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24 Febbraio, Milano: corteo nazionale per la Palestina

Data di trasmissione
Durata 8m 1s

Sabato 24 Febbraio ci sarà il corteo nazionale a sostegno della Palestina, abbiamo sentito un compagno palestinese di Milano che ci ha raccontato come sarà strutturata la giornata e quali saranno le componenti del corteo.

Di seguito il comunicato:

 

FERMIAMO IL GENOCIDIO A GAZA E IL COLONIALISMO SIONISTA

SOSTENIAMO LA RESISTENZA DELLE MASSE PALESTINESI

A 2 anni dall’inizio del conflitto Nato-Russia in Ucraina, riilanciamo la mobilitazione contro le guerre imperialiste e la corsa al militarismo a scala mondiale.

Costruiamo l’opposizione di classe al governo Meloni e alle sue politiche antioperaie e guerrafondaie.

VENERDI 23 FEBBRAIO SCIOPERO NAZIONALE

SABATO 24 FEBBRAIO MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO

Da oltre 3 mesi prosegue senza sosta la mattanza nella Striscia di Gaza condotta da Israele col sostegno del “democratico” occidente: oltre 25 mila morti palestinesi, in larga maggioranza bambini, donne e anziani.

Intere città letteralmente rase al suolo; scuole, ospedali e luoghi di culto bombardati senza pietà; centinaia di giornalisti ed operatori sanitari uccisi: questo il “messaggio di civiltà” lanciato dal sionismo e dal macellaio Netanyahu in tutto il mondo.

A dispetto della propaganda dei media asserviti, in queste settimane le immagini strazianti del genocidio a Gaza hanno destato le coscienze di milioni di lavoratori, delle masse povere, che ai quattro angoli della terra si sono mobilitati e sono scesi in piazza per chiedere un immediato cessate il fuoco e la fine della pulizia etnica antipalestinese, degli arresti indiscriminati e delle violenze dei coloni tuttora in corso anche in Cisgiordania.

Questa mobilitazione di massa, unita alla tenace ed eroica resistenza in atto nei territori occupati, sta determinando una crisi politica sempre più evidente del campo israeliano nel quale la crisi economica accentua i contrasti sociali, da un lato lontano da un immediato successo militare, dall’altro screditato sia sul piano interno a seguito della mancata liberazione degli ostaggi, sia sul piano internazionale, al punto di trovarsi imputato per genocidio di fronte alla stessa Corte internazionale di giustizia dell’Aia.

In Italia, oltre alle manifestazioni, lo scorso 17 novembre il SI Cobas ha indetto uno sciopero nazionale in tutto il settore privato, affinché i lavoratori prendessero la parola e ponessero con forza la necessità di un iniziativa di classe e internazionalista a sostegno delle masse oppresse palestinesi e contro il bellicismo imperialista in atto su scala mondiale, a cui è seguita il giorno successivo una partecipatissima manifestazione a Bologna in sostegno della resistenza palestinese: un’iniziativa legata a doppio filo con lo spirito e con i contenuti, anticapitalisti e internazionalisti, che abbiamo messo in piazza lo scorso 21 ottobre fuori alla base militare di Ghedi.

Lo scorso 10 dicembre a Bologna si è svolta un assemblea pubblica nazionale, la quale, grazie anche alla spinta e alla determinazione dei giovani palestinesi, ha ribadito la necessità di dare continuità a questo percorso di lotta e di mobilitazione, e ha assunto l’impegno di lavorare alla costruzione di un nuovo sciopero contro il genocidio sionista, auspicando la convergenza più ampia possibile delle forze sul piano sindacale e politico del movimento.

Nelle scorse settimane i GPI e alcune reti e comitati di palestinesi in Italia hanno lavorato in questa direzione, promuovendo vari incontri sul tema e chiedendo alle realtà del sindacalismo di base di indire una giornata di sciopero per il prossimo 23 febbraio e una manifestazione nazionale per il giorno successivo a Milano: una richiesta che il nostro sindacato ha immediatamente fatto propria, e sulla quale auspichiamo che a breve si registrerà l’adesione di altri settori del sindacalismo di base.

La data del 24 febbraio assume altresì una valenza simbolica particolare, poiché coincide col secondo anniversario della guerra aperta in tra Nato e Russia sul suolo ucraino (in realtà in corso già da un decennio “a bassa intensità” sui territori del Donbass), che ad oggi ha lasciato sul campo centinaia di migliaia di morti da ambo le parti: la necessità di ribadire l’opposizione di classe a tutte le guerre e a tutti gli schieramenti imperialisti sta spingendo anche sul piano internazionale (attraverso un lavoro di collegamento proposto dal SI Cobas e dalla TIR) molte organizzazioni sindacali, sociali e politiche (dall’Argentina alla Germania) a indire per quella giornata mobilitazioni nei rispettivi paesi.

Una risposta di classe organizzata e coordinata a livello internazionale contro la carneficina in corso a Gaza, contro il colonialismo sionista e più in generale contro le guerre delle grandi potenze imperialiste in una fase di crisi generale del capitalismo, diviene ogni giorno più evidente e più stringente.

Per questo, nel recepire l’appello del giovani palestinesi e di gran parte delle comunità arabe in Italia, il SI Cobas assume l’impegno a indire una giornata di sciopero nazionale per venerdì 23 febbraio, e a costruire una manifestazione nazionale nella città di Milano nel quadro di una iniziativa internazionale che vede coinvolte piu forze politiche (in una trentina di paesi) in questa giornata per sabato 24 febbraio.

Al fianco delle masse oppresse Palestinesi, contro il colonialismo sionista d’Israele.

Contro tutte le guerre imperialiste.

SI Cobas nazionale

No Ponte: manifestazione a Messina

Data di trasmissione
Durata 11m 15s

Sabato 17 giugno manifestazione a Torre Faro nei pressi di Messina dove è prevista la costruzione del ponte sullo stretto dal lato siciliano. Ne parliamo con un compagno NO PONTE

 

APPELLO DEL 𝐌𝐎𝐕𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐍𝐎 𝐏𝐎𝐍𝐓𝐄 PER IL CORTEO DEL 17 GIUGNO 2023

Noi abitanti dei territori dello Stretto di Messina,

negli scorsi anni, con la mobilitazione delle nostre intelligenze e dei nostri corpi, avevamo contribuito a bloccare l’iter progettuale e l’avvio dei cantieri, smascherando la natura speculativa e l’impatto devastante del ponte sullo Stretto.

Nonostante la gioia provata all’epoca della messa in liquidazione della società Ponte sullo Stretto, non abbiamo mai pensato di aver ‘completamente’ vinto: la posta in gioco della lotta contro la Grande Opera non era e non è la difesa dell’esistente, e basta pensare anche solo per un istante ai profitti di Caronte&Tourist col monopolio di fatto dell’attraversamento dello Stretto, o alle frane e alle alluvioni durante le quali esperiamo tutta la fragilità dell’assetto idro-geologico del nostro territorio, per accorgersi che il ‘NO AL PONTE’ può essere un prisma per guardare meglio alla nostra condizione generale; per interrogare radicalmente i nostri bisogni e accorgerci di cosa desideriamo per abitare in modo più felice lo spazio in cui viviamo; per riconsiderare la nostra centralità rifiutando le scelte coloniali imposte dalle istituzioni centrali.

Lo Stretto di Messina, quell’area che si estende lungo la costa jonica e crea il punto d’incontro con quella tirrenica, è il luogo del possibile riconoscersi, ove proiettarsi come comunità e allo stesso tempo ritrovarsi introspettivamente: i suoi colli, il suo mare, i suoi panorami, basterebbero da soli a definire la struttura che connette il tutto, indirizzandoci a preservarne, difenderne, esaltarne la bellezza.

𝗢𝗴𝗴𝗶, 𝗱𝗶 𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗮 𝗺𝗮𝗿𝗰𝗲 𝗳𝗼𝗿𝘇𝗮𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗶𝘁𝗲𝗿 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗿𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗼𝗻𝘁𝗲 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗼 𝗦𝘁𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗠𝗲𝘀𝘀𝗶𝗻𝗮, è 𝘂𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗲 𝗿𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿𝗲 𝘃𝗶𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗹𝗮 𝗺𝗼𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝘀𝘁𝗮𝗿𝗹𝗼...

…𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗹𝗲 𝗳𝗮𝗸𝗲 𝗻𝗲𝘄𝘀 𝗽𝗼𝗻𝘁𝗶𝘀𝘁𝗲

Intendiamo in primo luogo intraprendere un nuovo percorso di contro-informazione per rispondere colpo su colpo all’impressionante campagna di disinformazione che mira a creare consenso popolare intorno alla grande opera, utilizzando argomenti falsi con la compiacenza della grancassa mediatica: come se non bastasse la quotidiana campagna pro-ponte della gazzetta del sud, il governo intende infatti stanziare un milione l’anno, dal 2024 al 2031, per propagandare e fornire un po’ di supporto all’idea di una costruzione che da sola, lo comprendiamo bene, non starebbe tecnicamente in piedi. Toccherà ancora, dunque, e anzi sempre di più, sentire le ‘bufale’ relative a un ponte “grande opera green”, “pronto e cantierabile”, “preziosa occasione occupazionale per più di 100.000 persone”.

…𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗲𝘀𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼

Toccherà ancora, dunque, e anzi sempre di più, dire e gridare che:

• il ponte è un’opera devastante dal punto di vista ambientale, uno sfregio per il paesaggio dello Stretto di Messina nostro luogo dell’anima, un delirio di svincoli e viadotti ferroviari e stradali che darebbe il colpo di grazia ad un territorio già ferito a morte – con buona pace dell’articolo 9 della Costituzione Italiana (che, da poco
rimodulato, recita beffardamente: “La Repubblica tutela il paesaggio, l’ambiente, la biodiversità e gli Ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”).

• la tanto sbandierata creazione di nuovi posti di lavoro che il ponte creerebbe – il cui numero varia a seconda del nuovo annuncio del populista di turno (il ministro Salvini e il costruttore Salini si stanno in tal senso dimostrando all’altezza, o meglio alla bassezza, dei loro predecessori) – è solo un miraggio per una popolazione ed una città che hanno bisogno di tutt’altra occupazione, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, per mettere in sicurezza i territori e creare le condizioni per abitarli.

• gli scavi per le torri e i viadotti del ponte produrranno milioni di metri cubi di terra e detriti che finiranno per intasare discariche, colline e torrenti, mentre i circa trenta/quaranta cantieri che sorgeranno sulle due rive dello Stretto costringeranno migliaia di persone ad abbandonare i luoghi interessati dai lavori in quanto espropriati delle loro case e/o renderanno praticamente impossibile la loro vita per chissà quanti anni.

…𝗖𝗛𝗜𝗔𝗠𝗜𝗔𝗠𝗢 𝗔 𝗥𝗔𝗖𝗖𝗢𝗟𝗧𝗔 𝗧𝗨𝗧𝗧𝗘/𝗜/𝗨

Chiamiamo a raccolta in primo luogo tutta la popolazione dell’area dello Stretto di Messina, l’associazionismo ambientalista, comitati e movimenti a difesa dei territori e dei beni comuni, tutte/i/u a livello locale, nazionale ed internazionale per intraprendere con noi la lotta contro il ponte e salvaguardare e difendere la bellezza, l’integrità, l’identità dei nostri territori.

𝐍𝐨𝐢 𝐚𝐛𝐢𝐭𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐌𝐞𝐬𝐬𝐢𝐧𝐚,

𝐫𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐞 𝐯𝐨𝐥𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐬𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐨 𝐢𝐧𝐮𝐦𝐚𝐧𝐨 𝐞 𝐪𝐮𝐢𝐧𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐚𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞, 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐮𝐧 𝐚𝐠𝐢𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐥𝐢𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐢 𝐬𝐜𝐡𝐢𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚 𝐞 𝐩𝐫𝐨𝐝𝐮𝐜𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐚𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢, 𝐜𝐥𝐢𝐦𝐚𝐭𝐢𝐜𝐢, 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢. 𝐃𝐢𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐢 𝐟𝐞𝐫𝐦𝐞𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐟𝐢𝐧𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨𝐜𝐡é 𝐢𝐥 𝐩𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐚𝐫à 𝐜𝐚𝐧𝐜𝐞𝐥𝐥𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐨𝐫𝐢𝐳𝐳𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐨.

 

Diritto di sciopero e libertà di sindacato: corteo a Firenze

Data di trasmissione
Durata 9m 3s

Almeno un migliaio di operai e solidali in corteo per le vie di Firenze sabato 13 maggio, una risposta forte agli attacchi a suon di fogli di via portati avanti nei confronti dei sindacalisti del Si Cobas, e allo strapotere dei brand della moda.

Meno di una settimana fa, Sarah, coordinatrice del SiCobas di Prato e Firenze, ha ricevuto un foglio di via da Campi Bisenzio, come era successo a Luca Toscano, anche lui coordinatore sindacale. Il foglio di via a Luca è stato ritirato a due giorni dal corteo di Firenze.

Come dice il SiCobas nel suo comunicato in seguito al secondo foglio di via: "Sarah e Luca a Campi Bisenzio ci vanno per un motivo: difendere i diritti dei lavoratori."

E aggiungono:

Perchè Campi, come Prato, è diventata una zona di sfruttamento selvaggio: lavoro nero, turni di dodici ore per sette giorni, lavoratori senza diritto alla malattia e alle ferie, contributi non pagati, false cooperative che vincono appalti al massimo ribasso. Nelle filiere della moda e nei magazzini della logistica.
Sarah e Luca danno fastidio, perchè dà fastidio l'attività del nostro sindacato. Diamo fastidio perchè abbiamo dimostrato che è possibile cambiare le cose, che è possibile vincere. Centinaia di lavoratori, grazie alle lotte del sindacato, in questi anni hanno conquistato un contratto regolare e si sono liberati dalla schiavitù del lavoro 12x7 e altrettanti hanno ottenuto condizioni migliori di quelle previste dai contratti nazionali. Diamo fastidio, perchè dietro a ditte e cooperative dello sfruttamento ci sono i grandi brand della moda e le grandi multinazionali della logistica i cui nomi scompaiono dietro le giungle di appalti e sub-appalti. Diamo fastidio perchè facciamo i loro nomi, come quello della LiuJo.

Giorgiana Masi: assemblea all'Università

Data di trasmissione
Durata 5m 14s

Collegamento telefonico per parlare dell'assemblea di domani, 20 aprile alle ore 18 sulla scalinata di Lettere all'Università La Sapienza di Roma

Giorgiana Masi venne uccisa a Roma sul Ponte Garibaldi, colpita da un
proiettile sparato alle spalle dalle forze dell'ordine, il 12 maggio del
1977 nell'anniversario della vittoria del referendum sul divorzio.
L’allora ministro dell’interno Cossiga aveva vietato la manifestazione,
sostenendo che i gruppi extraparlamentari stavano fomentando una
situazione che avrebbe messo a rischio lo Stato e l'ordine pubblico, ma
il movimento ruppe il divieto riversandosi in
massa nelle vie della capitale. Giorgiana, diciannovenne, studente del
Liceo Scientifico Luis Pasteur, era tra le manifestanti rimaste
fino all'ultimo in piazza.
All'epoca - seconda metà degli anni '70 - la partecipazione politica, la
voglia di cambiamento di studenti, operai e operaie e femministe aveva
pervaso ogni ambito della società. La lotta di classe, le mobilitazioni
di autodifesa contro governo e provocazioni fasciste, si facevano spazio
nonostante la repressione di Stato che provava ad arrestare “per
decreto” ogni forma di conflitto .
Da quel 12 maggio 1977 ogni anno le compagne scendono in strada per
ricordare Giorgiana e la violenza patriarcale e repressiva dello Stato
che l'ha uccisa.

Anche quest’anno ci incontreremo in piazza Gioacchino Belli il 13 maggio
alle ore 15 per un appuntamento di lotta femminista e transfemminista
con parole
d’ordine antiautoritarie, antimilitariste e anticapitaliste per noi
irrinunciabili.

Continuiamo ad essere in guerra: a quelle armate dallo Stato in tutto il
mondo corrisponde una guerra interna che colpisce le persone oppresse e
chiunque scelga di lottare. Il militarismo e il nazionalismo marciano in
sincrono e la guerra rende ancora più evidente – se mai ce ne fosse
bisogno l’incapacità, intrinseca alla cultura capitalista e
patriarcale, di guardare in faccia l’altrǝ senza sottometterlǝ e
sfruttarlǝ.
Lo stesso Stato responsabile delle stragi in mare delle persone
migranti, complice della violenza capitalista che devasta e saccheggia
il pianeta, si serve strumentalmente della costruzione di nemici
pubblici per scaricare le responsabilità politiche del proprio agire e
spezzare la complicità tra oppressx e sfruttatx, nel tentativo di
mettere lx unx contro lx altrx.

Viviamo un tempo in cui la cultura reazionaria e autoritaria si mostra
in tutta la sua ferocia, rivendicando il potere di disporre dei nostri
corpi e attaccando frontalmente la nostra libertà di autodeterminazione:
cercano di impedirci di abortire, ci trasformano in imputate nei
processi per le violenze che abbiamo subito, riaffermano con forza
paradigmi eteronormativi e binari, militarizzano
i nostri quartieri in nome del decoro e del contrasto alla criminalità,
quando il vero obiettivo è criminalizzare chi è oppressx e costringerci
a rimanere chiusx in casa.
Eppure la casa e la famiglia sono spesso gli spazi in cui ci sentiamo
meno al sicuro, dove la violenza patriarcale si manifesta in modo
ancora più feroce e pervasivo.
Questo Giorgiana lo sapeva bene: lottare per il divorzio è stato il
primo passo per liberarci da un contesto di relazioni che impone ruoli,
generi e genitorialità definite.

Ieri come oggi vogliamo riprenderci la vita, rivendichiamo l’autodifesa
e l’autorganizzazione, continuiamo a costruire memoria collettiva e a
riattualizzarla perché ci parla sempre. Vogliamo riprenderci tutto e non
sarà la repressione a fermarci.

Per organizzare il corteo ci vediamo all’Università La Sapienza di Roma,
il 20 aprile alle ore 18 sulla scalinata di Lettere. Invitiamo le
studenti dei licei e delle Università a partecipare.

Commenti sul corteo di Albano e notizie internazionali

Data di trasmissione
Durata 54m

Parliamo rapidamente della riuscita del corteo di Sabato 25 Marzo 2023 ad Albano contro l'inceneritore di Roma.

Passiamo poi a commentare il possibile uso di proiettili all'U-238 in Ucraina e la probabile svolta verso i combustibili sintetici passata in sede UE.

Corteo a Torino - Al fianco di Alfredo, al fianco di chi lotta!

Data di trasmissione
Durata 7m 18s

Corrispondenza telefonica con una compagna dalla piazza di Torino al fianco di Alfredo Cospito.

Di seguito

AL FIANCO DI ALFREDO, AL FIANCO DI CHI LOTTA!

La sentenza emessa dalla Corte di Cassazione venerdì scorso suona come una condanna a morte: Alfredo Cospito deve stare al 41bis e lì deve morire. Si chiude anche l’ultimo piccolo spiraglio di possibilità legale e si apre definitivamente la strada che porterà alle estreme conseguenze dello sciopero della fame portato avanti ad oltranza, per lui e per “noi” . La linea della fermezza e dell’intransigenza hanno prevalso in tutti i livelli dello Stato. Il potere esecutivo e quello giuridico, non sempre sovrapponibili, hanno compattato le loro fila e fatto fronte comune. Questo allineamento d’interessi, non importa se eterodiretto o meno, risuona come una dichiarazione di guerra interna. Il messaggio è chiaro nella sua crudezza: nel prossimo futuro la tolleranza starà a zero. Con una guerra alle porte d’Europa - e che ne sta già ridisegnando gli assetti – che diventa di giorno in giorno sempre più globale, le nostre menti non possono che ritornare ai giorni cupi precedenti allo scoppio del primo conflitto mondiale, tra chiamate alla mobilitazione generale e leggi marziali. Contesti estremamente diversi ma in cui è possibile rintracciare una qualche similitudine e parallelismo. Non vedere un’intima connessione tra guerra in Ucraina e repressione interna ci sembra miope, la logica che ci deve muovere ad agire contro la guerra e la NATO è la medesima che ci deve portare in strada per Alfredo e per la sua, che poi non è solo sua, battaglia. Lotte apparentemente diverse ma che in realtà non lo sono come ampiamente dimostrato dalle azioni e dagli interventi che hanno accompagnato il grosso corteo chiamato dai portuali sabato scorso a Genova. Inutile qui soffermarsi sull’ipocrisia di uno Stato che per giustificare il 41bis bolla Alfredo come stragista mentre di stragi ne compie di continuo (e i/le mort* del naufragio di Crotone sono lì a gridare giustizia, quella con la “g” maiuscola). Più interessante crediamo sia sottolineare, ancora una volta, la strategia repressiva complessiva: chiudere sistematicamente tutti gli spazi possibili di contestazione per tentare di farla finita con le istanze di cambiamento sociale recidendo anche i fili che collegano queste esperienze (già ridotte al lumicino e molto isolate, ma non è questa la sede per approfondire queste complicate questioni) con la loro memoria. Il 41 bis per Alfredo, la riapertura del caso di Cascina Spiotta, lo sgombero di un centro sociale, sono fatti apparentemente distanti ma in perfetta continuità. Per fugare ogni dubbio, qui non vogliamo dire che ci sia una sorta di “ufficio” in cui la sequela di DDL e operazioni di polizia e giudiziarie dell’ultimo decennio siano state dettagliate e programmate ma fare notare in controluce la strategia implicita della macchina statale. Come già avevamo scritto, la vicenda di Alfredo potrebbe contribuire a spezzare e disinnescare questa spirale repressiva. Fondamentale sarà riuscire a cogliere l’opportunità di portare la lotta di Alfredo al di fuori di una logica meramente anti-repressiva e provare così a sperimentare nuove angolature di attacco. Una cosa la possiamo affermare fin da ora: esisterà un prima ed un dopo la morte di Alfredo Cospito. La possibilità che la battaglia fino all’ultimo respiro di Alfredo venga assunta da tutti e tutte come una battaglia per riprendersi degli spazi di azione e legittimità politica in un paese che continuamente reprime ogni forma di conflitto e dissenso anche solo simbolico, crediamo ci siano tutte. La speranza è che questo sussulto dei movimenti per poter continuare a vivere e ad agire si riesca a legare con istanze sociali di una popolazione sempre più colpita da crisi, ansia e guerra.