In collegamento telefonico con un compagno e una compagna ci facciamo raccontare cosa sta avvenendo nella tendopoli di San Ferdinando in Calabria e nelle campagne foggiane, a che punto sono le lotte di chi lavora in queste zone e le difficoltà che stanno affrontando.
In studio e soprattutto attraverso le voci dei parenti delle persone detenute e di chi è uscito da poco, proviamo a ricostruire quello che sta avvenendo nelle carceri italiane e non solo. Durante la trasmissione tanti i saluti e i messaggi ai detenuti di Rebibbia.
In collegamento telefonico con un compagno di Torino iniziamo una riflessione su quanto sta avvenendo nelle ultime settimane dopo l'esplosione dell'epidemia coronavirus. Di seguito il link con il testo "Appunti sull'epidemia in corso".
In seguito all'epidemia legata al Covid_19, dilagano le proteste nei centri di espulsione di tutta Europa. In collegamento telefonico con compagne dalla Francia e dalla Spagna, un aggiornamento su cosa sta accadendo.
Dopo le proteste e le rivolte che hanno coinvolto buona parte delle carceri italiane, le risposte del governo sono state poche e insufficienti. Ne parliamo con un avvocato del foro di Roma, cercando di fare chiarezza su cosa dice il decreto Cura Italia del 17 marzo. In studio e in collegamento telefonico con una compagna della Rete Evasioni aggiornamenti su quanto sta avvenendo nelle carceri in questi giorni, in Italia e in altre parti del mondo.
I fatti che si sono susseguiti dopo la diffusione del coronavirus sono sotto gli occhi di tutti e tutte. In tutta Italia è esplosa la protesta nelle carceri. Dalle condizioni igieniche e sanitarie, da tempo al collasso, alle restrizioni dei colloqui giustificate dall'emergenza, un coro di rabbia si è levato da Nord a Sud: indulto e amnistia.
Nella trasmissione di oggi collegamenti con diverse città per ascoltare, dalla voce dei parenti e di chi ha sostenuto da fuori le rivolte, cosa sta accadendo e cosa accadrà nel breve periodo.
Non ci fermano sgomberi né repressione! Case, documenti e contratti subito!
Oggi per le strade di Foggia ha avuto luogo un grande momento di lotta, che ha dimostrato a tutti, ancora una volta, con quanto coraggio e determinazione e i lavoratori e le lavoratrici delle campagne continuino a battersi per ottenere case normali, documenti, contratti di lavoro.
Le minacce e intimidazioni di ieri da parte delle forze di polizia nei confronti degli abitanti del CARA di Borgo Mezzanone, anziché intimorire chi vive lì, hanno dato vita ad una lungo pomeriggio di resistenza e all’organizzazione di una grande mobilitazione oggi: dalle 11 di questa mattina gli abitanti del CARA e della pista adiacente hanno tenuto un presidio davanti alla prefettura di Foggia, determinato e rumoroso, che ha urlato a gran voce la volontà di porre fine a qualsiasi forma di sgombero, e per chiedere ancora una volta permessi di soggiorno per tutti: la legge stesse infatti rende irregolari le persone costringendole all’impossibilità di accedere ad un affitto di casa o ad un contratto regolare di lavoro.
Una delegazione è stata ricevuta dal prefetto, che ha ribadito l’ impossibilità di impedire l’esecuzione dello sgombero, trattandosi un ordine che arriva dal governo. La settimana prossima quindi torneranno a sgomberare il CARA, offrendo come unica alternativa per chi ha il documento il trasferimento in non ben identificati centri di accoglienza (non si sa se della zona o sparsi nel territorio nazionale) e lasciando ovviamente per strada chi si trova ad essere irregolare. Il prefetto dichiara inoltre che in 5 mesi il governo darà il via ad una sanatoria che permetterà di ottenere permessi di soggiorno e sbloccare situazioni di stallo presso le questure: notizia da verificare ma che sarebbe il risultato certamente anche di anni di lotte e pressioni affinché tutti possano essere regolarizzati.
Ormai da un anno si susseguono sulla pista adiacente al CARA operazioni di sgombero di alcune aree, a volte anche molto estese, alle quali gli abitanti già in passato, come a luglio 2019, hanno risposto con una forte resistenza: operazioni fortemente volute dal governo Salvini ma che l’attuale governo prosegue volentieri con solerzia. L’accelerata sullo sgombero del CARA ha sicuramente a che vedere con l’arrivo dei finanziamenti per il Contratto Istituzionale di Sviluppo di capitanata, piano di finanziamenti straordinari destinati al “ rilancio e allo sviluppo della Capitanata”, di cui è responsabile l’amministrazione provinciale. E’ stato sottoscritto infatti il 19 febbraio l’atto che regolamenta le modalità di trasferimento e di gestione delle risorse finanziarie per gli interventi contemplati dal CIS Capitanata, tra cui vengono citati la “bonifica e valorizzazione del campo di Borgo Mezzanone, per un importo di 3.446.000 euro (https://www.immediato.net/…/partono-i-cantieri-del-cis-cap…/). Come un copione che si ripete in tante diverse zone di questo paese, valorizzare un territorio e favorirne lo sviluppo fa il pari con politiche di “pulizia” sociale ed etnica: i poveri, peggio ancora se neri, che vivono nelle baracche e sono spesso descritti, dalle istituzioni razziste e dai media a queste asserviti, fonte di “degrado”, devono essere assolutamente rimossi da quel luogo.
Questione ancor più grave se si pensa al momento di emergenza i cui ci troviamo: il governo, mentre attua misure da quarantena collettiva, ritiene che chi vive nei ghetti non solo non debba essere tutelato, ma possa essere esposto con violenza ed in maniera studiata ad una situazione di estrema vulnerabilità e precarietà, come quella di rimanere senza una casa. Questa situazione esporrebbe certamente tutta la popolazione del luogo al pericolo sanitario in corso: dovremmo esplodere di rabbia contro queste decisioni scellerate delle istituzioni, italiani e immigrati insieme, visto che è chiara la colpa di chi sta mettendo a repentaglio la salute di tutti!
Saremo come sempre al fianco di questi lavoratori e lavoratrici che da anni lottano e resistono. Non ci lasceremo intimorire né dai tentativi di sgombero né dalla repressione che ci vuole impedire di dare solidarietà, di stringerci, di continuare a lottare.
L’IMMIGRAZIONE NON E’UN CRIMINE! LA SOLIDARIETA’ NON E’ UN REATO!
CASE, DOCUMENTI E CONTRATTI PER TUTTI, SUBITO!
La storia dei Centri di reclusione per immigrati (prima Cpt, poi Cie, ora Cpr) è una storia segnata da una conflittualità permanente di cui si sono fatti carico in prima persona i reclusi e che, di rivolta in rivolta, era giunta alcuni anni fa a compromettere seriamente la macchina della “detenzione amministrativa” e delle espulsioni. Negli ultimi mesi, mentre si procede al riallestimento di nuovi o rinnovati lager (“uno per ogni regione”, secondo i progetti che la Lega ha ereditato dal Pd), si sono verificate diverse esplosioni di rabbia in quei luoghi infami. Alcuni spunti di riflessione a partire da una chiacchierata con alcuni compagni e compagne di Torino.
Un testo scritto da chi vive nel Cas di Via Mattei (Bologna). Sabato 22 febbraio (ore 15 in Montagnola, lato piazza VIII agosto) saremo al loro fianco per supportare la loro protesta.
Alcune/i solidali
Siamo le persone che abitano nel CAS di via Mattei. Prima stavamo in altri centri gestiti da Lai Momo e non abbiamo capito perché ci hanno portato via da lì all’improvviso portandoci nel CASdi via Mattei senza spiegazioni. Perché ci hanno deportati lì dentro? Le cooperative, la prefettura e il governo hanno deciso al nostro posto dove e come dobbiamo vivere da quando siamo arrivati in Italia, e da novembre hanno deciso di buttarci qui. Ci sembra di essere stati gettati in prigione ed esclusi dalla società.
Per noi questo posto è una prigione ed una tortura mentale. Non ci sono cure mediche, il posto è sporco, 10 persone o più vivono in una stanza… A nessuno importa del nostro benessere. Non c’è la possibilità di cucinare in autonomia. Per entrare ed uscire dobbiamo usare il badge. Le condizioni igieniche fanno schifo e ci si ammala facilmente. Quando qualcuno si ammala, deve fare tutto da solo acquistando i farmaci. Ma come facciamo a comprare i farmaci se non possiamo lavorare? E come possiamo lavorare se non abbiamo i documenti? E chi ha il permesso di 6 mesi e sta lavorando ha dei contratti di 1 solo giorno. Immaginate se la persona non parla bene l’italiano, è tutto ancora più difficile. Ci sono operatori che affermano di lavorare per noi, però ci trattano come animali e sono proprio dei guardiani.
Questa non è vita, noi vogliamo libertà, documenti, e possibilità di decidere sulla nostra vita.
SE LA SCHIAVITÙ NON È ANCORA FINITA, DOBBIAMO DIRLO.