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solidarietà

12 dicembre, un appuntamento in solidarietà ai prigionieri e alle prigioniere

Data di trasmissione
Durata 27m 21s

Collegamento telefonico con una compagna dell'assemblea di parenti, amiche e solidali delle persone prigioniere. Ricostruiamo quanto successo negli ultimi mesi: le rivolte e le morti in carcere, l'aumento dei contagi tra le persone recluse, le iniziative di solidarietà. Infine, un appello a partecipare a un appuntamento che si terrà a Roma il 12 dicembre in solidarietà con i prigionieri e le prigioniere.

 

Inizia il processo contro Juan a Treviso

Data di trasmissione
Durata 9m 21s

In collegamento con una compagna, parliamo del processo contro Juan che inizia il 28 novembre a Treviso e avverrà in videoconferenza dal carcere di Terni. Juan è detenuto da un anno e mezzo dopo tre anni di latitanza e l'arresto a Brescia. Il processo avverrà con una giuria popolare nella città che è la roccaforte della Lega. Lo vede accusato del reato di strage, oltre alla solita associazione sovversiva con finalità di terrorismo per un attacco a una sede della Lega avvenuto nell'agosto del 2018.

 

Presentazione della Carovana Bialysturbo

Data di trasmissione

Con alcun* compagn* in studio e in collegamento dal parcheggio presentiamo la Carovana "Bialysturbo" che dal centro italia  si muove verso sud, rivendicando la solidarietà a tutt* le i compa incarcerat* nell'ambito dell'ultima operazione repressiva denominata Bialystok.

Qui il comunicato:

Carovana Bialysturbo. Complici con le/i prigionierx anarchicx, solidali con chi si rivolta dentro

Ormai non si contano più le operazioni repressive che colpiscono compagn* negli ultimi anni. Però ce le ricordiamo tutte. L’ultima in data 12 giugno denominata Bialystok si è addirittura spinta oltre le frontiere italiane, arrivando in altri paesi per arrestarl*.

Lungi da noi l’idea di abituarci/rendere banali gli arresti legati a tutte queste inchieste per terrorismo. Anzi ci dipingono come viaggiatori anarchiche del conflitto. Ebbene si, non entreremo mai nei canoni del trittico produci-consuma-crepa, al quale aggiungere «stai zitt* e rimani dove sei a debita distanza dalle altre persone». Non vogliamo riconoscere e legittimare le frontiere cosi come l autorità, ci muoviamo e ci muoveremo, per fare esperienze per dare solidarietà per occupare ancora e ancora nei pezzi di mondo da sovvertire e da liberare, partendo da noi stess*.

Non ci lasceremo soffocare e con la nostra energica presa bene vogliamo prendere la strada insieme in un progetto un po frizzantino creando una carovana con i nostri mezzi, strumenti, autoproduzioni e saperi senza chiedere il permesso a nessuno.

L’asticella della repressione si è alzata non tanto per le inchieste che ci sono sempre state ma per il fatto che qualsiasi cosa fai è un elemento a carico del accusa. E se fare un saluto, un presidio o andare in giro a incontrare gente che resiste e lotta per la libertà sta diventando terrorismo allora continueremo a farlo sempre di più consapevoli che non ci aspettiamo niente dallo stato che vogliamo abbattere, niente di meno.

Questa carovana sarà/diventerà ciò che vogliamo che sia.
L’idea è quella di partire dal centro italia verso sud rivendicandoci la solidarietà a tutt* le i compa incarcerat*. Vogliamo occupare strade, piazze, prati sotto le mura delle carceri, andare a incontrare compa che ci possano ospitare nei posti, creando momenti di scambio confronti iniziative per autofinanziare la carovana stessa e magari tirare su qualche spiccio per rifornire le casse antirepressione.

Portiamo nella nostra stiva ciò che vogliamo e facciamo girare la voce per essere pronti a partire prima dell’inverno.

Quindi:
DAJE FORTE STATE OF MIND
ON THE ROAD AGAIN gomme gonfie e serbatoio pieno
per l’anarchia
per la libertà

Qui il blog della carovana: https://bialystok.noblogs.org/

 


 

Cosa accade nelle carceri italiane: sul pestaggio di San Gimignano

Data di trasmissione
Durata 11m 20s

Sabato 26 ottobre ore 15.00
Presidio al carcere di S. Gimignano

Spezziamo quel silenzio di tomba!

A fianco di chi lotta contro il carcere, a fianco dei prigionieri di San Gimignano!

Il 22 settembre scorso i giornali hanno riportato la notizia di un’indagine che vede coinvolte 15 guardie del carcere di San Gimignano, accusate sulla base di testimonianze dirette di avere picchiato un prigioniero con pugni e calci, fino a lasciarlo svenuto a terra.

Subito si è levato il coro a difesa della polizia penitenziaria, ed è naturale che sia così: occorreva per l’ennesima volta nascondere all’opinione pubblica quella che è la realtà di un sistema penale e carcerario marcio da cima a fondo! Al massimo si è fatto riferimento alle classiche “mele marce” che non devono guastare il cesto: anche questo un film già visto troppe volte, quando i cosiddetti tutori dell’ordine vanno oltre gli ordinari livelli di impunità e la fanno troppo grossa. In questo caso forse sono stati sbadati e si sono fatti riprendere dalle loro stesse telecamere, altrimenti tutto sarebbe caduto nel silenzio per l’ennesima volta, nonostante le denunce.

E’ molto eloquente, a questo riguardo, che la direzione del carcere e successivamente lo stesso Dap, che sovrintende alle carceri, abbiano negato per mesi, di fronte alle denunce dei prigionieri raccolte da una associazione, che questo pestaggio fosse mai avvenuto, mentre la dottoressa che ha firmato il referto è stata oggetto di intimidazioni. Perché questa è la realtà quotidiana delle galere che si vuole nascondere: violenza e sopraffazione sistematica, che non comincia dai pestaggi ma dalle condizioni invivibili cui sono costretti i prigionieri, vessati da regolamenti inumani e da strutture fatiscenti e sovraffollate. Nello specifico di San Gimignano parliamo di un carcere dove addirittura manca l’acqua potabile e i detenuti sono costretti per bere a comprare l’acqua minerale a proprie spese; di un carcere costruito in mezzo alla campagna, per essere ancora più isolato e nascosto, dove i familiari per fare visita ai propri cari devono organizzarsi con i pulmann. Ma per uno stato sempre pronto ad autoassolversi è tutto nella norma: “a San Gimignano la situazione è accettabile” dice i capo del Dap Basentini.

Vogliamo però dire che non esiste un carcere umano e la soluzione non è certo una detenzione a 5 stelle, se mai possibile. Gli abusi e la tortura sono figli legittimi dell’insensatezza della carcerazione e del sistema penale di questo stato. Perché si parla tanto di rieducazione ma ci permettiamo di chiedere: chi dovrebbe essere rieducato? Un gruppo di prigionieri che mette a rischio la propria incolumità per denunciare un sopruso o le guardie che in 15 contro 1 picchiano una persona indifesa perché amministrano un ordine intrinsecamente violento e ingiusto, che umilia, tortura e uccide quotidianamente (già 98 morti quest’anno)? O non dovrebbe piuttosto essere rieducata una classe dirigente che nasconde tutto questo perché è troppo interessata a dare in pasto al popolo il mostro di turno per indirizzare in altra direzione lo scontento e la potenziale rabbia popolare che potrebbero rivolgersi contro se stessa?

Vogliamo rimarcare che i pestaggi, a S. Gimignano come nelle altre carceri, rappresentano la ordinaria sanzione, da parte delle guardie, di una insubordinazione rispetto all’ordine costituito. In queste mesi le proteste contro gli abusi delle direzioni degli istituti e della polizia penitenziaria si sono moltiplicate: Napoli, Trento, Perugia, Palmi, Reggio Emilia, Campobasso solo per citare le più recenti. Non è quindi un caso che Salvini, l’uomo dei “decreti sicurezza” che ha fatto della violenza armata del potere la sua bandiera politica, abbia solidarizzato con le guardie sotto indagine andando sotto il carcere. Una visita atta a sbandierare l’impunità di cui le forze della repressione ritengono di dover godere in questo sistema, impunità che fa sì che si possa entrare sulle nostre gambe all’interno di una questura o di una galera per uscirne dentro una bara. Ma fortunatamente la visita di Salvini ha visto una pronta e significativa reazione da parte dei prigionieri che hanno protestato rumorosamente.

In questo momento riteniamo sia di fondamentale importanza portare tutta la solidarietà possibile ai detenuti di San Gimignano. Per questo sabato 26 ottobre andremo sotto le mura di quel carcere, in contemporanea con il presidio che si svolgerà sotto il carcere di Parma per ricordare Egidio Tiraborrelli, operaio in pensione ucciso a 82 anni, dopo essere stato condannato in contumacia per favoreggiamento dell’immigrazione. Pur gravemente malato, gli sono stati rifiutati i domiciliari e così è uscito dal carcere solo per andare nell’ospedale dove alla fine è deceduto. Lo faremo contro l’inferno dei cosiddetti “regimi differenziati”: le sezioni di massima sicurezza (41bis) e di alta sicurezza (AS) che sottopongono i prigionieri ad un trattamento che costituisce una vera e propria tortura. Lo faremo in solidarietà con tutt@ i compagn@ che si ritrovano prigionieri o sotto processo per le lotte contro questo stato che violenta, tortura e uccide ogni giorno attraverso i suoi servi. Lo faremo perché riteniamo che la lotta contro le carceri, dentro e fuori le mura, sia un tassello fondamentale della rivolta contro l’esistente, e che la solidarietà resti sempre la nostra migliore arma.

Torino: operazione repressiva in seguito al corteo dopo lo sgombero dell'Asilo occupato

Data di trasmissione
Durata 13m 14s

Dopo lo sgombero dell'Asilo occupato a Torino per le strade della città si è espressa una solidarietà determinata e combattiva. Venerdì scorso, la polizia è andata a bussare alla porta di compagni e compagne accusati a vario titolo di aver partecipato al corteo del 9 Febbraio. Ne parliamo al telefono con una compagna.

Buon Ascolto!

Con un piede nella porta. Vincenzo e l’anomalia bretone

Data di trasmissione
Durata 23m 34s
Durata 20m 52s

Lo scorso 8 agosto Vincenzo è stato arrestato dalla Squadra Speciale Fuggitivi nei pressi di Rochefort en Terre, un piccolo villaggio bretone.  Ricercato dal 2012, dopo una sentenza che lo condannava in via definitiva a una pena di circa 13 anni per la sua partecipazione alle giornate del G8 di Genova 2001, Vincenzo mancava dall’Italia da più di 7 anni perché aveva deciso di sottrarsi alla cattura e di vivere libero finché possibile.

Raggiunto da due Mandati d’Arresto Europeo, uno dei quali poi risultato fasullo, oggi si trova nella prigione di Rennes, in attesa che la giustizia francese decida in merito al secondo di questi mandati.

Dal giorno successivo al suo arresto, da Rochefort en Terre, è partita una mobilitazione spontanea che ha presto contagiato altri villaggi della regione. Ad oggi si contano circa 27 comitati in suo sostegno sparsi per la Francia, tutti accomunati dall’obiettivo di ottenere la sua liberazione.

In un’intervista raccolta direttamente sul posto, alcuni partecipanti del comitato di Rochefort, ci raccontano di questa sorprendente solidarietà, del rapido allargamento che l’ha contraddistinta, e di come essa abbia – almeno per ora – contribuito a rallentare l’esecuzione del Mandato d’Arresto Europeo, assumendo la forma imprevista  di “un piede nella porta”.

Vi proponiamo un audio ripreso da: https://radiocane.info/ e parliamo delle mobilitazioni in corso in collegamento telefonico con un compagno.

Buon ascolto!

2 marzo: corteo contro padroni e stato di polizia

Data di trasmissione
Durata 11m 47s

ADESSO BASTA!
IL SILENZIO È COMPLICITÀ

CORTEO CONTRO PADRONI
E STATO DI POLIZIA

A partire dalla forte risposta di chi ha resistito allo sgombero dell’Asilo occupato di Torino e dalla estesa solidarietà di fronte agli arresti, crediamo si debba far risuonare nelle nostre strade, quelle che calpestiamo ogni giorno, una voce chiara e decisa contro il governo.

La guerra ai poveri, l’inasprimento dei sistemi di sorveglianza, le retate e i controlli in strada sono quotidiani e incessanti.
La popolazione immigrata viene criminalizzata e isolata nei centri di accoglienza, nei ghetti, nei lager per il rimpatrio (C.P.R.). Senza dimenticare tutte le persone morte in mare o in montagna nel tentativo di varcare una linea immaginaria detta confine.
Il lavoro diventa sempre più precario e con paghe da fame, e gli affitti sempre più alti.
Di pari passo è in corso un feroce attacco a tutte le occupazioni nel tentativo di annientare ogni forma di autonomia e autogestione.
Le “grandi opere” e le nocività devastano, inquinano e deturpano intere aree geografiche facendo arricchire imprese di costruzioni e multinazionali, lasciando sul territorio solo macerie.

Difendiamo chi viene colpito perché si ribella a questo stato di cose, come a Cosenza, Milano, Firenze, Roma, Torino e Trento.

Se non ci interessiamo alla realtà presto sarà lei a interessarsi di noi, ed ha già il volto di un gendarme. Reagire ora è possibile e necessario. Sappiamo che siamo tutti/e sotto attacco e ovunque dobbiamo organizzarci per rispondere.

L’unico modo per sconfiggere la paura e la rassegnazione è riprenderci collettivamente le strade in cui viviamo. Lo faremo tutti/e insieme in corteo, uniti/e e determinati/e!

Siamo nemiche e nemici di questo governo, di ogni governo.
E scommettiamo di non essere i/le soli/e.
ROMA
SABATO 2 MARZO – ORE 17:00
CORTEO
CONCENTRAMENTO A LARGO PRENESTE

Il cuore oltre le sbarre: sugli arresti a Trento

Data di trasmissione
Durata 25m 22s

In corrispondenza con un compagno parliamo dell'operazione che il 19 febbraio ha portato all'arresto di sette compagni e compagne con l’accusa di 270 bis (associazione sovversiva con finalità di terrorismo) e 280 bis (attentati con finalità terroristiche e di eversione). Un approfondimento sulle lotte portate avanti, sulla solidarietà e sulle attuali strategie repressive dello stato.

Catania: chiediamo la scarcerazione dei pescatori tunisini di Zarzis

Data di trasmissione
Durata 5m 10s

Dopo la liberazione dei 177 ostaggi della nave Diciotti, chiediamo la scarcerazione dei pescatori tunisini di Zarzis.

Dal 30 agosto Chamseddine Bourassine, capitano di un peschereccio sotto sequestro a Licata (AG), si trova nella casa circondariale ‘Petrusa’ di Agrigento, insieme agli uomini del suo equipaggio: Lofti Lahiba, Farhat Tarhouni, Salem Belhiba, Bechir Edhiba, Ammar Zemzi.

La loro colpa è di avere aiutato un barchino con 14 persone, di cui 4 minori, in difficoltà, trainandolo verso Lampedusa, nell'attesa dei soccorsi della guardia costiera italiana. Le immagini video diffuse da Frontex mostrano il traino, così come mostrano che prima dell'incontro con i 14 migranti, l'equipaggio svolgeva la sua attività di pesca. Sono dei pescatori, non dei trafficanti.

Un compagno del nucleo promotore del Coordinamento antirazzista siciliano ci ricorda gli appuntamenti di solidarietà fissati per venerdì 21 settembre:

- Presidio a Catania in via Etnea, angolo via Prefettura alle ore 17;
- Presidio a Palermo al Tribunale alle ore 10

Info: https://www.facebook.com/events/2186598264748006/