon dans la pièce sans caméras. «Va t’en dégueulasse» a répondu un policier. A ce moment-là, nous sommes tous montés sur les grillages et les portails et quelqu’un a incendié un matelas, et donc les policiers ont eu peur et ils sont allés dehors pour rattraper quelqu’un qui s’échappait.
A partir de cet instant-là, ils ne nous ont plus donné ni à manger ni de médicaments pendant deux jours.
Nous avons pris un vieux robinet et nous avons défoncé la porte pour sortir, et quand la police a vu que la porte était ouverte, ils ont pris leurs casques et leurs matraques et ils ont tabassé le plus jeune du centre, un égyptien. Ils l’ont fait tombé et ils nous ont tous tabassé, même avec des gaz. Ils ont cassé la jambe à un algérien et ils ont emmené une personne âgée dont la famille et les enfants ont grandi à Rome, et après ils ont lancé des gaz lacrymogènes. Ils ont dit que nous avions voulu faire de la fumée pour ne pas être vus par les caméras. C’est ça que les journaux ont écrit.
Nous étions 25, et certains sortaient de la mosquée loin du bordel, mais samedi, les journaux ont écrit que tout avait été organisé dans la mosquée, et maintenant, ils veulent la fermer. Mais s’ils fermaient la mosquée, il y aurait encore de bordel.
Nous venons de pays pauvres, de pays en guerre, et certains d’entre nous ont vu leur famille se faire tuer devant leurs yeux. Certains ont fuit pour voir le monde, et ils ont vu seulement des grilles et des grandes portes fermées.
Nous voulons travailler pour aider nos familles, mais la loi est un peu dure et ils nous mettent dans ces centres. Quand nous arrivons pour la première fois, nous ne savons même pas comment est l’Europe. Certains d’entre nous ont été emmené ici directement de la mer, et n’ont jamais vu l’Italie.
La pire des choses, c’est de sortir de prison et d’être mis dans les centres pour encore 6 mois.
Nous ne sommes pas venus pour créer des problèmes, seulement pour travailler et avoir une vie différente, pourquoi ne pouvons-nous pas avoir une vie comme tout le monde?
Sans argent, nous ne pouvons pas vivre et nous n’avons pas étudié parce que le premier grand problème, c’est la pauvreté. Il y a des gens qui ont peur des peines et des problèmes dans leur propre pays.
La loi qu’ils ont faite n’est pas juste, et ce sont ces choses qui te font haïr l’Italie. Si quelqu’un n’est jamais allé en prison dans son pays, il y est déjà allé en Italie. Nous voulons avoir une vie normale et aider nos familles qui nous attendent.
Nous espérons que vous pouvez comprendre ces choses, qui sont vraiment honteuses.
Un groupe de détenus de Ponte Galeria
Aggiornamenti dai Cie di Modena e Bologna
da: http://noinonsiamocomplici.noblogs.org
Aggiornamenti dai Cie di Modena e Bologna - Altre violenze poliziesche contro donne immigrate
Najoua, la donna tunisina che nei giorni scorsi si era cucita la bocca nel Cie di Bologna riuscendo a rompere l'isolamento e ad attirare l'attenzione della stampa, è stata rilasciata ieri ma senza alcun permesso di soggiorno.
Intanto è stata fissata la visita specialistica per Joy, guarda caso il 9 giugno, cioè dopo l'incidente probatorio.
E a Joy è ispirato il dialogo teatrale che Alessandra Magrini (Attrice Contro) e Militant A degli Assalti Frontali presenteranno oggi a Roma durante l'assedio sonoro al Ministero dell'interno.
Ricordiamo il presidio che si terrà l'8 giugno dalle 14.30 a Milano, sotto il tribunale, contro i Cie e le deportazioni e in solidarietà con Joy ed Hellen che proprio quel giorno si troveranno faccia a faccia con l'ispettore capo del Cie di via Corelli Vittorio Addesso. Il quale non è affatto una "mela marcia", ma lo specchio di pratiche di abuso sessuale consolidate e ben occultate nei confronti delle donne immigrate da parte di uomini delle forze dell'ordine. Come dimostrano anche i poliziotti Adriano C. e Marco T. che, nella questura di Chiavari, forti della loro divisa e del loro potere violentavano prostitute immigrate sotto la minaccia di farle espellerle.
Sciopero della fame nel Cie di Bologna
Dopo la protesta di lunedì 24 maggio, durante la quale sono stati bruciati materassi e materiale vario, 15 detenuti sono confinati fuori, nel cortile del Cie di via Mattei a Bologna.
Nella giornata di ieri la polizia ha perquisito le celle dei rivoltosi con i cani: non trovando nulla di meglio da fare, si sono ridotti a calpestare i loro effetti personali... così, per sfregio.
Ora le celle sono chiuse e i detenuti passano giorno e notte all'esterno.
Questa volta almeno hanno un materasso e il clima - quasi estivo - è dalla loro parte ma non si può certo dire che stiano bene: non possono provvedere alla loro igiene personale e alcuni tra loro accusano dolori allo stomaco.
Comunque in 10 sono in sciopero della fame.
Pranzo sociale contro i Cie alla Sapienza
Naturale obiettivo dell'iniziativa sono stati il bar di piazzale Aldo Moro e la mensa di economia gestiti dal gruppo “La Cascina” che fornisce "il servizio" di mensa all'interno del CIE di Roma.
Muniti di volantini abbiamo presidiato gli ingressi di queste strutture invitando chiunque entrasse a boicottare questi infami che si arricchiscono ulla pelle dei migranti costretti a mangiare cibi scaduti e molte volte “conditi” con psicofarmaci.
Molte persone si sono dimostrate sensibili a questi temi, rinunciando a finanziare le torture perpetrate ai danni dei migranti, e sono state dirottate verso il pranzo allestito al pratone della città universitaria con cibo e bevande a prezzi sociali.
E' stata anche allestita una mostra informativa sulle condizioni di reclusione nei CIE in italia e nel mondo.
Questa è solo una delle iniziative cittadine che culmineranno nel presidio di sabato 29 maggio sotto al lager della democrazia di Roma, il CIE di Ponte Galeria.
NELLA TUA CITTA' C'E' UN LAGER, CHIUDERE IL CIE DI PONTE GALERIA, CHIUDIAMO TUTTI I CIE!
Più di mille firme per la chiusura dei Cie
Giovedì 27 maggio, dalle ore 16.00 in piazza dell’Esquilino, un assedio sonoro al Ministero dell’Interno segnerà il culmine della settimana di mobilitazione romana contro i Cie, in vista della manifestazione a Ponte Galeria di sabato 29 maggio (dalle ore 15.00).
Un momento importante per tutti gli antirazzisti e le antirazziste di questa città, per denunciare l’esistenza di questi lager “irriformabili” e le insostenibili condizioni di detenzione a cui sono sottoposti i migranti reclusi nei Cie. Degli ultimi giorni l’ennesimo atto di protesta disperata nel Cie di Bologna, dove una donna tunisina si è cucita le labbra e rifiuta qualsiasi intervento medico, mentre ieri sera i reclusi e le recluse hanno incendiato i materassi per solidarietà.
Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella che, introducendo il “reato di clandestinità”, nega il principio di eguaglianza.
È on-line – sul sito http://www.nocie.org – una lettera aperta che chiede la chiusura immediata di tutti i Cie. In pochi giorni l’appello ha superato le 1.000 firme di associazioni, gruppi e singoli cittadini e cittadine.
Tra i primi firmatari compaiono anche gli attori Elio Germano, Andrea Rivera e Ascanio Celestini; padre Alex Zanotelli, i Comboniani di Castel Volturno e don Alessandro Santoro (Comunità delle Piagge, Firenze); il regista di Come un uomo sulla terra, Daniele Segre; i giornalisti Gabriele del Grande, Stefano Liberti e l’intera redazione del settimanale Carta; l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone e Nora Morales De Cortiñas delle “Madres de Plaza de Mayo”; Militant A (Assalti frontali) e Alessandra Magrini (Attrice Contro); docenti e ricercatori universitari, tra cui Fulvio Vassallo Paleologo, Maria Immacolata Macioti, Annamaria Rivera, Luca Queirolo Palmas, Riccardo Petrella, Emilio Quadrelli e Alessandra Sciurba; oltre a decine di giornalisti, intellettuali e scrittori, tra cui Igiaba Scego, Christiana de Caldas Brito, Julio Monteiro Martins, Arnold de Vos, Lea Melandri, Chiara Giunti e molti altri.
Tutti gli appuntamenti della NO BORDER WEEK, la settimana di mobilitazione cittadina contro i Cie che si svolge a Roma dal 21 al 29 maggio (vedi comunicato allegato), sono sul blog http://nocie.noblogs.org
La lettera aperta per la chiusura dei Cie (in allegato con l’elenco dei primi firmatari) si può firmare sul sito http://www.nocie.org
Materassi bruciati nel Cie di Bologna
da radio Città del capo:
Materassi bruciati per protesta al Cie
Bologna, 24 maggio 2010 - Materassi bruciati per protesta al Cie di via Mattei. E’ accaduto nel tardo pomeriggio quando oltre a bruciare i materassi gli immigrati detenuto hanno dato fuoco anche ad altre masserizie. Non ci sono stati feriti, sono intervenuti i vigili del fuoco chiamati poco prima delle 20 e un’ambulanza del 118.
La donna tunisina che si è cucita le labbra dopo il rigetto della domanda d’asilo continua la sua protesta, l’avvocata Roberta Zerbinati sta preparando i ricorsi contro l’espulsione.
Ascolta la legale
http://radio.rcdc.it/archives/materassi-brucitai-per-protesta-al-cie-52979/