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femminismo

La Parentesi dell'8/04/2015 "Controllo cosciente"

Data di trasmissione
Durata 5m
http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/04/09/la-parentesi-di-elisabetta-dell8042015/ “Controllo cosciente”

Immagine rimossa.
Il patriarcato intimidisce, esige, vieta, minaccia, coltiva la rassegnazione, offusca la coscienza e i desideri delle donne.

La lotta, oggi, poggia sulla capacità e possibilità di rigettare il controllo che il patriarcato esercita sui codici, sui canali di comunicazione, sulle modalità di decodificazione e interpretazione della storia.

La sfera globale della lettura della storia è necessaria per l’esistenza del femminismo

La donna merce è anche una forma della coscienza , anzi la sua forma inconscia per eccellenza, la sua forma automatica. Programmare la coscienza della donna-merce è un lavoro fondamentale della formazione semiotico ideologica borghese. E’ il suo strumento principe e il racconto, il ricordo, la storia e le gambe con cui cammina sono le socialdemocratiche. La coscienza del patriarcato opera per il loro tramite e i loro racconti e la loro storia hanno un carattere di feticcio, in essa si riflette l’apparenza della realtà, il carattere del mondo patriarcale. Dominio reale del patriarcato, nella metropoli imperialista , nella stagione neoliberista, vuol dire questo: assoggettamento della coscienza individuale delle donne ai programmi di comportamento della borghesia per ciascun rapporto sociale.

Viviamo in una comunità illusoria che produce una coscienza illusoria di sé, una catena che si può spezzare solo ponendo le proprie pratiche sociali in rapporto antagonistico assoluto con l’intera società capitalista patriarcale.

Da qui la necessità di smascherare la lettura socialdemocratica della nostra storia che opera censura e rimozione sullo spirito e la pratica femminista. Per questo si segregano, si omettono, si manipolano le motivazioni della trasgressione femminista dei codici di comportamento patriarcali, generate dai rapporti sociali antagonistici propri del femminismo, tentando attraverso il censurato ed il rimosso, la trasposizione, per via semiotica, dentro la donna.

Si vuole, in definitiva, che ogni donna assimili rappresentazioni e concetti elaborati dal patriarcato e si spaccia questa per coscienza spontanea e propria.

Ma la manipolazione borghese delle singole individualità è, sì, reale, ma è altrettanto instabile e mai definitiva, dal momento che è contraddetta, giorno dopo giorno, nel nostro vissuto quotidiano.

Le ideologie non sono finite e non hanno tutte lo stesso segno. Accanto a quelle che sposano la causa del dominio, di tipo tradizionale o verniciate a nuovo, ce ne sono altre che non sono rivolte al passato o alla sua conservazione, ma sono rivolte al futuro. Magari non hanno forme compiute, ma sicuramente abbozzi di motivazioni altre che si basano su un processo incessante di presa di coscienza delle stesse leggi di formazione della coscienza. La conquista di un tale obiettivo è frutto di una prassi sociale, di una lotta di classe e di genere per scrollarsi di dosso le incrostazioni accumulate in anni di complicità con l’ideologia e la pratica borghese e patriarcale.

Il controllo cosciente del proprio comportamento è una possibilità tutta da conquistare. Coscienza di genere è avere consapevolezza dei complessi meccanismi delle leggi e dei processi di interiorizzazione delle ideologie ufficiali, vecchie e nuove, significa capacità di progettazione consapevole del nostro futuro, significa pratica sociale orientata alla realizzazione delle nostre aspirazioni e alla liberazione di noi tutte.

La coscienza personale non si annulla nella coscienza sociale, ma in questa prende linfa e si arricchisce e si sviluppa e si consolida nel corso della rivoluzione sociale contro tutte le manifestazioni del dominio reale del capitale e del patriarcato.

Trasmissione del 1/04/2015 "La lotta delle donne curde e i nostri anni '70"

Data di trasmissione
Durata 58m 13s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/04/03/podcast-della-trasmiss…

Puntata del 1/04/2015 “La lotta delle donne curde e i nostri anni ’70 “

” Ottenere nuove leggi non era la preoccupazione principale del Mfl. il suo scopo era più ambizioso, più utopico. Le leggi sono state il positivo sottoprodotto di un lavoro gratuito, privo di finalità concrete immediate, come la ricerca di base. E se un sottoprodotto è nato è anche perchè non era lo scopo ultimo o piuttosto perchè si mirava più in alto. Questa ambizione <irrealistica> -che si permetteva di mettere tra parentesi la realizzazione immediata- ha prodotto un tale slancio, che alcune cose sono state ottenute poi in concreto “Christine Delphy/

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Piccolo compendio

1970

  1. 16/05/1970 n. 281 (Provvedimento finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario)
  2. 20/05/1970 n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento) – Statuto dei lavoratori
  3. 01/12/1970 n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) – Divorzio

 1971

  1. 06/05/1971 n. 1044 (Piano quinquennale per l’istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato)
  2. 24/09/1971 n. 820 (Norme sull’ordinamento della scuola elementare e sulla immissione in ruolo degli insegnanti della scuola elementare e della scuola materna statale) – Scuola a tempo pieno
  3. 30/12/1971 n. 1204 (Tutela lavoratrici madri)

1972

  1. 15/12/1972 n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza)

1973

  1. 18/12/1973 n. 877 (Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio)

 1974

DPR n. 416, 417, 418, 419 e 420 del 31/05/1974 (Decreti delegati … sulla scuola: gestione democratica, stato giuridico dei lavoratori, sperimentazione)

1975

  1. 19/05/1975 n. 151 (Riforma del diritto di famiglia)
  2. 29/07/1975 n. 405 (Istituzione dei consultori familiari)
  3. 26/07/1975 n. 354 (Riforma dell’ordinamento penitenziario)
  4. 22/12/1975 n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza)

1976

  1. 10/05/1976 n. 319 (Norme tutela delle acque dall’inquinamento – cd “legge Merli”)

1977

  1. 09/12/1977 n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro)

1978

  1. 23/12/1978 n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale)
  2. 22/05/1978 n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza)
  3. 13/05/1978 n. 180 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori) Chiusura manicomi
  4. 27/07/1978 n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) – Equo canone

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La lotta delle donne curde e i nostri anni ’7o/Conversazione femminista proprio su questo argomento tratta da radiocane”

http://www.radiocane.info/da-kobane-noi/

“Alla vigilia della camminata auto-determinata di domenica 8 marzo, due compagne italiane dialogano intorno all’attuale incontro con le donne curde in lotta. Un’esperienza,quest’ultima, in grado di sprigionare rinnovata potenza, cui volgere lo sguardo anche in chiave storica e che viene qui focalizzata partendo dal proprio percorso nel movimento femminista dagli anni settanta in avanti.
Immagine rimossa. Il_segno_di_Istar “
 
 
 
/La memoria è l’occasione per produrre nuove possibilità e dare un senso agli eventi presenti e futuri/

“Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo<proprio così com’è stato davvero>. Vuol dire impossessarsi di un ricordo così come balena in un attimo dipericolo.(…) Il pericolo è uno solo : prestarsi ad essere strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna tentare di strappare nuovamente la trasmissione del passato al conformismo che è sul punto di soggiogarla.”

(Walter Benjamin, Sul concetto di storia,VI,ed.Porfido,2007)- Citazione tratta dal contributo del collettivo femminista Me.Dea di Torino per l’Incontro Nazionale Separato “Memoria collettiva, Memoria femminista”

 

La Parentesi del 1/04/2015 " Les jeux sont faits"

Data di trasmissione
Durata 5m 27s
http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/04/03/la-parentesi-di-elisabetta-del-1042015/ “Les jeux sont faits”

Immagine rimossa.Tre notizie passate, più o meno in contemporanea, sulla stampa mainstream e di tenore molto diverso, hanno però un portato che le accomuna e sviscerarlo può essere molto utile per chi lotta nel tempo presente.

La prima ci dice che il governo ha preso la decisione di accorpare la Guardia Forestale con la Polizia di Stato. E’ un processo cominciato diverso tempo fa e che riguarda la militarizzazione anche di quelle strutture che sono chiaramente di servizio civile come i Vigili Urbani che si sono proposti e si propongono come polizia e come i Vigili del Fuoco oggetto di un malcelato tentativo di militarizzazione a cui fino adesso hanno resistito.

Già il governo D’Alema, nel 2000, aveva trasformato i Carabinieri nella Quarta Arma dell’esercito, aprendo scenari estremamente pericolosi dato che questi sommano strumenti, abitudini e attitudini da polizia militare con equipaggiamento, armamenti e mezzi da esercito vero e proprio.

Durante una sola corsa in metropolitana qui a Roma, si può assistere alla presenza di militari in mimetica, carabinieri di ronda, addetti alla vigilanza del Comune, addetti alla vigilanza dei tornelli d’ingresso, polizia varia compresa quella in borghese.

Sembra di essere calate in uno scenario da “ Sostiene Pereira”.

La seconda notizia riguarda l’accordo raggiunto da Confcommercio e triplice sindacale per il rinnovo del contratto della categoria, contratto che avrà validità dal 1 aprile 2015 al 31 dicembre 2017.

Sono state approvate fino a 44 ore settimanali lavorative senza che scatti lo straordinario per un massimo di 16 settimane. In pratica nei periodi di picco del lavoro, per esempio sotto Natale e durante i saldi, le imprese potranno pretendere dai dipendenti che lavorino quattro ore in più senza confronto con i sindacati e senza l’assenso del lavoratore/trice stesso/a.

E’ la codificazione di un rapporto ottocentesco in cui chi lavora deve accettare condizioni che permettono la mera sopravvivenza ed è la guerra fra poveri/e perché tutto ciò naturalmente comporta la venuta meno di tutti quei lavori occasionali, temporanei, saltuari che si potevano fare proprio e soltanto nei periodi di maggior carico di lavoro di chi uno straccio di occupazione già l’aveva.

A margine leggiamo la dichiarazione dell’ISTAT che ci dice  che nel solo mese di febbraio ci sono state oltre 42.000 donne in meno al lavoro. A dimostrazione che il neoliberismo è strumentalizzazione dell’oppressione di genere attraverso i più svariati canali istituzionali e attraverso il femminismo socialdemocratico incarnato dalle “patriarche” che in cambio della loro promozione personale collaborano attivamente all’oppressione delle altre donne ricacciate nei ruoli, nel lavoro di cura e nella precarietà.

La terza notizia riguarda il calo inarrestabile degli spettatori nei stadi di calcio della serie A.

Nel trimestre 2015, la media delle presenze registra una flessione del 6,9% rispetto al dato della scorsa stagione. Ma la ragione di tutto ciò non risiede né nelle strutture degradate degli stadi né nella così detta violenza della tifoseria, bensì nella sensazione che il tifoso/a ha di partecipare ad un gioco taroccato, non nel senso che le partite vengano vendute o comprate, ma un gioco in cui domina l’ipocrisia, il politicamente corretto, le falsità e le mistificazioni, in cui vincono sempre gli stessi e si sa già chi sono, in cui i media mainstream sono lo strumento di una comunicazione falsa e tendenziosa, di un addomesticamento peloso della verità.

Tutto ciò provoca disamore, disaffezione, rifiuto ed è lo stesso meccanismo con cui è stata demonizzata la politica e che porta ad un’apatia di fondo di fronte ad attacchi violentissimi come quello al mondo del lavoro.

La stampa non è mai stata indipendente, come qualcuno voleva raccontare, è sempre stata di parte, ma ora, nella stagione dello Stato di Polizia non poteva non diventare di regime.

Les jeux sont faits, il cerchio è chiuso. Il neoliberismo, per ora, ha vinto.

Alla sinistra di classe il compito difficilissimo di fermarsi a riflettere su come creare nuovi immaginari, su come ricostruire la speranza attraverso nuove forme di lotta.

 

Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe" del 25/03/2015 "Come riconoscere un anarcomachista"

Data di trasmissione
Durata 4m 51s

” Come riconoscere un anarcomachista”

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/03/27/come-riconoscere-un-anarcomachista/

 
Immagine rimossa.Illustrazione di Suzy X

L’anarcomachista è aggressivo, competitivo fino all’eccesso. Elitario, paternalista; più puro dei puri e più forte dei forti. Riesce misteriosamente ad essere dogmatico pur professando il suo odio per ogni dogma. Persegue la coerenza in maniera totalizzante e obnubilante, ignorando che in un mondo di contraddizioni sociali tale perfezione non può esistere. Insegue l’alienazione delle politiche che porta avanti nella stessa maniera in cui egli pensa di porsi di fronte all’esistente: senza compromessi.

L’anarcomachista è misogino ma può non sembrarlo. La sua pericolosità è direttamente proporzionale alla sua capacità di mimetizzarsi come “bravo compagno” o come individuo non stereotipicamente maschilista. Può essere qualunque uomo. E di tanto in tanto, persino qualunque donna.

L’anarcomachista rincorre la logica del martirio e pensa che sia giusto e necessario che chiunque faccia altrettanto. Non tutt* vogliono o possono essere picchiat* e incarcerat*, ma a lui non importa. Perché pensare all’orizzontalità e all’incolumità altrui quando si può godere di un trip testosteronico con lo scontro di piazza fine a sé stesso, tatticamente inutile? Non si pone mai il problema di aver sovradeterminato le decisioni e le voci altrui: non lo farà né per il destino di una manifestazione, né per altro.

L’anarcomachista pensa di vivere in una bolla di sapone al di fuori della società, immune alle influenze aliene dei contesti oppressivi da cui emerge, pertanto sente di non avere alcuna responsabilità nell’aumentare la consapevolezza dei suoi privilegi e oppressioni e men che meno quella di combatterli. Ove necessario, ne nega l’esistenza – o peggio ancora, si proclama fintamente suo nemico, ingannando compagne e compagni di lotta. I quali non se ne accorgeranno per molto ancora: si dice che i fatti contano più delle parole, ma se i fatti contraddicono l’immagine idealizzata che si ha dell’ambiente sovversivo e dei suoi abitanti, allora le parole pare proprio vadano più che bene.

L’anarcomachista è emozionalmente impedito, e arroccato nella sua corazza di cinismo e distanza emotiva, prova una profonda paura di ogni cosa che non sia lineare, razionale, e risolvibile con due punti sull’ordine del giorno. Non sbaglia, non si scopre e non si mette mai in discussione: la sua lotta è sempre e comunque votata alla superficialità.

L’anarcomachista non si fida di nessuno, specialmente delle esperienze delle persone su cui ha potere, alle quali risponde in maniera dismissiva e trivializzante.

L’anarcomachista è un capolavoro di narcisismo. Si sente legittimato a colonizzare ogni discorso, ogni spazio, ogni sentimento, ogni corpo. Vuole essere ascoltato, ma non è disposto ad ascoltare: non è infrequente vederlo palesemente scocciato e annoiato quando gli si parla di questioni che crede non lo riguardino. Basta una vaga avvisaglia di critica politica per farlo andare sulla difensiva.

L’anarcomachista dimostra spesso, nelle sue interazioni sociali, una propensione a battute e linguaggi sessualizzanti (nei confronti delle donne) e omotransfobici. I gruppi, collettivi, organizzazioni a cui partecipa sono caratterizzati da un altissimo ricambio di persone, le quali fuggono esauste e infastidite da lui, dai suoi comportamenti e dai silenzi collettivi che ne consolidano la posizione. Talvolta i componenti di questi gruppi, collettivi, organizzazioni si domandano il perché di questi esodi, ma sembrano non accorgersi del fatto che essi sono compiuti principalmente da persone svantaggiate in qualche asse di privilegio.

L’anarcomachista prende posizione: o sei la soluzione o sei parte del problema. Questo soltanto finché il problema è fuori dalla sua portata. Se un suo amico, parente, compagno abusa verbalmente, emozionalmente, psicologicamente, fisicamente o sessualmente di qualcun*, questa sua capacità improvvisamente sparisce e lascia il posto a una silenziosa, pacifica, violenta equidistanza. Non comprende che non credere alla vittima significa in automatico abbracciare la versione di chi l’ha resa tale.

L’anarcomachista riesce a riempire intere ore assembleari di lotte intestine, discussioni inutili e lunghe digressioni inappropriate piene di fuffa. Parla di teoria quando serve agire, e di azione quando serve pensare.

Riconosci ed estirpa l’anarcomachista che è in te e negli altri!

Denis/Frantic

 

 

Trasmissione del 25/03/2015 "La scuola dell'infanzia, dal modello socialdemocratico..../L'esercizio illimitato della forza"

Data di trasmissione
Durata 1h 2m 23s
Durata 3m 38s
 

Puntata del 25/03/2015

“La scuola dell’infanzia/dal modello socialdemocratico a quello neoliberista “

Immagine rimossa.

” A Miren/La scuola per l’infanzia /dal modello socialdemocratico a quello neoliberista/L’esercizio illimitato della forza/Collegamento e confronto con chi lotta negli asili/Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe
” Come riconoscere un anarcomachista”

 
 
La Parentesi di Elisabetta del 25/03/2015
Immagine rimossa.“L’esercizio illimitato della forza”

Nella loro illusione legalitaria, socialdemocratiche e socialdemocratici, riformiste e riformisti, istituzionali e paraistituzionali, credono che le regole legislative abbiano in sé una forza impositiva, ma il potere capitalista-patriarcale è sempre assoluto.

La limitazione del potere non è esercitata dalle regole, ma dalla forza capace di imporre le regole o di trasformarle.

Il legalismo attribuisce alle regole una forza che le regole non hanno perché non viene dalle regole stesse ma dai rapporti di forza e dai ruoli.

E le Istituzioni, in tutte le loro articolazioni, lo sanno.

L’autonomia femminista ha riconosciuto la brutalità del rapporto di forza tra generi, classi, etnie…. partendo da una denuncia dell’arbitrarietà delle regole esistenti. Il buonismo disonesto della “convivenza civile”, delle” bacheche rosa”, degli “appelli allo Stato”, ha portato un attacco mortifero alle lotte del movimento femminista nel loro impegno a leggere, delle regole, la  vera sostanza.

Si è, così, aperta la strada per la costituzione di una legalità liberticida e femminicida.

Un’operazione, questa sì, violenta, in cui il linguaggio esiste essenzialmente per mentire.

La menzogna, l’inganno, la simulazione, dietro i linguaggi politicamente corretti non sono che forme aberranti di comportamento sociale.

La socialdemocrazia, destra moderna, è un’economia criminale, non tanto perché si fonda sulla violazione delle regole faticosamente contrattate nel passato dal  lavoro nei riguardi del capitale, quanto perché tale violazione sistematica non è più considerata un crimine, se non nella visione autolesionista, chissà quanto in buona fede, dei legalisti.

Il crimine sta nell’esercizio illimitato della forza, istituzionale e familiare, anche perché, a questa forza, non si contrappone alcuna altra forza.

Il crimine è nella violenza che si esplica e si perpetua nei commissariati, nei Cie, nelle guerre neocoloniali, nelle carceri, nelle caserme, in famiglia…nelle piazze …contro ogni forma di protesta, di alterità, di asimmetria.

Il crimine è nella “normalità” di questa società disumana.

La violenza non è un elemento particolare ed occasionale della relazione istituzioni- cittadine/i e delle relazioni sociali, ma ne è l’elemento fondante e riproduttivo.

Nessuna ne è al riparo.

Se esiste una legittimità, concetto ben diverso dalla legalità, questa appartiene a chi tenta  di sottrarsi al ricatto economico e consumista di questa società  patriarcale, di cui l’Istituzione è la protesi identitaria, a chi cerca  con sforzo caparbio, capacità, impegno, pagando un alto prezzo, di sovvertire i circuiti dello schiavismo neoliberista.

 

 

Trasmissione dell'11/03/2015 "Aggressori-e/ aggrediti-e"

Data di trasmissione
Durata 59m 4s

“I Nomi delle Cose”

Puntata dell’11/03/2015 “Aggressori-e/aggrediti-e”
“Il primo passo verso la pace e l’internazionalismo
consiste nel voltare le spalle all’imperialismo” Rosa Luxemburg
“Aggressori/e-aggrediti/e/Una casa per pensare, una casa per lottare”
Immagine rimossa.

 

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/03/15/podcast-della-trasmiss…

La Parentesi di Elisabetta dell'11/03/2015 "Una casa per pensare, una casa per lottare"

Data di trasmissione
Durata 6m 14s

“Una casa per pensare, una casa per lottare”

Da diverso tempo ormai sono state messe in atto operazioni di repressione e controllo contro tutte quelle e tutti quelli che si adoperano e si attivano contro gli sfratti abitativi.

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L’ultima operazione di polizia in questo senso è avvenuta qui a Roma ieri mattina con le accuse di resistenza aggravata e lesioni contro chi nella giornata del 18 settembre 2014 si era attivato/a per impedire lo sfratto a Centocelle di Farook e della sua famiglia, sfratto eseguito con grande dispiegamento di forze di polizia , con il lancio di lacrimogeni sparati all’interno della palazzina per disperdere il picchetto.

Grazie a quella resistenza Farook e la sua famiglia uscirono dalla loro casa sostenuti dalla solidarietà di numerosi amici e compagni e attraversarono il quartiere fino al municipio in corteo, pretendendo una soluzione abitativa. Dopo una prima soluzione in un residence fuori Roma, grazie alla rete di mutuo appoggio decisa a sostenere Farook e la sua famiglia, fu possibile pretendere lo spostamento della famiglia ed impedire così la sua deportazione, lo sradicamento dal proprio tessuto sociale e la distruzione dei legami affettivi che la tengono unita………La resistenza di quella giornata diventa oggi oggetto di intimidazione, e l’operazione messa in atto contro i solidali si configura decisamente come azione preventiva rispetto alle iniziative dei prossimi giorni. Abbiamo già potuto constatare il notevole cambio di passo nella gestione dell’ordine pubblico durante gli accessi dispiegati nei primi giorni di marzo. Chiaramente gli spazi di mediazione sono chiusi, l’amministrazione comunale e le istituzioni non hanno nulla da offrire, e solo la questura di Roma e la magistratura hanno voce in capitolo sugli sfratti e sul governo dei territori. Misure cautelari, denunce, sfratti eseguiti con la forza pubblica, attaccano direttamente un livello di resistenza che si mette in campo da Roma a Palermo, dove oggi è stata eseguita la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di 17 compagni, relativamente alle azioni di lotta portate avanti negli ultimi 5 anni nella città. …..”

così recita il volantino della Rete antisfratto di Roma Est e dei Movimenti per il diritto all’abitare.
Difendere e/o occupare una casa è un atto politico, difendere e/o occupare uno spazio è un atto politico.La creazione  e l’agibilità di spazi politici è respiro, è aria per il movimento antagonista e per il movimento femminista.

La loro difesa è un momento importante di consapevolezza e di crescita e spazza via le teorie inconsistenti e false della convivenza civile e della legalità. Due principi che, peraltro, vengono sempre indirizzati alle oppresse/i  e alle emarginate/i per far loro accettare condizioni di vita improponibili e ruoli, mentre, chi li propaganda, mercanteggia con le istituzioni promozione sociale personale e del gruppo di appartenenza.

Occupare case, spazi abitativi, sociali è un diritto e chi, a vario titolo, lo nega, indipendentemente dal ruolo che assolve e dai distinguo che fa, accetta e non trova vergognoso che ci siano persone che non hanno un tetto sotto cui vivere o che debbano pagare affitti improponibili o che debbano regalare la loro vita per far fronte ai più elementari bisogni.

Ma non è soltanto questo, la necessità di una casa non è soltanto una questione di vita dignitosa, di diritti imprescindibili di base per un’esistenza che valga le pena di essere vissuta, è anche spazio di autonomia e autodeterminazione, in cui ritirarsi a riflettere e pensare , spazio che permette di organizzarsi la vita anche in funzione della lotta, spazio che libera la mente dall’angoscia di non avere certezze e punti fermi, quella “stanza tutta per sé” di cui parlava Virginia Wolf, quando pensava all’oppressione delle donne che non riuscivano ad avere indipendenza economica e gestione del proprio tempo e del proprio spazio, indispensabili per creare, ma indispensabili anche per pensare e per lottare.

E’ necessario recuperare l’autonomia che è la presa in carico direttamente dei nostri desideri e della possibilità di realizzarli. E’ la riappropriazione di un tempo liberato dal lavoro salariato, dal lavoro di cura, dai ruoli, è coscienza e tessuto di comunicazione e organizzazione sociale, è capacità di esprimere rottura e identità politica, di scardinare il controllo che si manifesta nel dominio culturale e sociale prima ancora che il quello poliziesco e repressivo..

Mentre si infittiscono i queruli richiami alla legalità e alla non violenza, lo Stato supera questi limiti e abbatte le ultime apparenze della sua “democrazia” e intere aree sociali e geografiche si trovano prive di ogni “garanzia”, occupate, rastrellate, perquisite, represse.

E’ necessario porsi fuori e contro la società del capitale, a partire dal rifiuto della sua ideologia al fine di far valere la volontà di riscatto e di liberazione degli oppressi e delle oppresse. Una pratica di riappropriazione e soddisfazione dei propri bisogni, fuori e contro il lavoro salariato, i ruoli, la meritocrazia, le gerarchie…. Sapendo che dovremo fare i conti con il riformismo e la socialdemocrazia che premono per le “riforme”, parola di cui hanno stravolto il significato originale per ridefinire i rapporti lavorativi, lo stato sociale, il sistema giuridico, mentre spetta a noi praticare direttamente i nostri bisogni reali con la consapevolezza della portata liberatoria che questo ha nei confronti dei miti volutamente fallaci e fuorvianti della legalità e della non violenza..

 

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/03/13/la-parentesi-di-elisabetta-dell11032015/

8 marzo a Roma: corteo delle donne, tutte in piazza!

Data di trasmissione
Durata 3m 32s
Durata 15m

Roma, ore 10.30. La prima corrispondenza con le compagne che si stanno preparando a partire in corteo da via Ostiense, davanti alle Cagne sciolte, per arrivare al centro Ararat, a fianco della lotta delle donne curde:

https://www.ondarossa.info/eventI/8-marzo-fianco-della-lotta-delle-donne-curde

La seconda corrispondenza arriva da una delle tappe del corteo femminista dell'8 marzo, davanti a una farmacia che si rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo.

Trasmissione del 4/03/2015 "La tappa del Ponte di ferro"

Data di trasmissione
Durata 59m 56s
Puntata del 4/03/2015 “ La tappa del Ponte di ferro” Immagine rimossa.

” La coordinamenta e l’8 marzo 2015 a Roma/La tappa del PONTE DI FERRO/La strumentalizzazione delle donne sul fronte interno e sul fronte esterno/ Riffa/ 7 marzo a Marsiglia/ La marche de nuit/collegamento con “Le complot des cagoles” di Radio Galère”

Immagine rimossa.

 

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/03/06/podcast-della-trasmissione-del-4032015/