Radio Onda Rossa tiene da sempre una fitta corrispondenza con le persone detenute. Riceviamo tante lettere che raccontano la quotidianità e la vita ristretta, storie di solidarietà ma anche - tante - storie di abusi. Queste ultime in particolare non hanno nessuna possibilità di emergere perché alle/ai detenute/i viene tolta la voce. Leggiamo alcune lettere che ci sono arrivate nelle ultime settimane da diversi penitenziari d'Italia. Con l'occasione, vi ricordiamo la prossima uscita di Scarceranda 2024. Inoltre presentiamo un'iniziativa che si svolgerà questo sabato (18 novembre) alle ore 19 a Logos, festival della parola.
I prigionieri e le prigioniere prendono parola.
Sono sempre poche le voci che si esprimono sul carcere, sulla sua funzione e sulle sue progressive trasformazioni indissolubilmente legate a quelle dei tempi della società in cui è inserito.
Quelle poche diventano un numero più alto quando qualcosa accade al suo interno. Quando la sua quotidianità viene, per qualche ragione, interrotta.
A quel punto, però, i mass-media riportano solo le testimonianze di chi sembra essere l’unica fonte attendibile: i sindacati di polizia penitenziaria.
E le voci di chi vive la galera sulla propria pelle? Silenziate...
Quelle devono essere alte, molto alte, per essere ascoltate.
E a volte diventano urla.
È accaduto durante le rivolte dei prigionieri e delle prigioniere negli anni ‘70, quando anche fuori quelle mura la società era in piena trasformazione, grazie alle lotte portate avanti su tanti fronti (da studenti, lavoratori, donne...) e la connessione tra “dentro” e “fuori” era intensa e costante.
È accaduto nel marzo 2020, quando la paura del contagio e l’isolamento dai propri affetti (con l’interruzione dei colloqui familiari - detenuti) hanno vinto sulla rassegnazione in cui, negli ultimi anni, sembrava fossero cadute la maggior parte delle persone detenute.
Rivolte decise, esplosioni di rabbia. Forse non paragonabili a quelle di 50 anni prima per progettualità. Ma il grido diceva “noi esistiamo!” a fronte dell’assoluto disinteresse dello Stato nei loro confronti.
Rivolte sedate con violenza inaudita, anche a distanza di mesi, come accaduto a Santa Maria Capua Vetere (perché lo Stato non dimentica) e che hanno causato la morte di ben 14 persone, di cui 9 a Modena.
Ieri come oggi?
Quale era il tessuto prigioniero degli anni ‘70 e quale quello attuale?
Perché proprio a Modena la repressione si è manifestata nel modo più violento, provocando una strage mai avvenuta prima?
Perché a Santa Maria Capua Vetere, quella che da più parti è stata definita una mattanza, è avvenuta un mese dopo quelle rivolte?
E oggi, cosa sta accadendo all’interno delle mura perimetrali che delimitano l’isolamento tra chi è fuori e chi è dentro?
Come provare a superarle per ascoltare le voci che da lì dentro provengono?
Abbiamo scelto di confrontarci e approfondire questi temi in una tavola rotonda con gli autori di tre importanti volumi che negli ultimi anni hanno trattato di questi temi:
- L’aria brucia di Antonio Susca e Giancarla Rotondi
- La Settimana Santa di Luigi Romano
- Morti in una città silente di Sara Manzoli.
Ci vediamo sabato 18 novembre ore 19 a Logos festa della parola.
Facciamo un punto settimanale sulla situazione negli Stati Uniti d'America: women's march, la seconda manifestazione oceanica delle donne contro Trump; lo sciopero nelle carceri statunitensi continua e infine la guerra a parole di Trump e Erdogan.
Oggi la Corte costituzionale emetterà la sentenza se mantenere le ulteriori restrizioni al regime carcerario 41bis, oppure permettere di ricevere libri e riviste. Ripercorriamo la storia del 41bis e le sue evoluzioni peggiorative, al punto che si caratterizza oggi come imposizione di regime di tortura.
Oggi è possibile iniziare un percorso per un movimento abolizionista del carcere. Quasi ultimati i lavori per la casa famiglia per donne detenute con figli piccoli...e siamo al 2016. Rubare per fame non è reato, riattivato -dopo tanto tempo- lo "stato di necessità".
Denuncia de l'Espresso sull'uso massiccio degli psicogfarmaci per "addormentare" i detenuti e renderli dipendenti da queste sostanze. Le più diffuse tra circa il 75% dei detenuti che ne fa uso: Prozac, stabilizzatori dell’umore, come il litio, le benzodiazepine, farmaci utilizzati per combattere l’insonnia, l’ansia e le convulsioni. Sarebbe il caso di domandarsi il perché in carcere si sofre di ansia, convulsioni, insonnia, depressione... forse è il carcere patogeno, produttore di mmalattie.
27 gennaio, giorno della memoria, per ricordare i campi di concentramento. Le deporrtazioni, l'annichilimento, la devastazione interiore, lo sterminio. La Shoah! Cos'è e dove nasce il campo di concentramento? A quali principi si ispira? E' diverso dal carcere oppure proviene dagli stessi principi concentrazionari? Ricordare per capire, per individuare i meccanismi responsabili di questi obbrobri. Il carcer è ancora in funzione!
Il ministro della giustizia: al 31 dicembre 52.164 presenza in carcere, diminuiti notevolmente rispetto ai 67.971del 2011, in misura alternativa sono 39.274 rispetto ai21.494. questa è la tendenza, dice Orlando, diminuzione presenza in carcere e aumento del "controllo penale esterno" ossia nel territorio. Creare nel territorio un carcere invisibile, ma funzionale a un maggior controllo. Difatti il totale delle persone controllate oggi sono 91.438, mentre nel 2011 erano 89,465, senza alcun allarme né emergenza.
Anche in Inghilterra esplode la smania del lavoro gratuito/lavoro forzato ai carcerati. Dovrebbero costruire indumenti tende e coperte per l'esercito inglese. Lavoro rieducativo? L'affettività dentro il carcere? E' meglio fuori.