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morti in carcere

DL Caivano e situazione nelle carceri

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Mentre il governo per rispondere alla violenza sulle donne e ai problemi delle periferie propone più carcere e più polizia, le notizie di suicidi, morti e proteste nelle carceri si susseguono senza sosta.

Da Luglio un gruppo di attiviste e associazioni ha costruito un "Gruppo di supporto per i familiari dei detenuti morti in carcere", insieme a loro abbiamo ragionato di morti e sanità in carcere.

Nel redazionale commentiamo l'ultimo disegno di legge del governo, approvato sull'onda mediatica ed emotiva legata ai fatti di Caivano e Palermo, e passiamo in rassegna una serie di articoli usciti sui quotidiani degli ultimi giorni che parlano dei penitenziari di Regina Coeli e Rebibbia a Roma e del Mammagialla di Viterbo.

A Rebibbia dopo l'inchiesta che ha denunciato la distribuzione di cibo per animali ai detenuti, è notizia di ieri una protesta dei detenuti, principalmente di origine marocchina per avere notizie sui propri cari colpiti dal terremoto in Marocco, mentre a Regina Coeli un ragazzo di 21 si è tolto la vita.

A Viterbo i detenuti protestano per le condizioni gravissime che vivono, e per le mancate cure ad un detenuto lasciato morire dai medici e dagli agenti della penitenziaria che non sono intervenuti per tempo.

Strage del carcere di Modena, nuova richiesta di archiviazione. Lo Stato si autoassolve.

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Durata 9m 8s

Dopo due anni di indagini, giovedì 29 giugno la procura di Modena ha formalizzato la richiesta di archiviazione per centoventi agenti di polizia penitenziaria indagati per violenze, lesioni e torture a danno di numerosi detenuti, dopo la rivolta dell'8 marzo 2020 nel carcere di Sant’Anna. Secondo i pubblici ministeri le testimonianze dei detenuti sui pestaggi sono da considerarsi “inattendibili” e la documentazione sanitaria insufficiente. La richiesta arriva dopo un’altra archiviazione, nel giugno del 2021: quella delle inchieste sulla morte dei nove detenuti deceduti in carcere, mentre venivano trasferiti in altri istituti o una volta arrivati a nuova destinazione, sempre in quei giorni di marzo 2020. Ne parliamo con una compagna del Comitato Verità e Giustizia per i morti di Sant'Anna.

Pubblichiamo a seguire anche un contributo del Comitato verità e giustizia per la strage del Sant’Anna di Modena. 

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Siamo in tanti e tante davanti al pc a fissare la pagina vuota. Tanti e tante attiviste del Comitato verità e giustizia per la strage del Sant’Anna di Modena che devono reagire all’ennesima batosta. Da tre anni ci battiamo con tutte le nostre forze perché venga fatta luce sulla più sanguinosa strage carceraria del nostro paese e su quel maledetto 8 marzo 2020 quando, a seguito della rivolta scoppiata per la scellerata non-gestione dell’emergenza Covid, hanno perso la vita dentro e fuori il penitenziario modenese nove persone.

Le loro morti sono già state archiviate due anni fa. Sembra non sia stata colpa di nessuno, come se abbandonare un carcere per poi sparare da fuori alla cieca, ad altezza uomo, fosse una cosa normale; come se fosse vero che, in quel contesto, si possa morire di overdose da farmaci, magari “andandosela a cercare”. Non è di overdose, invece, che si è morti, in quel carcere, lo fa capire con chiarezza la testimonianza del dottor Conserva nell’inchiesta Anatomia di una Rivolta, di Giulia Bondi e Maria Elena Scandaliato: se non avessero trasferito i detenuti, se li avessero curati, se li avessero visitati prima di portarli in un blindato in giro per l’Italia, non sarebbero morti. Eppure tutti quelli che hanno contribuito a lasciar spegnere quei nove giovani corpi oggi si lavano la coscienza, con l’appoggio della procura che decide di rinunciare a quello che dovrebbe essere il suo ruolo (o forse lo assolve perfettamente…) per mantenere più intatto possibile lo status quo.

La procura di Modena si è presa in questi anni ogni proroga d’indagine possibile, non per approfondire, come avevamo a tratti ingenuamente creduto, ma per ragionare al meglio su come raccontare storie. Nelle due paginette scarse che relazionano la richiesta di archiviazione per i reati di tortura e lesioni a carico di centoventi agenti della penitenziaria, si legge che il motivo della richiesta risiede nella scarsità di referti medici che possano confermare le dichiarazioni di nove detenuti-testimoni, implicitamente accusati di menzogna.

Che quel giorno le persone non fossero state adeguatamente visitate, o non visitate per niente, lo dicono i medici stessi nell’inchiesta mandata in onda dalla Rai. Che fossero state trasferite senza visita medica era già un’anomalia sufficiente a fermare le archiviazioni delle inchieste sulle morti, e invece, in un magico ribaltamento della realtà, questa mala gestione diventa un’arma per archiviare di nuovo, questa volta le singole condotte degli agenti. Che i detenuti, dopo essere scampati al fuoco, al fumo, alle botte, essere stati trasferiti chissà dove, scalzi, gettati in una cella d’isolamento, non abbiano creduto necessario, possibile e utile farsi refertare le contusioni è umanamente comprensibile.

Ma la procura supera sé stessa, asserendo che un altro dei motivi che motiverebbe le archiviazioni sarebbe l’assenza di video di sorveglianza. Video che in tre anni non ci sono, poi ci sono, poi non ci sono di nuovo. Non ci sono perché i detenuti hanno distrutto le telecamere – ah, no, scusate…! –, non ci sono perché i secondini hanno staccato la corrente. Video di cui la procura non vuole parlare e che, ci sarebbe poco da stupirsi, potrebbero comparire magicamente nel momento in cui ci sarà da accusare di devastazione e saccheggio i detenuti ritenuti responsabili della rivolta.

È questa beffa forse la cosa più grave a cui stiamo assistendo: le morti, le botte e le ingiustizie, lo Stato le sta imputando ai detenuti stessi, nell’operazione di capovolgimento tra vittima e colpevole di cui è maestro. In questo gioco perverso, più si è impossibilitati ad agire, più in basso si è tra i gradini della scala sociale, più si è facili vittime di accuse, mentre i veri responsabili si allontanano sempre più dal luogo del fatto.

Da tre anni a Modena esiste un comitato che si batte per avere verità e giustizia, restituzione di una narrazione che non incolpi le vittime e restituisca dignità alle parole di quelli che restano umani. Le carte dicono che delle parole di nove coraggiose persone non ci si può fidare; noi invece diciamo che proprio di chi ha subito, di chi non ha nulla da guadagnare né da perdere da questa situazione, ci fidiamo. Ma questa lotta non è finita, ci sono ancora settanta imputati per rivolta da difendere e una verità da rivelare. Noi saremo ancora qui, coscienti che la lotta per l’emersione di ciò che è successo in quei giorni al Sant’Anna è una lotta per l’emersione della violenza intrinseca e non occasionale, dell’inumanità e dell’insensatezza del carcere e di tutte le istituzioni totali.

Intimidazioni in carcere a Mattia dopo l'esposto in procura sulle violenze a Modena e Ascoli Piceno

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Nella prima corrispondenza riepiloghiamo quanto accaduto a marzo 2020 nelle carceri del paese, arrivando all'esposto di 5 detenuti riguardo le violenze nel carcere di Modena e Ascoli Piceno e ai prossimi appuntamenti di lotta. La repressione durante e dopo la rivolta nel carcere di Modena ha portato alla morte di 9 detenuti.

La seconda corrispondenza è con la sorella di Mattia, uno dei 5 prigionieri che hanno raccontato le violenze e la morte di Sasà Piscitelli, ora detenuto nel carcere di Ancona in seguito al trasferimento.
Mattia sta ricevendo delle gravi intimidazioni che mettono a repentaglio anche la sua salute.
Lo scopo di tali rappresaglie è impedirgli di raccontare quanto ha visto nelle ultime ore di vita di Sasà Piscitelli, suo compagno di cella, e delle violenze in carcere.

Scriviamo in carcere a Mattia e gli altri:

Claudio Cipriani
C.C. Parma, Strada Burla 57, 43122 Parma

Ferruccio Bianco
C.C. Reggio Emilia, Via Luigi Settembrini 8, 42123 Reggio Emilia

Francesco D’angelo
C.C. Ferrara, Via Arginone 327, 44122 Ferrara

Mattia Palloni
C.C. Ancona Montacuto, Via Montecavallo 73, 60100 Ancona

Belmonte Cavazza
C.C. Piacenza, Strada delle Novate 65, 29122 Piacenza.

Carcere: dalle rivendicazioni delle persone detenute alla proposta di vaccini e nuove galere

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Durata 23m 17s

In collegamento telefonico con una compagna torniamo a parlare della situazione nelle carceri durante la pandemia. Approfondimenti sulle lotte in corso, sul dibattito riguardo l'amnistia e l'indulto e la promessa dei vaccini. 

Di seguito un appello in solidarietà con i 5 detenuti presenti a Modena durante la rivolta del mese di marzo e gli indirizzi per scrivere:

 

Modena – Aggiornamenti e appello alla solidarietà con i 5 detenuti del carcere di Modena

A fine novembre 5 persone detenute nel carcere di Ascoli hanno scritto un esposto alla Procura di
Ancona. In questo atto, con grande coraggio, hanno riportato quanto realmente accaduto a marzo
nel carcere di Modena e di Ascoli in seguito alle rivolte, in relazione ai pestaggi, agli spari e a alla
morte di Salvatore Piscitelli.
Il 10 dicembre sono stati trasferiti nel carcere di Modena. La scelta stessa di questo trasferimento è
subito apparsa una forte intimidazione agli occhi di chi, sin da marzo, non aveva creduto alla
narrazione delle “morti per overdose”, fossero essi/e parenti o solidali, seppur tra loro sconosciuti/e.
Le condizioni di detenzione in cui hanno tenuto i 5 ragazzi a Modena sono state altrettanto
intimidatorie: in isolamento (sanitario), con divieto di incontro tra loro, in celle lisce con vetri rotti,
senza possibilità di fare spesa e di ottenere accredito dei versamenti in tempi utili per poter fare la
spesa, senza i loro vestiti e con coperte consegnate bagnate qualora richieste.
Immediatamente, all’esterno, si è attivata un’eterogenea rete di solidarietà, costituita da parenti e
solidali, che si è mossa su più fronti: sostegno legale, saluti sotto le mura del carcere, lettere, mail di
pressione alla direzione del carcere, sollecitazioni ai garanti regionale e nazionale.
Varie testate giornalistiche, a distanza di 9 mesi dal massacro avvenuto nel carcere modenese, hanno
riportato i fatti, o si sono trovate costrette a farlo, data la forza della voce dei 5 detenuti e la
determinazione di parenti e solidali in loro sostegno. La verità è scomoda da dire e da sostenere,
infatti non in tutti i casi è stata riportata per quello che è o è stata detta parzialmente. In un caso,
invece, un giornalista è stato licenziato per l’articolo scritto.
Molti giornali e media ufficiali, a marzo, avevano riportato senza se e senza ma la voce dei
carcerieri: i 14 morti durante le rivolte di marzo, 9 dei quali deceduti a Modena o in trasferimento
dal carcere di quella città, erano morti per overdose a loro dire. Ma dei pestaggi e degli spari
nessuno aveva parlato.
A detta del carcere di Modena, gli interrogatori dei 5 uomini che hanno fatto l’esposto sarebbero
dovuti avvenire lunedì. La realtà è stata diversa: sin da venerdì 18 il procuratore ha svolto gli
interrogatori. A questi sono seguiti trasferimenti in differenti carceri. L’intento, ancora una volta, è
la frammentazione e l’isolamento.
Al momento si conoscono le destinazioni di 4 dei 5 detenuti. Tutti loro, dopo l’isolamento effettuato
a Modena, verranno sottoposti a nuovo isolamento nelle rispettive destinazioni.
Una cosa è chiara: la forza e il coraggio di queste 5 persone vanno sostenuti con forza.
La solidarietà, nelle sue molteplici forme, va portata avanti per ridurre l’effetto di questa
frammentazione.
Lanciamo un forte invito a scrivere a tutti loro! Non lasciamoli soli: una lettera, una cartolina, un
telegramma! Spezziamo l’isolamento e rafforziamo la solidarietà.

Di seguito gli indirizzi, ad ora conosciuti, delle nuove destinazioni:

Claudio Cipriani
C.C. Parma, Strada Burla 57, 43122 Parma

Ferruccio Bianco
C.C. Reggio Emilia, Via Luigi Settembrini 8, 42123 Reggio Emilia

Francesco D’angelo
C.C. Ferrara, Via Arginone 327, 44122 Ferrara

Mattia Palloni
C.C. Ancona Montacuto, Via Montecavallo 73, 60100 Ancona

Belmonte Cavazza
C.C. Piacenza, Strada delle Novate 65, 29122 Piacenza.

SE LE MURA DELLE CARCERI SONO ALTE, SE CON LA DISPERSIONE PROVANO A
DIVIDERE CHI ALZA LA VOCE INSIEME, LA SOLIDARIETÀ LE SUPERA E CI TIENE
UNITE/I.

L'unica sicurezza è la libertà. Saluto ai detenuti di Regina Coeli

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Durata 9m 30s

Questa mattina un gruppo di solidali e parenti di detenuti, si è recato davanti al carcere di Regina Coeli per portare un saluto a chi è rinchiuso dentro, per continuare la protesta contro la situazione gravissima in cui versano le carceri ai tempi del covid, per ricordare le morti che hanno insanguinato e continuano a insanguinare le galere in questi mesi.

Una voce dalla piazza

Contro il Carcere 4 Dic

Data di trasmissione
Durata 1h 0m

La Gabanelli sul Corriere si lamenta che i carcerati non pagano i debiti con lo stato, sono loro i grandi evasori, ahahah!  Perché i reati diminuiscono e le persone in carcere aumentano?.C’è corrispondenza tra delitto e suo castigo?

Un altro morto nel carcere di Poggioreale

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Durata 12m 40s

Dalla rivolta nel carcere di Poggioreale sono saliti a 3 i morti: due sono suicidi, l'altro -pare - una morte per infarto. Delle morti che non fanno che confermare le terribili condizioni di vita nel carcere.

In solidarietà con la lotta dei detenuti è stato convocato un presidio sotto Poggioreale per venerdì 12 luglio.

Una compagna ci racconta la situazione e le prossime iniziative.