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violenza

Bologna - La questura condanna a morte una donna che si ribella a uno stupro

Data di trasmissione
Durata 2m 20s
Di seguito il testo del volantino PACCHETTO SICUREZZA?
La questura bolognese condanna a morte una donna che si ribella a uno
stupro
Il 20 luglio la questura di Bologna ha deportato una ragazza nigeriana di 23anni, Faith, proprio nel Paese dove era stata condannata a morte per aver reagito ad un tentativodi stupro da parte di un uomo ricco e potente. Faith era stata rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Mattei a Bologna, dopo che i vicini avevano chiamato la polizia sentendo le sue grida di aiuto perchè un uomo cercava di violentarla. La polizia ha pensato bene di arrestare lei solo perché non aveva il permesso di soggiorno. Dopo due settimane di detenzione è stata rimpatriata in Nigeria, dove potrebbe essere impiccata a breve da un governo corrotto e complice del peggior colonialismo occidentale. E questo nonostante avesse già presentato domanda di asilo politico. Benché l¹Italia sia uno dei paesi promotori della moratoria contro la pena di morte, lo stato razzista italiano non ha esitato a consegnare ai suoi assassini una donna che ha saputo reagire alla violenza maschile, una donna da cui tutte abbiamo tanto da imparare. Dopo questa vicenda, che segue purtroppo tante altre analoghe, sarebbe ora che ci si chiedesse di che genere di sicurezza blaterino i politici e perchè dovremmo delegare a questa gente e ai loro servitori in divisa la protezione delle nostre vite. La deportazione di Faith è un monito contro tutte le donne che si ribellano alla violenza maschile. Allora ci chiediamo che futuro possa aspettarsi Ngom, un¹altra donna immigrata, senegalese e madre di sei figli, arrivata in Italia dodici anni fa dopo esser fuggita da un marito violento. Ngom, sempre in nome della ³nostra sicurezza², è da qualche giorno rinchiusa nel Cie di Bologna in attesa che un giudice di pace decida se accettare il ricorso contro l¹espulsione o eseguire gli ordini della questura di La Spezia e rimandarla in Senegal dal marito-aguzzino. Non smetteremo mai di dire che la nostra vera sicurezza è la solidarietà fra donne. Per quanto tempo ancora intendiamo tollerare la presenza dei Cie ­ lager di Stato in cui le donne sono spesso sottoposte a ricatti sessuali, molestie e violenze per poi essere rimpatriate col rischio di essere addirittura uccise? La nostra sicurezza non ha bisogno di confini, né di lager, né di passaporti
Lunedì 2 agosto presidio alle 12 in piazza Roosevelt a Bologna
Mai più schiave! (Chi non potesse partecipare al presidio ma intendesse comunque esprimere ilproprio parere sulle connivenze tra l'Italia e i Paesi di provenienza di Faith e Ngom per quanto riguarda le deportazioni: ambasciata nigeriana ­ Roma 06683931; ambasciata senegalese ­ Roma 066865212/066872353

 

Ancora violenza delle forze dell'ordine. La denuncia di un uomo argentino

Data di trasmissione
Durata 3m 17s

"Vengo dall'Argentina dove la mia generazione è stata massacrata. Qui pensavo di vivere in un paese civile. Invece mi sono ritrovato ammanettato, preso a calci e pugni in testa dai carabinieri, trascinato sull'asfalto, torturato e sbattuto contro i muri della caserma senza poter vedere un medico. Insultato, con i militari che mi

puntavano la pistola addosso. E ancora non so perché". Isidro Luciano Diaz ha 41 anni, dei quali 23 vissuti in Italia dove, nel lecchese, gestisce l'allevamento di cavalli "Dal Gaucho". Da quando il 5 aprile dell'anno scorso è stato fermato dai carabinieri vicino a Voghera, è stato operato agli occhi 6 volte per distacco della retina e ha i

timpani perforati. Ferite "compatibili" col suo racconto da incubo, scrive il medico legale nella relazione che riporta alla memoria le vicende di Federico Aldrovandi, di Giuseppe Uva, Stefano Cucchi. Di

giovani morti dopo essere stati malmenati da uomini in divisa, entrati vivi in caserma o in carcere e mai usciti.