E' di ieri la notizia che un attacco compiuto da droni di fabbricazione turca dell'aviazione etiope su un campo profughi ha provocato oltre 50 vittime civili. Si tratta dell'ennesima strage di un conflitto che continua ad insanguinare il corno d'Africa, nonostante si sia verificato qualche timidissima apertura diplomatica da parte del governo centrale di Addis Abeba. Sulla guerra civile in corso abbiamo chiesto allo storico Matteo Dominioni di fare il punto della situazione.
della situazione in Mali dopo il secondo colpo di Stato nel Paese in meno di due anni, appena 9 mesi dopo il precedente golpe dell'agosto 2020. La crisi inizia il 24 maggio del 2021, quando il colonnello Assimi Goita ha arrestato il presidente Bah N’Daw e il primo ministro Moctar Ouane dichiarandosi Presidente della transizione e promettendo che avrebbe portato il Paese alle elezioni legislative e presidenziali nel febbraio 2022;
di Etiopia dove si aggrava la crisi economica ed umanitaria creata dalla guerra che da oltre un anno sta devastando il paese;
ed infine della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), nel cuore del continente africano, che contiene quantità considerevoli di minerali diventati indispensabili per l’economia moderna: litio, cobalto, coltan e altri composti utili per la fabbricazione di telefoni e batterie. Nella regione è in corso un braccio di ferro tra il presidente congolese Félix Tshisekedi e i potenti interessi economici cinesi attirati nel paese dal suo predecessore, Joseph Kabila.
In Etiopia le milizie tigrine del TPFL sono giunte a duecento chilometri a nord della capitale Addis Abeba, quelle Oromo addirittura quaranta chilometri a sud della metropoli. Il governo centrale continua nei proclami incendiari mentre la comunità internazionale sta alla finestra. La nostra corrispondenza con lo storico Matteo Dominioni.
Sudafrica nel caos dopo l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma, oltre 200 morti. La violenza è scoppiata nelle province di KwaZulu-Natal e Gauteng per poi propagarsi in quelle di Mpumalanga e Capo Nord.
Aggiornamenti sulla situazione in Etiopia e sulla grave crisi in Tigray.
Kenya, non basta la tragedia ambientale ed i 13 morti nell’esplosione di una cisterna di petrolio avvenuta il 17 luglio, si progetta un nuovo oleodotto.
Radio Africa ci aggiorna sulla grave situazione in Tigray, sulle ripercussioni in Etiopia e nei paesi vicini; parla delle proteste in Sudan e della repressione operata dalle forze di polizia contro i manifestanti nel regno di Eswatini.
Si sono tenute le elezioni in Etiopia in un clima di guerra nel Tigray,in molte zone non si è potuto votare ed il primo ministro Ahmed cerca una legittimazione nonostante le tensioni interetniche che hanno provocato centinaia di morti e una violenta repressione ,la guerra nel nord che aveva promesso breve ed invece si susseguono i massacri indiscriminati ,le truppe eritree sono nel territorio etiope e la fame minaccia gli abitanti del Tigray,nelle altre regioni i partiti di opposizione hanno boicoattato l'appuntamento elettorale e si accrescono anche le tensioni con il Sudan e l'Egitto a causa della diga del Rinascimento .
Anche in Algeria si è votato per l'assemblea nazionale in elezioni volute dal presidente ma boicotatte dal popolo algerina ,l'astensione ha raggiunto picchi del 70 per cento ,il movimento Hirak ha contestato la scelta del presidente definendola una mascherata elettorale e una fuga in avanti.
Un parlamento delegittimato dovrà nominare un nuovo governo mentre il paese si avvita in una crisi senza fine.
Matteo Dominioni, storico e ricercatore attivo soprattutto nel campo dell'analisi del passato coloniale italiano, presenta ai nostri microfoni la sua ultima fatica, I prigionieri di Menelik, 1896-1907, Storie di soldati italiani nella Guerra d’Abissinia.
La battaglia di Adua del 1° marzo 1896 fu una sconfitta epocale per l’Italia. Morirono 4.424 uomini, più di tutte le battaglie risorgimentali nel loro insieme, 1.744 furono i prigionieri e i reduci (il 43% del contingente di 9.441 nazionali) tornarono nelle retrovie in Eritrea in condizioni drammatiche. Il volume racconta le storie dei prigionieri che rimasero in Etiopia un anno fra immani sofferenze, le vicende legate alle trattative di pace e all’invio delle prime missioni umanitarie e quanto lo shock del 1° marzo influenzò la politica di raccoglimento.
Con Valentina Fusari, ricercatrice dell'Università di Pavia e docente di Popolazione, Sviluppo e Migrazioni, approfondiamo le origini dell'attuale guerra del Tigray: partendo dalla colonizzazione italiana e giungendo fino ai giorni nostri, si analizzano le ragioni e le ripercussioni dell’ultima crisi umanitaria. A seguire, voci e racconti di donne e uomini presenti in piazza domenica 14 febbraio alla manifestazione "Fermiamo la guerra nel Tigray" indetta dall'Associazione Donne del Tigray.
Domani, 14 febbraio, dalle 10 alle 13 manifestazione in piazza della Repubblica indetta dalla Associazione donne del Tigray. Nel comunicato leggiamo: "Da oltre due anni la Regione del Tigray è assediata dagli eserciti etiopi ed eritrei, che bloccano i viveri e rifornimenti alla popolazione tigrina. I bombardamenti sulla popolazione civile inerme, su aeroporti ed ospedali si susseguono ininterrottamente. Sono passati tre mesi da quando il Tigray è stato invaso. I militari commettono sempre più di frequente attacchi alle donne, stupri, violenze fisiche e psicologiche".
Parliamo della situazione del Tigray e in particolare della catastrofe umanitaria che prosegue nel silenzio dei media e della comunità internazionale con RadioAfrica e con una esponente della Associazione Donne del Tigray che invita tutte e tutti alla manifestazione di domani