Nel venticinquesimo anniversario degli accordi di pace del Venerdì santo in Irlanda del nord non si vede ancora la fine dell'interminabile impasse politica che impedisce la nascita di un esecutivo, si registrano di nuovo scontri di piazza - seppure imparagonabili rispetto a quanto accadeva prima del 1998 - e il presidente statunitense Biden, in visita ufficiale, non sembra volersi impegnare più di tanto. Quali sono le prospettive per il futuro?
Alle elezioni generali della scorsa settimana in Irlanda del nord lo Sinn fein, come da previsioni, è diventato il primo partito, con quasi il trenta per cento dei voti. Crollano gli unionisti del DUP mentre l'Alliance party, formazione politica che si riivolge indifferentemente agli appartenenti sia alla comunità repubblicana che a quella unionista, ottiene un risultato eccezionale con il 13,5 per cento dei voti.
A questo punto, stando alle regole stilate dopo gli accordi di pace di Stormont, la carica di primo ministro dovrebbe andare alla presidente dello Sinn fein e quella di vicepremier al leader del DUP, che rimane la seconda forza del paese, ma è probabile che gli unionisti non faciliteranno il processo di formazione del nuovo governo.
Con Paolo Perri, dell'università di Aosta, cerchiamo di capire le possibili evoluzioni del quadro politico nordirlandese, anche in relazione alla situazione che si vive sia nel Regno Unito che nella repubblica d'Irlanda.
Domenica 30 gennaio si sono tenute a Derry, in Irlanda del nord, le commemorazioni per il cinquantesimo anniversario della strage della Bloody sunday, perpetrata dai paracadutisti inglesi ai danni di una pacifica manifestazione che richiedeva il rispetto dei diritti civili della popolazione repubblicana. Alle manifestazioni e alle iniziative ha partecipato una delegazione proveniente dall'Italia, abbiamo chiesto ai partecipanti di raccontarci come è andata.
Le immagini delle violenze in Irlanda del nord della scorsa settimana hanno fatto il giro del mondo, del resto erano anni che non si registravano scontri così aspri e così simbolicamente significativi come quelli che hanno avuto luogo in tante città dell'Ulster. I protagonisti sono stati principalmente membri giovani e giovanissimi della comunità protestante, più o meno coinvolti all'interno delle varie organizzazioni paramilitari, arrabbiati per essere stati scaricati dall'attuale leadership britannica, depressi per la perdita di gran parte dei privilegi dei loro genitori e terrorizzati dall'idea di un'Irlanda riunificata, una prospettiva resa più vicina, paradossalmente, da quella Brexit che gli unionisti nordirlandesi hanno calorosamente sostenuto.
Abbiamo intervistato su questi temi Paolo Perri, dell'università della Calabria, che ha firmato un interessante articolo per il blog Ethnos & Demos che potete trovare qui.
In tutta l’Irlanda, non solo nella capitale Dublino e nei centri urbani, ma anche nelle zone rurali (dove si temeva una vittoria del no) è stata schiacciante la vittoria del sì. L’87% dei giovani e il 70% delle donne hanno dunque votato per rendere meno restrittive le leggi sull’aborto.
Il fronte del no - con in testa i cattolici - non ha potuto fare altro che ammettere la sua sconfitta. Le gerarchie cattoliche del Paese hanno invocato la scomunica per chi ha votato "sì". Diviso al suo interno invece il Sinn Féin.
Dopo le elezioni di giovedì scorso gli estremisti protestanti del DUP, il principale partito unionista dell'Irlanda del nord, rappresentano l'unica possibilità per formare un governo conservatore a guida Theresa May. Sempre in Irlanda del nord, lo Sinn Fein continua a guadagnare consensi, mentre in Scozia lo Scottish National Party segna il passo dopo i trionfi elettorali del 2015.
Della situazione nel Regno Unito parliamo con Paolo Perri, ricercatore presso l'università della Calabria
Nelle elezioni anticipate per il rinnovo del parlamento nordirlandese, tenutesi la scorsa settimana, lo Sinn Feinn, storica formazione repubblica, ha sfiorato un risultato clamoroso, mancando per soli mille voti l'obbiettivo di risultare la forza politica più votata dell'Irlanda del nord, risultato mai raggiunto in precedenza.
La storica affermazione avviene sullo sfondo di una situazione politico-economica decisamente complessa, con la Brexit che rischia di mettere a repentaglio gli accordi di pace siglati quasi venti anni fa e Londra tentata, forse, dalla possibilità di ripristinare il controllo diretto sulle contee nordirlandesi.
Di tutti questi temi abbiamo discusso con Paolo Perri, ricercatore presso l'Università della Calabria