In seguito all'epidemia legata al Covid_19, dilagano le proteste nei centri di espulsione di tutta Europa. In collegamento telefonico con compagne dalla Francia e dalla Spagna, un aggiornamento su cosa sta accadendo.
Nonostante il tentativo di boicottaggio in extremis da parte della magistratura amministrativa, che ha dichiarato destituito dalla sua carica il presidente catalano Quim Torra, il governo presieduto dal socialista Pedro Sanchez pare sia in procinto di essere varato, grazie all'astensione delle forze di sinistra catalane, basche e galiziane e all'alleanza con il partito nazionalista basco. Una coalizione anomala, che dovrà affrontare i borbotti di parte dell'establishment socialista, l'opposizione della destra istituzionale e l'ostilità di quello "Stato profondo" - composto da burocrazia, forze armate, magistratura e potentati economici - che continua ad essere emanazione diretta del vecchio regime franchista.
Continuano le trattative per la formazione del nuovo governo spagnolo, complicate dal fatto che la coalizione fra socialisti e Podemos non ha raggiunto la maggioranza parlamentare alle ultime elezioni e c'è bisogno dunque di trovare appoggi anche altrove. Con Victor, uno dei nostri corrispondenti da Barcellona, gli ultimi aggiornamenti sull'andamento delle trattative e sull'atteggiamento dei movimenti politici e sociali di opposizione.
Le elezioni generali nello Stato spagnolo non hanno sbloccato, come avrebbe voluto invece Pedro Sanchez, segretario del PSOE, che le aveva fortemente volute, la situazione politica. Socialisti e popolari si confermano rispettivamente prima e seconda forza politica, ma senza la possibilità di poter formare un governo in solitudine, la sinistra di Podemos perde qualcosa. avanza l'estrema destra di VOX a scapito di Ciudadanos, altra formazione di destra che sembrerebbe aver esaurito in pochi anni la sua spinta propulsiva. Tutto questo mentre la situazione in Catalogna continua ad essere incandescente, oggi addirittura è stata bloccata la frontiera fra lo stato Francese e quello spagnolo.
Il nostro corrispondente da Barcellona ci racconta l'atmosfera che si respira in Catalogna, da Bilbao invece il commento sulle elezioni nel Paese Basco (dove nessun parlamentare della destra è stato eletto e dove, in Navarra, è diventata deputata la madre di uno dei ragazzi implicati nella montatura giudiziaria di Alsasua) e su quanto si muove all'interno della sinistra indipendentista.
Ceuta e Melilla, in occasione della riapertura del Processo Tarajal, per l'uccisione di 15 persone migranti da parte della polizia di frontiera dello stato spagnolo. Poi una breve panoramica sulla politica delle 'devoluciones en caliente'
Come ogni anno, lo scorso 11 settembre Barcellona è scesa in piazza per la Diada, la festa nazionale che ricorda la caduta della capitale catalana nelle mani dei Borbone l'11 settembre del 1714. Oltre 700.000 persone sono scese in piazza, con una cospicua presenza della sinistra indipendentista, per continuare a chiedere la liberazione delle e dei prigionieri politici e degli esiliati e per il riconoscimento del diritto all'autodeterminazione.
Sullo sfondo, le consultazioni del leader socialista Pedro Sanchez per formare un governo nazionale, che però rimane ancora lontano (e potrebbe invece avvicinarsi l'indizione di nuove elezioni) e gli aggiornamenti sulla coalizione che governa la città di Barcellona, con i socialisti locali che sembrano avere decisamente in mano il pallino.
Con il nostro corrispondente da Barcellona commentiamo i risultati elettorali nello Stato spagnolo, dove alle europee erano abbinate anche le elezioni amministrative nei comuni e nella maggior parte delle regioni. A livello nazionale vincono i socialisti di Pedro Sanchez, arretrano le destre di Partido Popular, Ciudadanos e Vox così come Podemos. A livello municipale risultati contrastanti, spiccano le sconfitte delle sindache uscenti di Madrid, Manuela Carmena, e Barcellona, Ada Colau.
Le elezioni generali in Spagna del 28 aprile, le terze in meno di quattro anni, hanno visto il successo dei socialisti capeggiati da Pedro Sanchez, che però non dispongono della maggioranza necessaria per governare da soli. Ottimo anche il risultato delle forze indipendentiste e autonomiste in Catalogna e Paese Basco; arretra ma resiste Unidas Podemos, la formazione capeggiata da Pablo Iglesias. La destra, divisa in tre partiti, segna il passo, ottenendo comunque oltre il quaranta per cento dei voti. Va bene ma non sfonda Vox, il partito neofranchista nato da una costola del Partido Popular.
Per analizzare il voto di domenica, con attenzione particolare a quanto accaduto in Euskal Herria e Catalogna, abbiamo interpellato Nicola, nostro corrispondente da Bilbao, e Victor Serri, giornalista de La Directa di Barcellona.
Mancano trenta giorni alle elezioni che, per la quarta volta in tre anni e mezzo, rinnoveranno il Parlamento dello Stato spagnolo. Nel frattempo continua, fra le polemiche, il processo contro dirigenti e militanti catalani accusati di alto tradimento.
Ci fornisce gli aggiornamenti su queste vicende Victor, uno dei nostri corrispondenti da Barcellona.