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Covid19

La salute non è una merce

Data di trasmissione
Durata 12m 31s
Durata 4m 43s

Diretta dal presidio sotto la Regione Lazio, p.zza Oderico da Pordenone.

 

LA SALUTE NON E’ UNA MERCE!


MASSICCIO PIANO DI ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO NELLA SANITÀ PUBBLICA

ABOLIZIONE LISTE DI ATTESA E INTRAMOENIA

ACCESSO UNIVERSALE ALLA SANITÀ (No legge Renzi/Lupi art.5)
POTENZIAMENTO MEDICINA TERRITORIALE E DOMICILIARE

CONSULTORI IN OGNI TERRITORIO SENZA LIMITI DI ETÀ, GENERE, ORIENTAMENTO
SESSUALE
UNA SANITÀ PUBBLICA UNICA, GRATUITA, UNIVERSALE, LAICA, UMANIZZATA

Nonostante si faccia un gran parlare di Sanità pubblica e di incrementare l'assistenza territoriale quello a cui
stiamo assistendo è un proliferare senza limiti di strutture private che mettono sul mercato visite, prestazioni,
trattamenti a pagamento facendo tesoro della paurosa carenza dei servizi pubblici. La situazione era già
drammatica prima della pandemia.

Questi mesi di stop quasi completo di tutta quella sanità non legata al COVID costituiscono un ulteriore grave
problema di salute che andrebbe affrontato con una capillare presenza di servizi pubblici sul territorio, la fine
delle politiche delle convenzioni con i privati e con le cooperative per arrivare a una gestione diretta di tutte le
strutture con massicci piani di assunzioni e la fine del precariato dei lavoratori e delle lavoratrici del settore.

La Regione Lazio, al pari delle altre regioni, non mostra alcun ripensamento sulle sciagurate politiche sanitarie
degli ultimi decenni...anzi si adopera affinché questa pandemia si trasformi in un'occasione per un gigantesco
affare per gli speculatori dando la mazzata finale alla Sanità pubblica. Le liste d'attesa con tempi infiniti,
l'affollamento dei Pronto Soccorso, la chiusura di presidi sanitari e posti letto, la pressoché assenza di Sanità
territoriale sono frutti di precise scelte politiche di cui la Regione Lazio è responsabile. Costituiscono le
condizioni necessarie per favorire un mercato sanitario drogato dove il rischio per gli imprenditori è zero ed i
profitti enormi.

Per le oltre 600 mila prestazioni e visite inevase per l'emergenza COVID ci sono solo promesse fumose da
parte regionale. Abbiamo anche assistito all'utilizzo strumentale dell'emergenza covid per arrivare a chiudere
alcuni consultori, i quali, come Via H. Spencer 282 e Casilina 711 non sono stati riaperti, generando
accorpamenti con altri e ignorando la complessità dell'offerta sanitaria e sociale di questi spazi finalizzati alla
prevenzione e ad una risposta pubblica, totalmente gratuita e laica ai bisogni/desideri delle donne, dei giovani
e di tutte le libere soggettività.

Un fiume di soldi verso i privati che si assicurano i profitti e scaricano i costi sul pubblico e sui pazienti. La
salute diventa definitivamente e completamente una merce che è in vendita: c'è quella convenzionata, quella
del welfare aziendale, quella delle assicurazioni, quella del privato sociale, quella del privato puro...

Se ogni patologia diventa occasione di profitto perché fare prevenzione?

Conquistare una Sanità pubblica, universale, gratuita, laica non sarà né semplice né indolore e solo la
costruzione di un movimento forte, ampio, diffuso potrà permetterlo...siamo solo all'inizio.

Per sostenere queste richieste

PRESIDIO

VENERDI 26 GIUGNO 2020 DALLE ORE 15

REGIONE LAZIO

PIAZZA ODERICO DA PORDENONE

Coordinamento Cittadino Sanità
Movimenti per il Diritto all'Abitare
Coordinamento Assemblee delle Donne e Libere Soggettività dei Consultori di Roma e del Lazio
Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Spallanzani
Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Policlinico
Comitato di Lotta Quadraro
Centro Sociale Ipò Marino
Comitato contro l'Inceneritore di Albano
Casale Alba 2
Frazione Anticapitalista
Comitato di Difesa della Costituzione XXII° Municipio
Casa del Popolo "Giuseppe Tanas"
ATTAC Roma
Reti di Pace
Lavoratrici e lavoratori Appalti ASL RM2

USA: COVID-19 nelle carceri e le provicazioni della destra

Data di trasmissione
Durata 4m 21s

E’ un po’ di tempo che non parliamo della situazione sanitaria nelle carceri Americane. Secondo gli ultimi dati raccolti, piu’ di 46 mila persone detenute hanno contratto il virus. 548 invece sono i morti.

 

La scorsa settimana i detenuti del carcere di San Quintino a nord di San Francisco sono entrati in mobilitazione dopo che ben 300 persone sono risultate positive.

 

I casi sono esplosi dopo che 121 detenuti sono stati trasferiti a San Quintino da un’altra prigione californiana dove invece già c’erano numerosi casi di coronavirus. Nonostante questo, le autorità non hanno testato le persone prima di trasferirle favorendo in questo modo la diffusione del virus anche a San Quintino. 

 

L’obiettivo della mobilitazione e’ quello di convincere il Department of Corrections and Rehabilitation di rilasciare almeno i detenuti piu’ a rischio e di interrompere qualsiasi trasferimento di detenuti da una prigione all’altra. 

 

I detenuti chiedono anche che tutte le persone siano testate. Inoltre esigono accesso a mascherine e altri prodotti disinfettanti.

 

Infine chiedono l’installamento di un maggiore numero di telefoni per permettere a tutti i detenuti di comunicare con i propri cari soprattutto considerando che le visite sono state sospese sin da Marzo e con il numero di casi di nuovo in crescita nell’intero stato, non e’ chiaro quando saranno di nuovo permesse.

 

La situazione e’ resa ancora piu drammatica dal fatto che i detenuti sono costretti a nascondere possibili sintomi del virus per paura di essere mandati in isolamento.

 

Ricordiamo che in Aprile un giudice federale aveva bloccato un piano per il rilascio dei detenuti piu’ a rischio sostenendo che non era stato dimostrato che il sistema carcerario Californiano aveva intenzionalmente trascurato la salute dei detenuti.

 

Venerdi scorso, la stessa corte federale ha definito il trasferimento dei detenuti infetti un “significativo fallimento.” Il giudice si ‘e pero’ limitato solamente a suggerire il rilascio dei detenuti piu’ a rischio.

 

Intanto continuano le mobilitazioni contro la brutalita’ della polizia in seguito all’uccisione di George Floyd.

 

Nelle strade gli attivisti si trovano a dover affrontare non solo la polizia ma anche un destra sempre piu’ aggressiva. Secondo una ricerca pubblicata recentemente dal Chicago Project on Security and Threats tra il 27 Maggio e il 17 Giugno si sono verificati almeno 50 casi di veicoli scagliati contro i manifestanti. Di questi almeno 18 sono stati compiuti da persone legate in maniera chiara alla destra americana. 

 

Le intimidazioni non si sono fermate qui. In una piccola cittadina dell'Ohio a maggioranza bianca, una manifestazione pro Black Lives Matter e’ stata attaccata da un nutrito gruppo di uomini bianchi armati mentre in New Messico, un gruppo di manifestanti intenti ad abbattere una statua e’ stato attaccato da un altro gruppo di destra. Un manifestante e’ stato ferito da un colpo d’arma da fuoco.

 

In altre citta’, gruppi di destra si sono organizzati a difesa di alcune statue. Armati di coltelli e mazze da baseball hanno spesso aggredito passanti e giornalisti con il beneplacito della polizia.

 

Intanto l’FBI ha chiuso l’inchiesta sull cappio ritrovato nei box dell’unico pilota NASCAR di colore Bubba Wallace. Nonostante il gesto fosse una chiara risposta alla decisione della federazione NASCAR di bandire la bandiera sudista da qualsiasi manifestazione, l’FBI non lo ha ritenuto un hate crime nei confronti di Wallace.

 

Questo clima e’ stato anche in parte incoraggiato da Trump il quale ha deciso di riaprire la sua campagna elettorale con un comizio nella citta’ di Tulsa.

 

Trump non ha ovviamente scelto quella citta’ a caso. Nel 1921 a Tulsa almeno 300 neri furono uccisi e un intero quartiere, a quel tempo soprannominato the Black Wall Street fu raso al suolo. Inoltre alla vigilia dell’evento, Trump aveva Twettato un chiaro avvertimento nei confronti di qualsiasi persona avesse intenzione di contestare la sua visita. Secondo il tweet, i manifestanti avrebbero ricevuto un trattamento ben peggiore di quello ricevuto dalle forze dell’ordine a New York o Seattle perche’ a Tulsa - ha scritto -  “l’ambiente e’ completamente diverso.” Ovvio e’ il riferimento proprio agli avvenimenti del 1921.

 

Non e’ chiaro come il movimento risponderà a queste intimidazioni. In molte citta’ gli attivisti hanno intensificato le misure di sicurezza durante le manifestazioni. L’impressione e’ che comunque il movimento si sia preso un momento di pausa. Come abbiamo gia’ accennato nelle scorse corrispondenze, in queste settimane molte citta’ stanno approvando i bilanci per il prossimo anno fiscale e per questo motivo le proteste si stanno concentrando nelle aule virtuali dei vari consigli comunali per cercare di forzare le varie citta’ ad approvare ingenti tagli ai vari dipartimenti di polizia.

 

Certo e’ che le scorse settimane sono state molto intense e forse e’ arrivato anche il momento di rifiatare anche per capire come proseguire la lotta. 





 

Covid19: Guariniello e gli infortuni sul lavoro

Data di trasmissione
Durata 1h 3m 25s

Presentiamo il libro "La sicurezza sul lavoro ai tempi del coronavirus" con l'autore Raffaelle Guariniello, già procuratore aggiunto a Torino che analizza le norme sulla sicurezza sul lavoro durante questa epidamia.

USA: il covid e i nativi americani

Data di trasmissione
Durata 8m 33s

Native American

La scorsa settimana abbiamo parlato della drammatica situazione nelle comunità dei nativi americani con particolare attenzione a quello che sta succedendo nella riserva governata dalla tribù dei Navajo. 

In questi giorni, i media si sono concentrati sulle tensioni nate tra il governatore del Sud Dakota, Kristi Noem, e i Sioux. Da inizio Aprile I leader dei Sioux hanno stabilito numerosi checkpoint sulle vie di accesso alla riserva per cercare di arginare il diffondersi del virus nelle loro comunita’. Una decisione che sembra aver dato buoni risultati se si considera che nella riserva ad oggi sono stati registrati solamente tre casi di persone infette. 

Al contrario, lo stato del Sud Dakota ha registrato piu’ di 3.600 casi e almeno 39 decessi. Una differenza che puo’ essere spiegata con il fato che il Sud Dakota e’ uno degli otto stati americani che non hanno dichiarato il lockdown.

La scorsa settimana  Noem aveva dato un ultimatum di 48 ore per la rimozione di tutti i checkpoint, ma la communita’ Sioux si e’ rifiutata.

Nei gironi seguenti, il governatore e’ tornato su suoi passi anche perche’ i rapporti con le tribu’ dei nativi americani e’ prerogativa del governo federale in quanto le riserve sono territori autonomi. 

L’abbassamento dei toni e’ anche dovuto al fatto che i Sioux  e lo stato del Sud Dakota hanno un passato abbastanza burrascoso. Negli anni 70’s infatti proprio in questa riserva e’ stato arrestato il prigioniero politico Leonard Peltier accusato di aver ucciso due agenti dell’FBI proprio durante uno stand off tra rappresentanti dell’American Indian Movement e il governo federale.

 

College cercano di ottenere l'immunità 

Intanto continua il dibattito su come entrare nella fase 2 senza creare una ulteriore emergenza sanitaria.

La scorsa settimana durante una video conferenza, i rappresentanti di 14 college e universita’ americane hanno chiesto al vice presidente Mike Pence e alla ministra dell’educazione Betsy DeVos di passare una legge che garantisca una sorta di immunita’ contro qualisasi richiesta di danni da parte di studenti or lavoratori che si ammaleranno al momento della riapertura dei campus.

Dopo i produttori di carne quindi anche i presidi delle universita’ hanno cominciato a chiedere protezioni legali in cambio di una riapertura delle universita’ gia’ a fine agosto.

Come gia’ discusso nelle precedenti corrispondenze, la riapertura del paese e’ una priorita’ per Trump e il partito repubblicano. Entrambi infatti considerano una possibile ripresa economica l’unica strategia per poter vincere le elezioni presidenziali di fine novembre. 

Per questo motivo il rappresentante dei Repubblicani al Senato, Mitch McConnell ha gia’ dichiarato che nessun nuovo pacchetto di aiuti economici verra’ votato al senato se non include anche una qualche immunita’ legale per datori di lavoro, industriali e universita’.

In pratica il partito repubblicano stia usando l’approvazione dei pacchetti di aiuti economici come moneta di scambio per forzare i vari stati a riaprire. Ricordiamo infatti che secondo la costituzione Americana, gli stati e non il governo federale hanno il potere di ordinare la fine del lockdown. 

Ma come ha dichiarato in una recente conferenza stampa il leader dei repubblicani gli stati non possono da una parte ricevere gli aiuti federali e dall’altra rifiutarsi di allentare i lockdown.

Intanto sindacati e altre organizzazioni in difesa dei lavoratori e lavoratrici hanno criticato la posizione del partito repubblicano sottolineando come il vero problema sia la mancanza di linee guida x la riapertura da parte del governo federale.
 

Tesla

Ma i repubblicani non sono gli unici a sostenere che e’ arrivato il momento di riaprire tutto. La scorsa settimana Elon Musk, CEO of Tesla, la famosa marca di macchine elettriche, ha deciso di sfidare apertamente lo Stato della California e riaprire l’impianto vicino a San Francisco. 

In una serie di Tweet e una denuncia, Musk ha minacciato di trasferire l’impianto e gli oltre 100 mila posti di lavoro in un altro stato se la contea di Alameda non gli permettera’ di riaprire al piu’ presto.

In realta’ Musk non ha aspettato la risposta e come alcune fotografie satellitari dimostrano, gia’ lo scorso weekend il parcheggio dell’impianto risultava pieno di macchine a dimostrazione che la catena di montaggio era gia’ ripartita.

Ricordiamo che Musk aveva gia’ cercato di forzare la mano rifiutando di chiudere lo stabilimento ad inizio marzo quando le contee situate vicino a San Francisco avevano deciso di dichiarare il lockdown. Dopo varie trattative, Musk decise di farlo ma ormai era gia’ passata una settimana.

Un portavoce della contea ha detto che sono state aperte delle trattative con Tesla per cercare un compromesso. Il fatto che Musk abbia cancellato molti dei tweet di minaccia che aveva pubblicato sembra confermare che i colloqui siano effettivamente cominciati. 

Alcune indiscrezioni parlano di un piano di riapertura presentato dalla Tesla nella quali si descrivono le misure che verranno adottate per la salvaguardia dei lavoratori e lavoratrici. 

Il piano e’ stato accolto con freddezza dai sindacati. Il fatto e’ che gli operai dello stabilimento Californiano non erano al sicuro neanche prima dell’arrivo del virus. Infatti gia’ nel 2018 un’indagine giornalistica aveva rivelato come gli infortuni negli stabilimenti Tesal fossero ben piu’ numerosi di quelli ufficialmente dichiarati dalla casa automobilistica e al di sopra della media nazionale. Accuse che spinsero lo stato della California a convocare Elon Musk per chiedere chiarimenti.

Industrie sul confine messicano-americano forzate a rimanere aperte

Ma la questione della riapertura delle industrie non riguarda solamente le industrie negli Stati Uniti. 

Sin dall’inizio della crisi,  il governo Messicano ha ricevuto molte pressioni da parte degli Stati Uniti perche’ tenesse aperti i piu’ di 6 mila stabilimenti di proprieta’ di industriali americani situati vicino al confine con gli Stati Uniti. 

Molte di queste industrie hanno chiuso solamente per alcuni giorni senza peraltro introdurre alcune misura sanitaria d’emergenza per proteggere gli operai dal virus. 

Non sorprende quindi che molti di questi stabilimenti abbiano avuto un ruolo importante nella diffusione del virus nell’area di confine con il caso piu’ drammatico nello stabilimento tessile di proprieta’ dell’americana Lear Corp dove almeno 18 operai sono morti a cause del virus.

Come in altri paesi, anche in Messico sono autorizzati a rimanere aperti solamente gli stabilimenti che producono generi di prima necessità ma la maggior di questi stabilimenti hanno contratti per forniture militari per il Pentagono. 

Recentemente l’ambasciatore Americano in Messico ha pubblicato un tweet in cui sosteneva la necessita’ di trovare un modo di salvaguardare la salute dei lavoratori senza interrompere l’arrivo delle forniture negli Stati Uniti.

I leader dello stato messicano di Baja California, uno degli stati con il piu’ alto numero di industrie di proprieta’ americana,  hanno ribadito che gli stabilimenti che vogliono riaprire dovranno rispettare le direttive sanitarie date dal governo ma i sindacati hanno sottolineano come in Baja California, uno stato che si estende per piu’ di 70 mila chilometri quadrati, ci siano solamente 15 ispettori addetti ai controlli.


Situazione economica

Chiudiamo questa corrispondenza con un breve sguardo alla situazione economica negli Stati Uniti. 

Il numero di persone che hanno fatto domanda per l’assegno di disoccupazione ha ormai superato i 36 milioni. Mentre il capo della banca centrale americana, Jerome Powell ha confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che questa crisi economica sta colpendo maggiormente le fasce più deboli della società. 

Durante una conferenza stampa, Powell ha infatti sottolineato come il 40% delle famiglie con un reddito annuo inferiore ai 40 mila dollari hanno perso il lavoro.  

Numeri di questo genere di non si vedevano dai tempi della depressione degli anni 30 e gli esperti cominciano a descrivere scenari catastrofici per il futuro del paese. 

Secondo uno studio pubblicato dalla Columbia University, gli Stati Uniti potrebbero registrare un aumento del numero dei senzatetto del 45% in un solo anno.

Non sorprende quindi che con settimane di ritardo il Congresso a maggioranza democratica abbia approvato un nuovo pacchetto di aiuti destinati proprio ad evitare una devastante crisi abitativa.

Il piano prevede lo stanziamento di oltre 100 miliardi di dollari in aiuti per le famiglie che hanno problemi a pagare l’affitto. Altri 11 miliardi sono stati invece stanziati per programmi in supporto delle persone che la cass l’hanno gia’ persa. 

Il partito Repubblicano ha gia’ detto pero’ che non approvera’ il piano proposto dai democratici sostenendo che ancora non si hanno i dati per valutare gli effetti dei primi due pacchetti approvati nelle scorse settimane e che quindi una nuova iniezione di fondi e’ prematura.

In realta’, come abbiamo gia’ detto in precedenza, i repubblicani vogliono usare l’approvazione di queste misure come moneta di scambio per forzare gli stati ad allentare i lockdown.

Il ricatto probabilmente funzionera’ perche’ gli stati hanno un estremo bisogno dei fondi federali. 

Entro il prossimo mese infatti gli stati dovranno approvare il bilancio per il prossimo anno e molti governatori hanno gia’ annunciato pesanti tagli per quello che riguarda l’educazione, sanita’ e servizi sociali.

Le prossime settimane ci diranno quindi come gli Stati Uniti pensano di uscire da questa crisi. Da una parte c’e’ l’arroganza di imprenditori come Elon Musk e Jeff Bezos e le strategie politiche dei repubblicani, dall’altra la disperazione di milioni di persone pronte a rischiare la propria vita per riuscire semplicemente a sopravvivere.