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silenzio assordante

Da Foggia a San Ferdinando: la lotta nelle campagne

Data di trasmissione
Durata 31m 49s

Dopo gli ultimi fogli di via a carico di due compagne, in collegamento telefonico ci aggiorniamo sulla situazione di chi lavora nelle campagne del sud Italia.

 

FOGLI DI VIA E DENUNCE PER LE COMPAGNE FERMATE A SAN FERDINANDO: SIETE VOI AD AVERE PAURA

Le due compagne, finalmente rilasciate dopo un fermo di sei ore presso il commissariato di Gioia Tauro per il semplice fatto di trovarsi nei pressi della tendopoli, hanno entrambe ricevuto fogli di via di tre anni dal comune di San Ferdinando e una denuncia per interruzione di pubblico servizio. Lo scopo di queste brutali misure repressive e' ovviamente intimidatorio, finalizzato a controllare, isolare, e spaventare i lavoratori migranti di tutte le campagne e i solidali.

Ma ancora una volta è l'autorità a mostrarsi debole, tentando di stroncare sul nascere ciò che sa di non poter contenere né reprimere. Mentre le compagne erano trattenute in stato di fermo, le numerose macchine della polizia che costantemente piantonano la tendopoli sono state cacciate dagli insulti degli abitanti. La Lotta non verrà spezzata da due fogli di via, non sarà questo a intimorire chi vede i propri amici e i propri compagni morire di razzismo e sfruttamento.

Non vi sarà paura ma soltanto altra rabbia, ci vogliono deboli e silenziose, ci troveranno sempre più risolute.

SOLIDARIETÀ ALLE COMPAGNE E A TUTTI I LAVORATORI E LE LAVORATRICI DELLA PIANA

41bis: domenica 10 novembre presidio al carcere dell'Aquila

Data di trasmissione
Durata 31m 19s

10 novembre L’Aquila – Presidio al carcere

Da pochi giorni Anna, prigioniera anarchica rinchiusa nella sezione AS2 del carcere de L’Aquila, è stata trasferita nel carcere di Lecce. Stessa cosa è avvenuta per l’altra donna rinchiusa in quel reparto.

Ciò indica l’attuale chiusura della sezione, obiettivo per il quale, a inizio estate, era stata messa in campo una forte mobilitazione. La protesta aveva visto le compagne, lì recluse, mettere in atto un lungo sciopero della fame al quale hanno aderito anche molti altri compagni detenuti in altre carceri italiane. Moltissime sono state le azioni e le dimostrazioni di solidarietà verso quella lotta e non solo da fuori le galere.

Tra queste, un segnale molto importante era venuto proprio dalle battiture quotidiane compiute da alcuni detenuti e detenute in regime di 41Bis del medesimo carcere abruzzese. Un segnale di solidarietà straordinario, compiuto da persone rinchiuse in condizioni che non ci stancheremo mai di definire come TORTURA, le quali sono sotto il continuo ricatto di provvedimenti e ammonizioni anche per molto meno.

L’attuale svuotamento della sezione AS2 de L’Aquila non sarà mai motivata, da parte del DAP o da qualsiasi altra istituzione, come il risultato della lotta dei detenuti.
Né per noi può essere considerata altro che un miglioramento momentaneo, all’interno di un’ingiustizia che rimane intatta e verso la quale non dobbiamo smettere di lottare: il sistema carcerario.

Tornare fuori dalle mura di quel carcere è un passaggio importante per comunicare con le persone ancora lì rinchiuse, che hanno contribuito a quella lotta e per ricordare loro che, anche se con il 41Bis lo stato mira al totale annientamento degli individui, non sono sole.
E per ribadire ancora una volta che solamente attraverso lotta e solidarietà possiamo migliorare le nostre vite.

CONTRO il 41 BIS, l’ISOLAMENTO, i REGIMI DIFFERENZIATI e la TORTURA
SOLIDALI CON TUTTI I PRIGIONIERI E LE PRIGIONIERE IN LOTTA

La sicurezza nelle città

Data di trasmissione
Durata 26m 5s

Dopo gli ultimi accadimenti in città il discorso retorico sulla sicurezza riconquista le prime pagine, riproponendo la solita litania sul controllo dei territori e la loro gestione. In studio cerchiamo di affrontare e problematizzare da un altro punto di vista quali sono le problematiche che attraversano le città che viviamo.

Buon Ascolto!

Sulla rivolta in Ecuador

Data di trasmissione
Durata 17m 55s

Un compagno, in collegamento telefonico da Quito, ci racconta i fatti accaduti negli ultimi giorni nella capitale dell’Ecuador. Le ragioni della rivolta e i duri scontri nel centro della capitale hanno visto protagonisti migliaia di persone, la proclamazione da parte del governo dello stato di emergenza e la forte partecipazione delle popolazioni indigene.

Buon Ascolto!

Voci dal Cile

Data di trasmissione
Durata 30m 30s
Durata 17m 38s

In collegamento telefonico due contributi che ci raccontano la situazione in CIle.

Buon Ascolto! 

SOLIDARIETA' CON IL POPOLO CILENO IN LOTTA

Il Popolo cileno si ribella contro il capitalismo, l’impoverimento, la precarizzazione del lavoro, le
miserabili condizioni di vita e la distruzione delle risorse provocat da questo sistema neoliberale
che si fonda sullo sfrutamento e il genocidio delle persone povere. Si ribella anche contro il
saccheggio perpetrato dalle multnazionali minerarie, energetche, agro-industriali, che inquinano i
fiumi, devastano montagne, ghiacciai e sterminano il Popolo Maapuche, gli altri popoli originari e i
contadini. Si ribella contro il sistema pensionistco privatzzato instaurato durante la ditatura di
Pinochet, che ruba i nostri risparmi per arricchire banche e alt dirigent, lasciando al Popolo
pensioni da fame e miseria. Si ribella contro il modello educatvo del profito, dell’emarginazione e
dell’educazione alla schiavitù e all’impoverimento culturale e sociale. Si ribella contro un sistema
sanitario totalmente privatzzato accessibile solo a pochi, che ha provocato il colasso del sistema
pubblico: senza let negli ospedali, medicinali né medici. Il Chile si ribella contro le disuguaglianze
sociali e struturali della vita, che si presentano vantaggiose per pochi e svantaggiose per la gran
maggioranza, totalmente ingiuste e denigrant che fomentano solo discriminazione, emarginazione
e ingiustzie ad ogni livello.

L’aumento del prezzo dei trasport stata la goccia che ha fato traboccare il vaso. Il Chile un
paese dove la metà delle lavoratrici e dei lavoratori che vivono con 270 mila pesos (che
equivalgono a 344 euro al mese) devono spendere il 15% dei loro stpendi nel pagamento dei
trasport pubblici. Con giornate lavoratve di 45 ore setmanali questo stpendio miserabile
impedisce di avere una vita dignitosa. Le persone sono obbligate ad avere due o più lavori e a
indebitarsi per sopravvivere in quest’economia della precarietà. I grandi consorzi t succhiano fino
all’ultma goccia di sangue proponendo di comprare a rate nei supermercat, in farmacia e nelle
grandi catene. In questo modo, l’80% della popolazione sopra i 18 anni indebitata.
Gli AFP (amministratori di fondi pensionistci) in Cile sono casse private imposte dallo Stato. Le
lavoratrici e i lavoratori devono versare il 10% delle loro entrate a cont amministrat da aziende
private che usano quest soldi nei loro afari nell’industria mineraria, nelle telecomunicazioni, nei
capitali finanziari, ecc. Il denaro che le AFP incassano dai contribut più del doppio di quello che
spendono per versare le pensioni E rappresenta l’80% del PIL: un bancheto per i padroni degli
AFP mentre le pensionate e i pensionato vengono getat nella miseria. Questo meccanismo di
rapina neoliberale fu introdota nel proceso di privatzzazione condoto dalla ditatura di Pinochet
nel 1981.

Il popolo cileno dice Basta! Le e gli student delle superiori con le loro evasioni massive nelle metro,
sono stat il motore e la forza che ha portato migliaia di citadine e citadini nelle strade di tute le
cità e regioni del Cile.
La risposta del governo di destra di Sebastan Piñera e i suoi ministri, complici della ditatura di
Pinochet, stata quella di mandare tute le forze repressive per le strade, compresi i militari e di
conseguenza ha riversato una repressione brutale contro il popolo in lota. Il passato colpo di stato
di Pinochet, in quest giorni, si sta ripetendo nelle strade. Le forze repressive sono fuori controllo e
le cifre ufciali contano 20 mort per mano di militari o poliziot, di cui 13 con arma da fuoco, 4
investt e gli altri in incendi appiccat sempre da quest maschi in divisa.

Ci sono stat 2151 arrest. I militari caturano illegalmente le persone prelevandoli dalle proprie
case e torturandoli una volta arrivat nei commissariat o nelle caserme, violando, in completa
impunità, i dirit umani e la dignità delle persone in tuto il paese.
Di fronte al malcontento e l’indignazione populare espressa nelle strade, il governo ha risposto
dichiarando lo stato di emergenza e metendo il coprifuoco in diverse cità. Piñera ha autorizzato
la militarizzazione delle strade riempendola con l’esercito e i carri armat. E come se non fosse
abbastanza, infiltra poliziot tra i manifestant per generare danni e distruzioni; circolano in rete
video su poliziot e militari mentre incendiano banche, bruciano ogget contundent,
supermercat...il tuto per criminalizzare l’indignazione e il grido di basta di un popolo che viene
massacrato da più di 30 anni con una politca economica neoliberale instaurata da Pinochet e la
CIA, e che stata approfondita, negli anni, dai governi cosidet democratci. Il governo fascista di
Piñera aferma che il Chile in guerra contro un nemico pericoloso, questo nemico il popolo
autorganizzato che manifesta per una vita degna e giusta.
In questo stato neoliberale e patriarcale, le donne vengono doppiamente sfrutate e represse.
Come femministe diamo tuta la nostra solidarietà alla ribellione delle donne e i popoli in
Sudamerica, come in Ecuador, Cile, Argentna, Brasile e anche in Maedio Oriente e Africa come in
Rojava, Libano ed Egito, che si stanno autorganizzando e autodifendendosi contro il capitalismo, il
patriarcato globale e le sue guerre.
Lo stato patriarcale cileno e i suoi apparat repressivi si accaniscono contro le donne, come per
esempio il caso di Valentna Mairanda, rappresentante del movimento studentesco delle scuole
superiori, sequestrata dalla sua casa y , come tante altre, portata ad un centro di detenzione dove
vengono spogliate, minacciate di stupri usando il fucile e in molt di quest casi violentate. Siamo
solidali con le compagne che sono state assassinate per mano dei militari come Valeska Carmona e
Maariana Dìaz. Esigiamo giustzia per tute le persone uccise in quest giorni. Il colpevole lo stato e
i suoi tentacoli, a loro che dobbiamo indirizzare tuta la nostra rabbia.
Come parola d’ordine davant al terrorismo militare, poliziesco e mediatco, il popolo e le
femministe diciamo: Ci hanno rubato tuto, inclusa la paura de per questo che non ci fermeremo
fino a che tuto cambie!
Esigiamo inmediatamente la fine dello stato d’emergenza e la militarizzazione del territorio!
Esigiamo le dimissioni di Piñera e tut i suoi ministri fascist!
Libertà per tute le donne e i popoli che si ribellano!

Cosa accade nelle carceri italiane: sul pestaggio di San Gimignano

Data di trasmissione
Durata 11m 20s

Sabato 26 ottobre ore 15.00
Presidio al carcere di S. Gimignano

Spezziamo quel silenzio di tomba!

A fianco di chi lotta contro il carcere, a fianco dei prigionieri di San Gimignano!

Il 22 settembre scorso i giornali hanno riportato la notizia di un’indagine che vede coinvolte 15 guardie del carcere di San Gimignano, accusate sulla base di testimonianze dirette di avere picchiato un prigioniero con pugni e calci, fino a lasciarlo svenuto a terra.

Subito si è levato il coro a difesa della polizia penitenziaria, ed è naturale che sia così: occorreva per l’ennesima volta nascondere all’opinione pubblica quella che è la realtà di un sistema penale e carcerario marcio da cima a fondo! Al massimo si è fatto riferimento alle classiche “mele marce” che non devono guastare il cesto: anche questo un film già visto troppe volte, quando i cosiddetti tutori dell’ordine vanno oltre gli ordinari livelli di impunità e la fanno troppo grossa. In questo caso forse sono stati sbadati e si sono fatti riprendere dalle loro stesse telecamere, altrimenti tutto sarebbe caduto nel silenzio per l’ennesima volta, nonostante le denunce.

E’ molto eloquente, a questo riguardo, che la direzione del carcere e successivamente lo stesso Dap, che sovrintende alle carceri, abbiano negato per mesi, di fronte alle denunce dei prigionieri raccolte da una associazione, che questo pestaggio fosse mai avvenuto, mentre la dottoressa che ha firmato il referto è stata oggetto di intimidazioni. Perché questa è la realtà quotidiana delle galere che si vuole nascondere: violenza e sopraffazione sistematica, che non comincia dai pestaggi ma dalle condizioni invivibili cui sono costretti i prigionieri, vessati da regolamenti inumani e da strutture fatiscenti e sovraffollate. Nello specifico di San Gimignano parliamo di un carcere dove addirittura manca l’acqua potabile e i detenuti sono costretti per bere a comprare l’acqua minerale a proprie spese; di un carcere costruito in mezzo alla campagna, per essere ancora più isolato e nascosto, dove i familiari per fare visita ai propri cari devono organizzarsi con i pulmann. Ma per uno stato sempre pronto ad autoassolversi è tutto nella norma: “a San Gimignano la situazione è accettabile” dice i capo del Dap Basentini.

Vogliamo però dire che non esiste un carcere umano e la soluzione non è certo una detenzione a 5 stelle, se mai possibile. Gli abusi e la tortura sono figli legittimi dell’insensatezza della carcerazione e del sistema penale di questo stato. Perché si parla tanto di rieducazione ma ci permettiamo di chiedere: chi dovrebbe essere rieducato? Un gruppo di prigionieri che mette a rischio la propria incolumità per denunciare un sopruso o le guardie che in 15 contro 1 picchiano una persona indifesa perché amministrano un ordine intrinsecamente violento e ingiusto, che umilia, tortura e uccide quotidianamente (già 98 morti quest’anno)? O non dovrebbe piuttosto essere rieducata una classe dirigente che nasconde tutto questo perché è troppo interessata a dare in pasto al popolo il mostro di turno per indirizzare in altra direzione lo scontento e la potenziale rabbia popolare che potrebbero rivolgersi contro se stessa?

Vogliamo rimarcare che i pestaggi, a S. Gimignano come nelle altre carceri, rappresentano la ordinaria sanzione, da parte delle guardie, di una insubordinazione rispetto all’ordine costituito. In queste mesi le proteste contro gli abusi delle direzioni degli istituti e della polizia penitenziaria si sono moltiplicate: Napoli, Trento, Perugia, Palmi, Reggio Emilia, Campobasso solo per citare le più recenti. Non è quindi un caso che Salvini, l’uomo dei “decreti sicurezza” che ha fatto della violenza armata del potere la sua bandiera politica, abbia solidarizzato con le guardie sotto indagine andando sotto il carcere. Una visita atta a sbandierare l’impunità di cui le forze della repressione ritengono di dover godere in questo sistema, impunità che fa sì che si possa entrare sulle nostre gambe all’interno di una questura o di una galera per uscirne dentro una bara. Ma fortunatamente la visita di Salvini ha visto una pronta e significativa reazione da parte dei prigionieri che hanno protestato rumorosamente.

In questo momento riteniamo sia di fondamentale importanza portare tutta la solidarietà possibile ai detenuti di San Gimignano. Per questo sabato 26 ottobre andremo sotto le mura di quel carcere, in contemporanea con il presidio che si svolgerà sotto il carcere di Parma per ricordare Egidio Tiraborrelli, operaio in pensione ucciso a 82 anni, dopo essere stato condannato in contumacia per favoreggiamento dell’immigrazione. Pur gravemente malato, gli sono stati rifiutati i domiciliari e così è uscito dal carcere solo per andare nell’ospedale dove alla fine è deceduto. Lo faremo contro l’inferno dei cosiddetti “regimi differenziati”: le sezioni di massima sicurezza (41bis) e di alta sicurezza (AS) che sottopongono i prigionieri ad un trattamento che costituisce una vera e propria tortura. Lo faremo in solidarietà con tutt@ i compagn@ che si ritrovano prigionieri o sotto processo per le lotte contro questo stato che violenta, tortura e uccide ogni giorno attraverso i suoi servi. Lo faremo perché riteniamo che la lotta contro le carceri, dentro e fuori le mura, sia un tassello fondamentale della rivolta contro l’esistente, e che la solidarietà resti sempre la nostra migliore arma.