L'Intifada studentesca di Torino occupa la sede di Leonardo
Collegamento con una studente di Torino a seguito dell'occupazione di ieri pomeriggio della sede di Leonardo S.p.a.
Collegamento con una studente di Torino a seguito dell'occupazione di ieri pomeriggio della sede di Leonardo S.p.a.
Un collegamento con compagne\i di Torino sulle lotte contro i Cpr. Ripercorriamo insieme le azioni, le rivolte e le mobilitazioni contro le deportazioni e il Cpr di Torino che si appresta alla riapertura, cercando di restituire organicamente il sistema repressivo e razzista messo in campo dallo Stato e dagli enti privati gestori.
A seguire un collegamento con la Rete Campagne in lotta riguardo i temi dell'assemblea nazionale tenutasi il 20 Aprile 2024 a Roma, il cui proseguo sarà a Torino l’1/2/3 Novembre 2024.
FUOCO AI CPR!
A seguire il programma e il comunicato:
PROGRAMMA GIORNATE
VENERDI 1 NOVEMBRE
ORE 16 CORTEO NEL QUARTIERE DI SAN PAOLO CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI
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SABATO 2 NOVEMBRE
DALLE ORE 1O ASSEMBLEA PRESSO IL CSOA GABRIO, Via Francesco Millio 42 Torino
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DOMENICA 3 NOVEMBRE
DALLE ORE 10 ASSEMBLEA (solo la mattina)
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Per info e ospitalità scrivere a: antirazzistxpiemonte@autistici.org
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Se primavera ed estate 2024 sono state scandite dal calore di proteste, scioperi, rivolte ed evasioni – soprattutto dentro le galere di in ogni parte del paese – non si può dire che la controparte non stia, di pari passo, affilando la sua lama, puntandola spietatamente contro poverx, migranti e ribelli nonché chiunque porta solidarietà e prova a opporsi e resistere. Gli strumenti legislativi a disposizione delle procure si stanno, infatti, rimpolpando di disegni e decreti legge criminogeni che mirano ad ampliare il ventaglio dei reati, intensificarne le pene e abbassare la soglia di punibilità.
Il ddl 1660, in corso di approvazione, rispecchia molto bene la realtà in cui ci vogliono costringere a vivere. Difatti, in maniera molto dettagliata e puntuale, va a colpire tutti gli ambiti dove negli ultimi anni sono state portate avanti le proteste e le lotte più incisive che hanno attraversato il paese, dai luoghi di detenzione (carcere e CPR) alle mobilitazioni contro il disastro climatico.
D’altronde non servirebbe uno degli ultimi omicidi – in ordine temporale, e tra i più noti, che da decenni accadono nelle campagne italiane – di Satnam Singh a ricordarci che la linea del colore e l’oppressione di classe segnano indelebilmente il destino all’interno delle dinamiche di sfruttamento della forza lavoro. O l’assassinio di Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio a ribadire, ancora una volta, come le galere amministrative assolvano quotidianamente a uno dei loro compiti principali: terrorizzare i/le liberx senza documenti europei – resx clandestinx dalle leggi – affinché non osino lottare, autodeterminarsi ed esistere fuori dagli schemi della paura e del dominio.
Eppure, questa calda estate ci ha dimostrato che davanti alla brutale ingiustizia e violenza agita dallo Stato, non è solo la paura a dominare gli animi. Da Nord a Sud le proteste hanno scaldato i centri di detenzione – sia penale che amministrativi, ad ogni latitudine e per mano di ogni età. Fuori da quelle mura, solidali e complici han cercato le proprie strade per mostrare supporto, tessere legami, far circolare le notizie, rendersi tasselli di comunicazione, affiancando chi ha deciso di parlare per sé attraverso rivolte e proteste.
Sappiamo che il capitalismo differenziale – tanto più se in crisi economica e in un panorama bellico – ha sempre più bisogno di allargare le maglie quantitative del contenimento, irregimentare i metodi di tortura con il fine – neanche tanto sottinteso – di terrorizzare su larga scala e contenere coloro che si ribellano. Guerra, violenza, repressione, sorveglianza e incarcerazione, costituiscono gli strumenti necropolitici per antonomasia che si ripercuotono materialmente sui corpi provocando morte e sofferenza. Spezzano i legami ma, allo stesso tempo, producono nuove relazioni sociali, nuove grammatiche del potere, iscrivendole all’interno di un’economia politica imperniata sulla gerarchizzazione dell’umano.
La necropolitica, provando a interpretare i presenti sconvolgimenti globali, non è tuttavia semplicemente un processo bensì un vero e proprio paradigma. Il conflitto bellico tra l’Ucraina e la Federazione Russa e il genocidio in atto da parte dello stato sionista nei confronti della popolazione palestinese, sono – all’interno di questo quadro – potenti esempi di come agisce tale macchina.
Alle nostre latitudini i venti di guerra soffiano in molteplici direzioni; ne sono un esempio, da un lato, gli investimenti massicci nel settore bellico da parte del governo Meloni, dall’altro la stesura di decreti sicurezza, creati ad hoc, in cui vengono categorizzati sempre più nuovi nemici interni, evocando incessantemente una supposta minaccia incombente sulla stabilità del sistema economico e sociale.
Non limitandoci a osservare il fenomeno della guerra, come mera espressione dei/delle governanti di turno o di contingenti necessità geopolitiche, ci preme piuttosto leggere il presente bellico come parte integrante del capitalismo, e nella fattispecie di quello neoliberale, grimaldello della paura e della retorica massmediatica: base discorsiva per l’assestarsi o l’accelerare di alcune modificazioni del presente. Fondamentale, in merito ai discorsi oggetto di questa chiamata, l’intensificarsi di una retorica potente sul nemico interno delineato, non solo in chi lotta o dissente, ma soprattutto in colui che si trova ai margini del privilegio di classe e razza. A tal proposito, il razzismo sistemico e sistematico, l’islamofobia, la clandestinizzazione forzata delle persone in viaggio senza documenti europei, la brutalità delle frontiere e le morti in galere e CPR, sono parte del complesso set di strumenti torturatori che il potere si dà per tenere sotto scacco una vasta quantità di popolazione. Ne consegue un’architettura lineare che oggi sfrutta sul lavoro, domani capitalizza nei centri di detenzione e – magari – in un futuro guerreggiato neanche troppo lontano, ricatta per comporre le fila di una possibile legione straniera.
Delineare la geografia del razzismo sistemico e sistematico diventa lo strumento analitico fondamentale per trovarsi, tra complici e solidali, riconoscersi e identificare i punti di attacco. A seguito dell’importante chiamata promossa dalla Rete Campagne in Lotta (https://campagneinlotta.org/violenze-e-morte-alle-frontiere-razzismo-qu…) ad Aprile a Roma, proponiamo un seguito di quel momento di confronto a Torino, per l’1/2/3 Novembre 2024.
Occasione preziosa per lanciare anche un’iniziativa pubblica contro la riapertura del CPR di Torino, chiuso per la prima volta nel Marzo 2023 grazie a tre settimane di coraggiose rivolte, che han permesso al fuoco di distruggere, totalmente, una galera per persone senza documenti europei attiva da 25 anni.
Un anno e mezzo fa, all’incirca, il CPR di Corso Brunelleschi veniva distrutto dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile un tassello della macchina delle espulsioni nostrane. Da quelle calde giornate invernali di fuoco, numerose sono state le rivolte, le evasioni e gli scontri contro la polizia, che hanno caratterizzato la quotidianità all’interno dei lager di Stato italiani. La violenza agita dalla detenzione amministrativa va inserita in un quadro ampio e complesso che conduce a uno sguardo sulla macchina delle espulsioni e ai CPR, come la punta visibile di un iceberg, in cui si annodano più strati e substrati di violenza e razzismo sistemico.
Se, infatti, il razzismo è un concetto solido – tangibile nella sua produzione di conseguenze materiali – urge produrre un discorso intellegibile che, con puntualità, renda esplicita la geografia dell’oppressione, lungo la linea del colore e della classe.
Estrapolare la lotta contro i CPR, da un discorso unicamente antidetentivo, ci consente di rendere esplicito il ruolo che queste prigioni hanno nel fungere anche, e non solo, da monito ai liberi e rafforzare così il ricatto del permesso di soggiorno. Lottare contro le galere amministrative, assume così, un significato nel porsi a fianco dei migranti, lavoratori e non, che chiedono documenti, casa e tutele per tuttx. In questo panorama, attaccare la forma tangibile di una frontiera vuol dire porsi al fianco di chi è rimbalzato, tramite dispositivi e leggi europee, tra l’essere l’oggetto di scambio tra Stati, merce di profitto per privati, strumento di pressione mediatica per fini nazionalistici e/o manodopera a basso costo.
Sentiamo sempre più urgente, prioritario e impellente incontrarci e organizzarci per analizzare il reale mortifero in cui viviamo, trovarci tra complici e tessere le reti di alleanze possibili con il fine di trovare i punti di attacco all’impianto razzista che scandisce la quotidianità nel capitalismo di oggi.
Il coraggio dirompente del reclusi del CPR di Torino nel Febbraio 2023 non può rimanere silente, dimenticato e rifagocitato dalla macchina razzista.
A tal proposito invitiamo compagnx, complici, solidali a venire a Torino nei primi giorni di Novembre per tre giorni di discussione e mobilitazione nazionale.
Grazie alla voce di Elena del comitato "Salviamo il Meisino", abbiamo descritto quanto sta caratterizzando il parco del Meisino e la città di Torino nelle ultime settimane.
Dopo aver discusso di quale sia l'importanza di tale parco all'interno della città di Torino, abbiamo descritto il progetto con il quale il Comune vorrebbe costruire una "Cittadella dello Sport" all'interno del parco. Un'opera finanziata dai fondi a debito del PNRR e contro la quale da diverse settimane diverse realtà tra cui il comitato "Salviamo il Meisino", si stanno battendo per impedirne la realizzazione.
Con un compagno e una compagna di Torino parliamo dell'udienza che c'è stata martedì riguardo l'Operazione City. Quest'operazione attacca chi ha partecipato alla manifestazione del 4 marzo 2023 all'interno della mobilitazione al fianco di Alfredo Cospito.
Inoltre presentiamo il corteo che ci sarà il primo novembre a Torino contro i CPR, in particolare contro la riapertura del CPR di Corso Brunelleschi, un centro di detenzione che era stato chiuso dalla rabbia dei reclusi.
"La guerra parte da qui" non è solo uno slogan, ma una realtà che gli studenti e le studenti di Torino hanno denunciato interrompendo il Senato Accademico. Mentre l'agibilità politica di piazza si restringe, gran parte dei giornali e degli "intellettuali" si spendono per criminalizzare e delegittimare chi mette in luce le collaborazioni con l'apparato militare di Israele e più in generale con la guerra. E' quanto accaduto ieri nell'università di Torino, dove diversi studenti hanno interrotto il senato accademico per denunciare gli accordi in cui l'università collabora con la guerra. Ne parliamo con una studente che ci racconta com'è andata ieri e le motivazioni della protesta.
A Torino contestata la presenza della presidente del consiglio Giorgia Meloni, in città per partecipare al festival delle regioni. Centinaia di persone, per la maggior parte studenti e studentesse dell'Università e delle scuole superiori, hanno manifestato per le vie del centro, si registrano incidenti con la polizia e varie persone ferite.
La prima corrispondenza è dalla piazza durante la mattinata
La seconda è una corrispondenza riassuntiva della giornata di lotta realizzata nel pomeriggio.
Corrispondenza dal presidio sotto il carcere di Rebibbia. Leggiamo la lettera di una detenuta nel penitenziario Le Vallette di Torino e un importante articolo del gruppo Mamme in piazza per la libertà di dissenso. Riflettiamo insieme sull'estate pesante appena passata e sui tanti suicidi avvenuti nelle carceri italiane.
Dal 26 al 28 luglio 2023 a Torino si terrà la seconda edizione del Climate Social Camp: Fermare il cemento, Difendere l'acqua.
Insieme ad una compagna che ha seguito l'organizzazione del camp approfondiamo le tematiche proposte e il programma.
Qui più info: https://climatesocialcamp.com/
Sei attivisti aderenti alla campagna “Non paghiamo il fossile”, promossa da Ultima Generazione, questa mattina hanno bloccato il traffico sulla strata provinciale 11 Padana Superiore Torino-Chivasso per circa 20 minuti.
I manifestanti intorno alle 8 si sono piazzati in mezzo alla carreggiata bloccando il traffico per protestare contro la disattenzione dell'opinione pubblica sull'emergenza climatica. Si nodtri microfoni una di loro ci spiega le ragioni della protesta
corrispondenza con una compagna dell'assemblea torinese in solidarietà ad Alfredo contro il 41bis e l'ergastolo ostativo verso l'udienza del processo Scripta Manent del prossimo 19 giugno. Il processo vede imputati Alfredo ed Anna per il reato di strage politica e in concomitanza all'udienza è stato convocato un presidio di solidarietà di fronte al tribunale di Torino.
Segue il comunicato di indizione:
Appello alla presenza solidale
Lunedì 19 giugno, presso la Corte d'assise d'Appello di Torino, si terrà l'udienza per il ricalcolo delle condanne per gli anarchici Anna Beniamino e Alfredo Cospito, nell'ambito del processo "Scripta
Manent".
Per quanto la Corte Costituzionale abbia dato indicazioni sulla possibilità di considerare alcune attenuanti in questo ricalcolo, Anna rischia ancora una sentenza a più di 20 anni e Alfredo l'ergastolo. Fattore non secondario: la giudice che aveva accettato l'eccezione sollevata dalla difesa degli imputati di ricorrere ad una consulta della Corte Costituzionale (rivelando così magari una sua predisposizione a recepire l'indicazione di tale organismo) nel frattempo è andata in pensione e non si può prevedere come il giudice che presiederà l'udienza intenda comportarsi.
Di questo processo abbiamo già detto molto, soprattutto grazie allo sciopero della fame di Alfredo e la mobilitazione che questa sua iniziativa ha reso possibile. Innanzitutto abbiamo cercato di evidenziare come questa operazione di criminalizzazione di alcune idee e pratiche dell'anarchismo possa rivelarsi in prospettiva un pericoloso precedente per la persecuzione delle azioni conflittuali, da qualunque componente sociale o politica queste vengano messe in atto.
Per farla breve: quando si procede per "strage contro l'incolumità dello Stato" per sanzionare azioni che non hanno fatto morti, feriti e neppure danni materiali rilevanti, l'oggettiva dinamica messa in atto dallo
Stato è quella di un irrigidimento repressivo che supera non solo il buon senso ma le stesse consuetudini giudiziarie. Uno "stravolgimento" dei termini e delle conseguenze penali che, facile prevedere, a cascata riguarderà anche altre azioni simili o, in proporzione, anche fatti di portata "minore".
Ma non è questo l'unico motivo per cui riteniamo sia importante una presenza solidale significativa per l'udienza del 19 giugno. Due altre questioni vorremmo sollevare o ricordare per evidenziare
l'importanza di questo appuntamento.
La prima è la constatazione che queste condanne non vengono dal nulla ma sono frutto anche del disinteresse che, a parte alcune componenti anarchiche e comuniste, ha accompagnato l'andamento del
processo "Scripta Manent". Considerata da molti, anche in ambito antagonista, come l'ennesima operazione che andava a colpire i soliti, ritenuti marginali, ambiti dell'anarchismo d'azione, la mancanza
di un'attenzione diffusa e "trasversale" rispetto alle sorti dei/delle compagn* imputat* ha lasciato la
mano libera ai vari inquirenti per "andarci giù pesante". Non è la prima volta che accade certo, ma altrettanto certamente è una questione su cui riflettere perché in futuro non ci si debba ritrovare, a giochi ormai fatti, a sbalordirsi per la dismisura delle pene comminate. E perché, soprattutto non ci si ritrovi con la consapevolezza che nulla o poco si è fatto per impedire che, a uomini e donne che hanno lottato, le sbarre chiudessero l'orizzonte per decenni se non per tutta la vita.
La seconda questione che, a nostro avviso, motiva con forza la partecipazione a questo momento solidale sta nella coerenza con quanto si è espresso mille volte durante la mobilitazione degli scorsi mesi: non solo non avremmo mai lasciato soli gli/le compagn* che con lo sciopero della fame ci hanno messo il loro (tantissimo), ma l'impegno collettivo a rompere il silenzio che avvolge il 41-bis, l'ergastolo
ostativo, la persecuzione dei/delle rivoluzionari*, l'inasprimento repressivo generalizzato sarebbe andato
avanti al di là della specifica iniziativa dei/delle compagn* in sciopero.
Ora che si gioca una decisiva partita per il futuro di Alfredo e Anna, non possiamo relegare ai passati mesi di forte mobilitazione la giusta tensione per contrastare la dinamica repressiva che vuole seppellirli in una cella e per continuare la lotta per una società senza oppressione né galera.
Il 19 giugno, dobbiamo esserci, in tant*,
fuori e dentro il Palazzo di Giustizia di Torino dalle 8.30!
Per chiudere
ci sembra opportuno ricordare che il 19 giugno, ogni anno, ci si mobilita in molte zone del globo per la Giornata Internazionale del Rivoluzionario Prigioniero, data che rinnova la solidarietà a tutt* i/le militanti imprigionat* in memoria del massacro di quasi 300 prigionier* politic* compiuto nel 1986 dall'esercito nelle carceri peruviane.
Assemblea contro il 41-bis e l'ergastolo ostativo - Torino