Alla fine e’ successo quello che nessuno si aspettava, le lavoratrici e lavoratori in un centro di smistamento di Amazon in Staten Island, appena fuori New York, hanno approvato la creazione di un sindacato. Al voto hanno partecipato quasi il 60% degli 8325 lavoratrici e lavoratori, facendo registrare una netta vittoria per l’Amazon Labor Union. Ora la palla passa ad Amazon che in un comunicato ha gia’ chiarito che non e’ felice del risultato e che valutera’ ogni possibile opzione per annullarlo. Certo che dopo aver speso più di 4 milioni di dollari in questa campagna, non e’ chiaro cos'altro vorranno tentare.
Questa vittoria e’ storica per vari motivi. Primo, il sindacato e’ un sindacato non affiliato a nessuna delle sigle nazionali. “By the workers, for the workers,” come amano ripetere gli organizzatori della campagna. Questo ha reso le tattiche anti-sindacali di Amazon meno efficaci. L’azienda ha infatti cercato di convincere le lavoratrici e lavoratori che i membri del sindacato erano degli organizzatori ben pagati da sindacati nazionali, dei corpi estranei, degli infiltrati. Al contrario, i membri dell’Amazon Labor Union incontravano i loro colleghi e colleghe all’interno dello stabilimento, nelle mense, negli spogliatoi. In alcune interviste rilasciate dopo la vittoria, i maggiori leader del sindacato hanno piu’ volte sottolineato come quelle conversazioni hanno avuto un ruolo fondamentale nel convincere gli altri lavoratori che quel sindacato era fatto di persone come loro, che lavoravano gli stessi turni massacranti, che ricevevano gli stessi miseri salari. Ancora più importante e’ stata la determinazione con cui i membri del sindacato hanno risposto alle intimidazioni di Amazon. Hanno interrotto riunioni anti-sindacali a cui non erano stati invitati. Si sono rifiutati di smettere di distribuire volantini nelle mense e negli spogliatoi. Si sono fatti arrestare piuttosto che farsi intimidire dai manager di Amazon.
Secondo, questa vittoria dimostra che è possibile organizzare un gruppo di lavoratrici e lavoratori che da un punto di vista demografico e’ molto diversificato. La maggior parte dei dipendenti in questo centro di smistamento sono persone di colore. Afroamericani, ispanici, ma anche africani e bianchi. Spesso questo è un elemento che le aziende usano per dividere i lavoratori, facendo leva su stereotipi razzisti. Ma questa volta non ha funzionato. Ancora una volta torniamo al fatto che questo sindacato era stato creato da quegli stessi lavoratori e lavoratrici e quindi sapeva come relazionarsi con loro.
Terzo, la vittoria di Amazon Labor Union arriva in un momento molto particolare nella storia dei rapporti tra lavoratori e multinazionali americane e potrebbe aver segnato una decisiva trasformazione nel modo in cui lavoratori e lavoratrici si organizzeranno nei prossimi anni. Questa campagna non e’ la prima vittoria ottenuta da un gruppo di lavoratori all’interno di una grande multinazionale americana. Lo scorso dicembre la maggioranza dei lavoratori di uno Starbucks nella città di Buffalo ha votato a favore della formazione di un sindacato. Nel giro di due mesi altri 50 Starbucks distribuiti in 19 stati si apprestano a votare a favore di una rappresentanza sindacale. Un effetto domino così rapido sta mettendo in difficoltà una multinazionale come Starbucks, da sempre molto efficace nel bloccare qualsiasi tentativo di organizzazione da parte dei dipendenti. Il problema e’ che se un bar si organizza, lo puoi sempre chiudere e riaprirne un altro pochi mesi dopo senza creare troppi contraccolpi economici. Ma quando la prospettiva e’ quella di dover chiuderne 50, la strategia diventa troppo costosa. Allo stesso tempo, per i lavoratori e lavoratrici e’ molto più facile concentrarsi su di un singolo bar (che di solito ha una media di 30 dipendenti) che cercare di organizzarne 50 contemporaneamente. La speranza e’ che vincendo un’elezione in un singolo bar, dimostri che e’ possibile farlo convincendo altri lavoratori a fare la stessa cosa nel loro bar.
La stessa cosa sta succedendo ad Amazon. Il 25 Aprile ci sara’ un voto in un altro centro di smistamento sempre a Staten Island, senza contare che si e’ votato anche in un altro deposito questa volta in Alabama dove però il conteggio sta andando un po’ a rilento. Se anche queste due votazioni andranno a favore del sindacato, allora ci potremmo trovare in una situazione molto simile a quella che abbiamo a Starbucks.
Tutto questo sta avvenendo nel contesto di un generale risveglio del movimento dei lavoratori negli Stati Uniti. Solo nell’ultimo anno, si sono organizzati in un sindacato i lavoratori tech del New York Times, i dipendenti di una famosa catena di negozi per il campeggio, senza dimenticare i minatori in Alabama, che ormai sono in sciopero da più di un anno.
Certo gli Stati Uniti rimangono un paese allergico ai sindacati, soprattutto dopo la cura Reagan, ed in particolare nel settore privato. Se nel 1950 ogni tre lavoratori, uno era iscritto al sindacato, oggi ne abbiamo uno ogni 16. Ma le recenti vittorie in due roccaforti anti-sindacali dimostrano che i lavoratori e lavoratrici americani stanno ricominciando ad organizzarsi.