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femminismo

La Parentesi dell' 11/11/2015 "Sparare sul quartier generale"

Data di trasmissione
Durata 4m 28s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/11/12/la-parentesi-di-elisabetta-dell11112015/

“Sparare sul quartier generale”

Immagine rimossa. Gli anni del femminismo sono stati gli anni del desiderio. Il femminismo degli anni ’70 era il portato della carica liberatoria che le donne avevano accumulato come saperi, come consapevolezza, come scoperta, come assunzione su di sé della necessità di capire i propri desideri e della possibilità di prendere in carico la capacità di realizzarli. Era un impegno a sottrarsi alla società patriarcale e capitalista, nel desiderio della possibilità di una felicità collettiva. La via della liberazione non si opponeva a dei soggetti, ma alla totalità del presente inteso come totalità organizzata di un sociale, cioè l’insieme delle relazioni sociali che riproducevano continuamente una società sessista e classista. Era il tentativo cosciente di sconfiggere l’ambiente costituito dai dispositivi semantici, discorsivi, di controllo che rendono possibile il perpetuarsi del patriarcato e del capitalismo.

Era un processo che circolava in tutte le situazioni in cui era in grado di vivere e ha permesso la sperimentazione e l’attuazione di pratiche di liberazione concrete e autonome che hanno conferito a chi le ha percorse una capacità di riappropriarsi della propria vita anche attraverso momenti di grande fatica e di conflittualità con la stessa coscienza illusoria che ognuna di noi si porta dentro, frutto della manipolazione con cui avviene la costruzione del femminile.

Ma è successo al femminismo quello che è successo al movimento tutto: il sistema ha fatto balenare l’idea che le lotte categoriali e corporative fossero vincenti, dividendo così il fronte di lotta, insinuando il tarlo della separazione fra soluzione immediata di esigenze materiali  e liberazione futura collocata in un fumoso avvenire, spettro di un’utopia di poche/i, irrazionali e sognatori/trici.

Nello specifico femminista ha usato le femministe socialdemocratiche che hanno presentato l’emancipazionismo come la soluzione e la panacea in contrapposizione alla radicalità del femminismo liberatorio e alla sua netta opposizione alla struttura di questa società.

La maggior parte delle donne si sono fatte irretire da queste sirene: alcune erano in buona fede, altre no. La stragrande maggioranza ha scelto la sistemazione personale quando è stata data questa  possibilità. Questa in sé non è una colpa. Trovare soluzione economica e anche di vita e perché no, di soddisfazione personale non solo è lecito, ma anzi auspicabile. Il problema si è presentato ed è diventato grave, quando chi ha fatto questa scelta, per giustificarla, si è prestata a veicolare che questa era la soluzione giusta, corretta e ragionevole, demonizzando la “radicalità”…. la ”violenza”…la “mancanza di maturità”…di chi continuava a porsi il problema dell’uscita dalla società patriarcale e capitalista e usando  proprio gli strumenti del femminismo per addomesticare il femminismo: … la sorellanza… l’orizzontalità… la condivisione….. la “positività” del portato femminile  e anche  la necessità di avere visibilità, la possibilità di trasformare il maschile, tacciando chiaramente di insipienza tutte quelle che continuavano a dire che la sorellanza era attraversata dalla classe…che la compartecipazione nelle istituzioni non era altro che la partecipazione alla gestione del potere…che la violenza era del dominio e del patriarcato e non di chi si poneva il problema di uscirne.

Hanno  operato, così, lo stesso tradimento di quelle/i che si sono laureate/i in prima generazione e si sono svendute/i per la promozione personale dimenticando come e perché erano riuscite/i a ottenere quello che avevano ottenuto e, anzi, demonizzando quelle pratiche.

I gruppi, i collettivi, le singole che avevano una visione diversa c’erano, eccome! ma il loro isolamento è avvenuto attraverso la stampa mainstream , l’uso del gratuito, la funzione delle esperte e degli esperti, la demonizzazione delle posizioni di classe, la promozione  strumentale a femministe storiche di quelle  che avevano teorizzato posizioni come il rifiuto di “ogni ideologia”, del pensiero razionale o dell’intera storia perché risultato della dominazione maschile.

Proprio l’uso di queste categorie ha zittito tutte quelle che avrebbero voluto fare chiarezza.

Proprio le donne che sono entrate nelle istituzioni e/o che dalle istituzioni sono state finanziate nelle maniere più svariate, ma anche quelle che a vario titolo si sono identificate nei meccanismi di questa società, hanno contribuito in maniera importante all’isolamento e al disconoscimento dei collettivi e delle singole  refrattarie, non omologate, devianti e recalcitranti, prestandosi ad essere veicolo del pensiero unico dominante, perpetuando l’oppressione su tutte le altre donne.

L’uscita dal pantano in cui è stato trascinato il movimento femminista ora può essere solo il risultato  di un percorso di verità.

Il movimento femminista è stato attraversato dalla lotta di classe, proprio al suo interno.

Il problema non è riconoscere che lotta di genere e di classe sono inscindibili, che la nostra lotta è inseparabile dalla lotta per una società dove non ci sia sfruttamento e che se non siamo liberi tutte e tutti non è libera/o nessuna/o. Questo è un portato che appartiene al femminismo e non credo che ci sia bisogno di spiegare che l’unico femminismo è quello che percorre vie di liberazione, ma la necessità è di riconoscere  che il problema è interno.

E’ la mancanza di riconoscimento che all’interno del femminismo si è espressa la lotta di classe e che ha vinto la borghesia che ci ha condotte fino qui e che ci impedisce di uscire dal pantano.

Il primo passo necessario  per riportare il femminismo alla sua dimensione di percorso di liberazione è sparare sul quartier generale.

Poi, ognuna  sceglierà gli strumenti e le modalità che ritiene più congeniali nell’afflato  di libertà che ci accomuna.

Trasmissione del 4/11/2015 "Il valore della rottura"

Data di trasmissione
Durata 1h 3m 51s
“I Nomi delle Cose” /Puntata del 4/11/2015 “Il valore della rotturaImmagine rimossa.  e “La grande guerra/I sogni muoiono nel pomeriggio”

GETTARE GLI ZOCCOLI NELL’INGRANAGGIO/la Trident Juncture si può fermare/la diretta con le compagne da capo Teulada/La grande guerra/4 novembre/dedicata a Olga Rozanova e alla rivoluzione d’ottobre/Occhi bene aperti/I ruoli sessuati nella situazioni emergenziali”

 

 

La Parentesi del 4/11/2015 "Occhi bene aperti"

Data di trasmissione
Durata 7m 16s
“Occhi bene aperti”

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/11/05/la-parentesi-di-elisabetta-del-4112015/

Immagine rimossa.

Tutto comincia a cambiare con il veto all’ONU  della Russia e della Cina sull’intervento diretto delle  “potenze occidentali” in Siria. Memori di quello che è successo in Libia, la Russia e la Cina hanno capito che la tattica della foglia del carciofo attuata da Usa e alleati è di fatto diretta a loro e sono corsi ai ripari.

Gli Stati Uniti mirano, in Medio Oriente e non solo, a destabilizzare gli Stati asimmetrici ai loro interessi. A questo scopo hanno creato, addestrato e armato gli integralisti islamici, Isis compreso. Ora l’integralismo islamico è sfuggito loro di mano. Quello che sta succedendo in Afghanistan è esemplare, ma tutto ciò agli Usa permette comunque di giocare a due tavolini: da una parte continuano a foraggiare il variegato mondo dell’integralismo islamico, dall’altra usano il terrorismo come strumento per compattare l’occidente…je suis Charlie docet…e per avere eventuale mano libera per intervenire come e dove ritengono conveniente.

Inoltre, nel settore medio-orientale il referente degli Usa è Israele, anzi per gli Usa, in medio oriente è la politica israeliana che ha guidato le scelte comuni.

Israele mira a distruggere gli Stati Nazione di quell’area, Turchia, Iran, Iraq, Siria, Egitto e a ridurli a staterelli inconsistenti facilmente manovrabili e gestibili. Non ha mai tralasciato il progetto sionista, che, anzi, è il filo conduttore sotterraneo delle sue scelte politiche, di costruire il Grande Israele. Il concetto di “Grande Israele” si fonda sull’idea di uno stato ebraico esteso dall’Egitto fino all’Eufrate includendo parti della Siria e del Libano, il “Piano Yinon” del 1982.

E infatti, l’Isis è appoggiato da Israele in funzione destabilizzante degli Stati Nazione dell’area mediorientale. L’ Isis, guarda caso, non attacca mai obiettivi israeliani. Ma come? Gli integralisti musulmani non vogliono pregare a Gerusalemme?

Si è creata, così, un’alleanza Usa-Curdi. I Curdi, da una parte combattono l’Isis, dall’altra sono elemento scardinante degli Stati Nazione in quell’area.

Però la situazione internazionale è in movimento.

Si sta venendo a creare un asse Russia-Cina e alleati mediorientali Iraq, Hezbollah libanesi, compresa la Siria dove, peraltro, la Russia è stata chiamata in aiuto dal governo legittimo come era successo in Afghanistan.

E gli Usa sono in un momento di transizione. La loro politica in medio oriente si è rivelata fallimentare. Il mandato di Barack Obama è in scadenza e bisogna vedere chi gli succederà. Ricordiamoci sempre che gli Usa hanno, da molto tempo e precisamente dall’uccisione di J.F.Kennedy, perso la mediazione politica e sono governati direttamente dalle multinazionali di cui le rappresentanze politiche sono diretta filiazione.

Per la prima volta, gli interessi Usa, almeno parzialmente, stanno divergendo da quelli Israeliani. Però Israele è anche una multinazionale molto potente negli Stati Uniti.

Ora, in questo quadro,Tayyip Erdogan in Turchia ha vinto le elezioni, ma è un morto che cammina. Se le elezioni del primo novembre avessero decretato la sua sconfitta politica sarebbe sparito dalla scena, ma il fatto che sia andata diversamente apre scenari inquietanti.

Ormai è un ostacolo sia per gli Usa che per Israele. Entrambi vogliono la creazione di un Kurdistan indipendente che ridimensioni gli Stati circostanti. Certo la Turchia dovrebbe cedere i territori rivendicati dai Curdi e allo stesso tempo la Turchia fa parte della Nato ed è un elemento importante della coalizione, ma sia gli Stati Uniti che Israele pensano che, in fin dei conti, per la Turchia non cambi poi molto cedere un pugno di montagne rispetto ai loro guadagni in termini geopolitici sapendo che l’instaurazione di un Kurdistan indipendente aprirebbe scenari importanti rispetto all’irredentismo delle zone curde in Iran che loro chiaramente si ripromettono di cavalcare

La vittoria di Erdogan è dovuta all’appoggio e al voto della popolazione più povera, delle masse contadine, di provincia, retrive e tradizionaliste dove il richiamo all’ Islam è un argomento fondante, ma è osteggiato fortemente dalla parte laica e occidentalista dell’elettorato colto che in Turchia rappresenta una parte importante della società che conta.

E proprio consapevole di questo, Erdogan nel periodo pre-elettorale è ricorso allo stragismo. Lo stragismo non è qualcosa di estraneo alle così dette “democrazie”, specialmente per quelle dell’area Nato, ma è una modalità che viene scelta in momenti determinati e per precisi interessi.

Ci ricorda quello che è successo in Italia. Ma con una differenza fondamentale. La sinistra turca ha individuato immediatamente la matrice di Stato degli attentati ed è scesa in piazza con una indiscussa chiarezza politica, mentre qui da noi, a suo tempo, così non è accaduto. E la ragione principale sta nell’ azione di addomesticamento delle coscienze, di intorbidamento degli scenari e delle ragioni politiche che ha operato la socialdemocrazia nelle vesti dell’allora PCI e dei sindacati confederali. Questo d’altra parte era il loro ruolo. Ed è con questa “così detta sinistra” che noi ancora oggi facciamo i conti.

Finora gli Usa si sono posti come Stato del capitale, hanno avanzato pretese egemoniche con una politica attiva e aggressiva con lo strumento principe della Nato come esercito di conquista, togliendo di mezzo uno alla volta i paesi asimmetrici ai loro interessi e accerchiando la Russia con operazioni come quella espressa in Ucraina.

Ora che si sta formando un asse antagonista, gli Usa e più precisamente le multinazionali che ne dettano la politica, hanno preso in seria considerazione l’ipotesi di andare ad una resa dei conti con la Russia e la Cina, resa dei conti che non esclude l’opzione della guerra. Per questo non solo la Nato è mobilitata e si esercita avendo presente questo scenario, ma sono stati chiamati alle armi anche Media, Ong, Onlus, Fondazioni, Think Tank.

Stiamo camminando sull’orlo del burrone e bisogna tenere gli occhi bene aperti.

Trasmissione del 28/10/2015 "Fuori Usa-Nato dalla nostra terra"

Data di trasmissione
Durata 1h 0m 38s

“I Nomi delle Cose” /Puntata del 28/10/2015

“Fuori Usa-Nato dalla nostra terra

Oggi, / il mio corpo tornato normale, / siedo e imparo / il mio corpo di donna / come il tuo / bersagliato per strada, / rubatomi a dodici anni / come il petrolio venezuelano / con la stessa spiegazione. / Sei ignorante / ti insegno io / poi ridatomi indietro goccia a goccia… / Guardo una donna osare / oso guardare una donna / osiamo alzare la voce / rompere le bottiglie / imparare…  (Jean Tepperman)

 “La Sicilia non è zona di guerra/Via le basi Usa-Nato dalla nostra terra!/ Il 31 ottobre a Marsala/“A FORAS SA NATO DAE SA SARDIGNA E DAE SU MUNDU!!”/manifestazione al poligono di Capo Teulada 3 novembre/DESMONAUTICA/“Azienda insanitaia locale”                                                          Immagine rimossa.

 
 

Trasmissione del 21/10/2015 " Danzare su una polveriera"

Data di trasmissione
Durata 1h 0m 45s

“I Nomi delle Cose” /Puntata del 21/10/2015

“Danzare suna polveriera”

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/10/25/podcast-della-trasmissione-del-21102015/

Immagine rimossa.

“In quanto mestiza, non ho paese, la mia patria mi ha esclusa; eppure tutti i paesi mi appartengono, perché di ogni donna sono la sorella o l’amante potenziale (in quanto lesbica non ho razza, il mio stesso popolo non mi riconosce; ma sono tutte le razze, perché in ogni razza c’è il diverso in me). Sono senza cultura perché, in quanto femminista, sfido le credenze collettive cultural/religiose di orginine maschile tanto degli indo-ispanici quanto degli anglos; eppure sono piena di cultura perché partecipo alla creazione di una cultura ulteriore, di una nuova storia del mondo e della nostra presenza in esso, di un nuovo sistema di valori le cui immagini e simboli ci connettono le une alle altre ed al pianeta. Soy un amasamiento, sono l’atto di impastare, di unire e di mettere insieme, da cui ha preso forma una creatura che appartiene sia al buio, sia alla luce, ma anche una creatura che mette in discussione la definizione di luce e di buio e ne cambia il significato.”

 La conciencia de la mestiza – Gloria Anzaldua

Petronilla e la finanza/Corpo di Stato/Appello per una partecipazione femminista e lesbica, gay, trans, queer alle iniziative antimilitariste contro la Trident Juncture/Danzare su una polveriera”

Trasmissione del 14/10/2015 "Nessuna pace per chi vive di guerra"

Data di trasmissione
Durata 1h 37m 6s

“I Nomi delle Cose” /Puntata del 14/10/2015

“Nessuna pace per chi vive di guerra

Immagine rimossa.

“Entriamo, Usciamo, Saliamo, Scendiamo, Tagliamo,
Ogni volta che vogliamo. Sappiatelo/TRIDENT JUNCTURE in studio con noi e in collegamento dalla Sardegna, le compagne della Rete “Nobasi nè qui nè altrove”/ Detenzione amministrativa/Campeggio antimilitarista/Imperialismo e  patriarcato”

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/10/16/podcast-della-trasmissione-del-14102015/

 

Immagine rimossa.

La Parentesi del 14/10/2015 "Detenzione amministrativa"

Data di trasmissione
Durata 5m 20s

La Parentesi di Elisabetta del 14/10/2015

“Detenzione amministrativa”

Immagine rimossa.

La settimana scorsa ci sono state diverse iniziative a sostegno dei prigionieri/e politici palestinesi in sciopero della fame, incarcerati dal governo israeliano con lo strumento della detenzione amministrativa, la pratica “legale” per la quale un/una palestinese diventa prigioniero/a senza accuse né processo, una pratica rinnovabile di 6 mesi in 6 mesi. Sono oltre 350 i prigionieri/e in questa situazione e vengono presi di mira dagli arresti e “condannati” alla detenzione amministrativa in special modo i rappresentanti politici maggiormente esposti, come Khalida Jarrar, prelevata dalla sua abitazione in piena notte da reparti israeliani ad aprile perché rappresenterebbe “una minaccia per la sicurezza”.
Il principio della detenzione amministrativa è un concetto che nasce in Germania alla fine degli anni ’30 e rappresenta uno strappo importante al diritto così come noi lo conosciamo.
Nel diritto borghese una persona può essere condannata solo e soltanto per il reato che ha commesso e quando questo è stato dimostrato.
La detenzione amministrativa prevede, invece, che una persona sia sanzionata e internata non per quello che ha fatto, ma per quello che è, per una condizione, un’etnia, un credo politico o religioso, una situazione familiare o sociale… E’ il trascinamento dallo Stato di diritto allo Stato etico ed è un principio nazista.
Lo Stato si arroga il giudizio sul comportamento e non sugli atti, sull’essenza del pensiero e sulle modalità di vita e non sul reato. Ragione per cui non è necessario un giudice a decretare la detenzione amministrativa, ma è un provvedimento messo in atto direttamente dagli organi repressivi e di controllo nelle accezioni più svariate.
Nella Germania degli anni’30 nel campo di internamento di Ravensbruck, campo per sole donne e giovani ragazze, venivano internate tutte quelle che non erano gradite al sistema, quelle che erano madri, sorelle, parenti di antinazisti in senso lato, ma, la maggior parte veniva internata su indicazione dei servizi sociali e con delle motivazioni assai vaghe di “asozialen”.
E’ chiaro che la detenzione amministrativa è un grande strumento di controllo sociale, non solo perché interna tutte quelle e tutti quelli non graditi al potere, ma perché spinge anche i cittadini/e a diventare delatori/delatrici, controllori e controllore di se stessi e degli altri e a usare lo strumento della denuncia anonima.
Anche qui da noi c’è la detenzione amministrativa, ci sono i CIE, i centri di identificazione ed espulsione, veri e propri campi di internamento in cui vengono rinchiusi soggetti che non hanno commesso reati, ma che sono ritenuti irregolari. Ora tocca alle migranti ed ai migranti senza permesso di soggiorno o ai così detti “clandestini”, ma il principio può essere esteso a chiunque non sia gradito al sistema,
Sono stati istituiti dalla legge Turco-Napolitano nel 1998 e questo la dice lunga sull’area politica che è portatrice in questa società dei principi ideologici nazisti. Perché se i principi nazisti informano una società non dipende da quanto i simboli storicamente riconoscibili siano pubblici ed evidenti, ma da quanto un’ ideologia pervade la struttura e la modalità a cui si informano lo Stato, le leggi e il metabolismo sociale che ne deriva.
Il riformismo neoliberista, PD in testa, è il portatore dei principi di nazista memoria perché tende all’instaurazione di un governo diretto del potere economico eliminando la mediazione politica e ha la pretesa di normare ogni aspetto della nostra vita. Infatti, corollario della detenzione amministrativa sono le sanzioni amministrative relative al così detto ordine pubblico che vengono comminate direttamente dagli istituti di controllo poliziesco e sono state veicolate e fatte accettare usando situazioni e accadimenti a cui l’opinione pubblica è particolarmente sensibile. Una per tutte è il Daspo che prevede il divieto per i tifosi a cui viene applicato di accedere agli stadi e l’obbligo di firma durante le partite. E la tendenza è a trasferire questo tipo di modalità alla società tutta e soprattutto a chi manifesta dissenso etichettato subito come soggetto socialmente pericolo.
Quando si parla di solidarietà internazionalista mettiamo spesso l’accento sull’appoggio che diamo alle lotte che attuano percorsi di libertà e di liberazione in altri paesi ed è giusto che questa solidarietà venga messa in atto, ma l’aspetto più importante dovrebbe essere quello di riportare le lotte ad unità e a sintesi.
Quando manifestiamo solidarietà ai prigionieri politici palestinesi in detenzione amministrativa, in effetti, lottiamo per noi stesse e per noi stessi e quando ci battiamo per l’abolizione delle sanzioni amministrative e per la chiusura dei Cie a casa nostra, lottiamo anche per loro.

 

Trasmissione del 7/10/2015 "Lo stato dei movimenti, compreso quello femminista"

Data di trasmissione
Durata 1h 56m 1s

Questa è la prima trasmissione dell’anno politico 2015/2016, Buon ascolto!

“I Nomi delle Cose” /Puntata del 7/10/2015

Lo stato dei movimenti, compreso quello femminista

“Era una notte di lupi feroci, l’abbiamo riempita di suoni e di voci”

“Dedicata a Lucia Ottobrini/la trasmissione del nuovo anno politico: cosa resta e cosa cambia/Desmonautica/Mai contro sole/Lo stato dei movimenti”

Immagine rimossa.

 

La rubrica di Denys, all’interno della nostra trasmissione cambia nome ma non solo e da “Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe” diventa “Desmonautica” e Denys ci spiega perché:

“Desmos: legame e vincolo per definizione, ma anche rapporto e relazione,
interconnessione. Legamento nei libri di medicina, controllo in quelli
di meccanica, desmologico è lo studio dei legami chimici molecolari e
atomici. Desmonautica è quaderno di appunti e diario di un viaggio nei
tendini della società, e alle sue desmopatie.

Il desmonauta che lo narra ha smesso di non avere il genere ma avere la
classe. Per meglio dire, la classe ce l’ha ancora. Il genere pure, work
in progress. Tutto sta mutando e lui non facendo eccezione si è avviato
verso nuovi sviluppi, nuovi orizzonti, una nuova storia, sua e delle sue
idee, ed è ora convinto e intenzionato più che mai ad indossare tuta
antigravitazionale, solidi scarponcini e un paio di acuti occhiali
materialisti per guardare, sviscerare, analizzare spazi e tempi. Gli
spazi sono quelli del sapere, dell’agire, del divenire e
dell’attraversare, con i soggetti e le contraddizioni che contengono. I
tempi sono quelli che corrono, e qualche volta fanno un salto in avanti.

Ogni ultimo mercoledì del mese chiama le cose col loro nome con
interventi spurii tanto quanto le sue presenze nella sua rubrica, che
rimane dov’è: ogni ultimo mercoledì del mese, solito orario, sulla
frequenza 87.9FM di Radio Ondarossa.”

 

La Parentesi del 7/10/2015 "Mai contro sole"

Data di trasmissione
Durata 6m 22s
“Mai contro sole”

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/10/08/la-parentesi-di-elisabetta-del-7102015/

Immagine rimossa.

Quando si decide di intraprendere una lotta, il primo problema che ci si dovrebbe porre è il riconoscimento del nemico.

Non è questione da poco o da sottovalutare altrimenti rischiamo di combattere “contro sole” e, non vedere chi abbiamo di fronte, significa perdere in partenza.

Lo abbiamo già detto tante volte, siamo calate nella fase imperialista del capitalismo, nella sua fase che tende al monopolio. Il neoliberismo non è altro che il punto a cui è arrivato il capitale nel suo processo autoespansivo, è una vera e propria scelta ideologica e non il prodotto di un momento di crisi. O meglio, la crisi c’è ma è per tutti quelli attaccati dalle politiche neoliberiste, siano strati sociali o Stati, qui o nel terzo mondo, e nulla di quello che succede è il prodotto di una difficoltà del capitale, bensì di una precisa scelta.

Stiamo assistendo ad un lotta spietata senza esclusione di colpi per la ridefinizione dei rapporti di forza tra le multinazionali e gli Stati e con gli oppressi tutti.

Ma il neoliberismo è un prodotto ideologico statunitense che, testato nel Cile di Pinochet, attraverso l’Inghilterra è arrivato fino a noi in Europa.

Sono proprio gli Stati Uniti ad avere la pretesa egemonica  e a porsi come Stato del capitale.

Dire questo non significa fare dell’antiamericanismo, ma leggere gli avvenimenti che scorrono davanti ai nostri occhi per quello che sono, un attacco a tutto campo da parte degli Usa a tutti coloro che sono asimmetrici agli interessi statunitensi, un passo dopo l’altro, dalla Jugoslavia, all’Iraq, passando per l’Afghanistan, dalla Libia alla Siria o che possono essere funzionali al progetto espansivo come per l’Ucraina. Il progetto di dominio e di controllo mondiale degli Usa cammina senza soste e non riconosce neppure alleati, ma solo vassalli. E’ chiaro che essendo la fase imperialista, anche gli altri paesi sono imperialisti. L’Europa stessa avrebbe delle pretese di imporsi come polo imperialista autonomo dagli Usa, dato che i suoi interessi non sono sempre coincidenti, ma non ne ha né la possibilità, né la forza, soprattutto militare. Una potenza economica come la Germania è “occupata” dalle basi statunitensi e, infatti, non riesce a sottrarsi alle sanzioni nei confronti della Russia che la danneggiano fortemente. Il TTIP è emblematico dell’attacco sferrato dagli Usa all’Unione Europea.

Annacquare il discorso politico in un generico antimperialismo, significa non riconoscere il nemico e, quindi, sottovalutare l’importanza delle mobilitazioni contro la Nato, vero e proprio esercito di aggressione e danzare sopra una polveriera.

Ma, non riconoscere il nemico esterno, non permette neppure di riconoscere il nemico interno.

E’ il PD, nelle sue varie accezioni, ad aver naturalizzato e a naturalizzare il neoliberismo nel nostro paese e a rappresentare gli interessi delle multinazionali anglo-americane qui da noi e ad aver trasformato l’Italia in un governatorato. Ma il riconoscimento del nemico non avviene per posizioni ideologiche o preconcette, avviene solo e soltanto dall’analisi delle scelte e dei comportamenti politici. La socialdemocrazia si è trasformata in destra moderna e usando un lessico, parole, segni, segnali e modalità della sinistra è riuscita a naturalizzare il neoliberismo, un passo dopo l’altro, una “così detta riforma” dopo l’altra, fino all’attuale dilagare del governo Renzi, tra l’altro illegittimo, ma che rappresenta solo l’ultimo atto di un lungo percorso. La destra tradizionale è, in questo gioco, assolutamente perdente, attardata su modalità politiche, queste sì, della vecchia DC, dei contributi statali a pioggia, delle commesse nel sud, dei rapporti con la mafia…..a tutela degli interessi di una borghesia nazionale  destinata alla sconfitta dalla nuova iper-borghesia o borghesia transnazionale o borghesia imperialista che dir si voglia.

L’iper-borghesia sta ridefinendo gli assetti anche all’interno di quella che era l’ossatura della borghesia e in questa ridefinizione dei rapporti all’interno della classe ha buttato a mare la piccola e media borghesia, i piccoli imprenditori, i professionisti, gli insegnanti, il ceto medio nelle sue varie configurazioni.

Il traballante e strumentale stato sociale keynesiano, strumentale perché scelto, in verità, in funzione anticomunista, con riferimento non solo all’Unione Sovietica, ma ad un immaginario che attraversava  le classi subalterne, è venuto meno. E’ stato chiuso in maniera drastica e unilaterale ogni spazio di contrattazione.

Ma c’è l’impressione netta che le lotte che vengono messe in atto per contrapporsi al neoliberismo dilagante appartengano ancora ad una configurazione sociale keynesiana che non esiste più: gli scioperi, le proteste, le manifestazioni, i presidi….sono tutte forme di lotta che presuppongono un interlocutore. Ma l’interlocutore non c’è più, c’è solo un nemico.

E se il patto sociale è rotto, perché è rotto, e, purtroppo non l’abbiamo rotto noi, allora nessuno, ma proprio nessuno deve più nulla a questo Stato: nessuna tassa, nessun ticket, nessuna bolletta, nessuna multa, nessun biglietto…..nulla di nulla è più dovuto a nessun titolo.

Le lotte territoriali sono importanti, partire dai bisogni e dalle esigenze altrettanto, ma non basta, bisogna riuscire a parlare a tutti gli strati sociali colpiti dalla crisi, cogliere  e raccogliere quelle istanze che li attraversano e trasformarle in lotta di classe.

Ma qualsiasi lotta porteremo avanti non ci dovremo mai dimenticare chi è il nemico esterno, chi è il nemico interno e qual è l’obiettivo: uscire da questa società.

Violenza di genere: adesso basta! assemblea giovedi @cagnesciolte

Data di trasmissione
Durata 57m 51s

giovedì 24 settembre alle 19 dalle Cagne Sciolte, via ostiense 137, assemblea delle donne sulla violenza di genere.

 

ADESSO BASTA! E' ORA DI SCEGLIERE!

Negli ultimi mesi si sono verificati molti casi di violenza sulle donne negli spazi che, come compagne e compagni, viviamo. E' nata spontanea la voglia di vederci per dare delle risposte, ma anche per costruire un luogo di riconoscimento e di presa di posizione pubblica contro la violenza.

Speravamo che definendoci compagno o compagna avessimo ormai assunto l'antisessismo e la lotta al patriarcato come necessari, innanzitutto mettendo in discussione gli atteggiamenti maschilisti e di possesso che agiamo nelle relazioni, sia intime che collettive.
Evidentemente non è così, se bastassero l'asterisco e la chiocciola quando scriviamo avremmo fatto la rivoluzione!

Le compagne femministe hanno sempre preso posizione e fatto un lavoro comune(anziché di nuovo collettivo) sulla violenza, ma continuano a scontrarsi con le dinamiche che s'innescano intorno all' aggressore: minimizzare, sminuire e isolare la compagna, relegare la violenza all'ambito del privato. Una vera e propria rete di protezione interna che può arrivare a far passare la reazione all'aggressione come un attacco alla realtà politica in cui è avvenuta la violenza.
Quando si dice «non vogliamo fare processi» in realtà si produce un meccanismo di giustificazione per cui si elude il confronto collettivo e si istituiscono mille processi informali alla donna, alimentati dal chiacchiericcio, che costituiscono un'ennesima violenza.

Nominare la violenza e le sue dinamiche per scardinarle non è fare un processo. Parlare di antisessismo, maschilismo, patriarcato, criticarsi nell'agire oppressivo, porsi delle domande fà sì che si possano dare delle risposte collettivamente.
Ora è necessaria un'assunzione di responsabilità e una presa di coscienza dei privilegi del proprio genere e dei ruoli assunti come maschi, soprattutto se bianchi ed eterosessuali.
E' ormai necessario che i compagni si formino sulle questioni di genere e scelgano concretamente le pratiche per combatterli, scardinando i meccanismi di delega e i ruoli educativi normalmente attribuiti alle compagne.

Che genere di relazioni vogliamo? Ci possiamo fidare di rapporti non basati sull'antisessismo? Vogliamo continuare a condividere spazi con compagni che tengono stretti i propri privilegi? Che genere di conflitto possiamo agire nei nostri spazi? Quali strumenti ci diamo per costruire luoghi in cui siamo a nostro agio? In cui siamo libere di arrabbiarci, usare il sarcasmo o l'ironia contro il sessismo e il machismo dei compagni?

Adesso basta! E' ora di scegliere!

Le relazioni di potere ci tolgono forza nelle lotte che portiamo avanti. Affrontarle e sovvertirle è imprescindibile! I panni sporchi non si lavano in famiglia, ma collettivamente.
Per questo abbiamo iniziato ad incontrarci come donne in un'assemblea aperta ed in continua evoluzione. Vogliamo costruire una rete di sorellanza in cui sia possibile riconoscersi, ascoltarsi, sostenersi reciprocamente e trovare insieme le pratiche di autodifesa.

Il prossimo incontro sarà giovedì 24 settembre alle 19 dalle Cagne Sciolte, via ostiense 137.