Il corteo parte anche a Bologna. Dopo settimane di mobilitazioni e occupazioni il corteo degli/delle studenti/esse medi si incontra con gli/le universitari/e e ricercatori/ici. L'idea e' di effettuare diverse azioni lungo il percorso. Alcuni studenti hanno depositato alcuni chili di letame di fronte alla sede del PDL cittadino.
Ore 12.00
Il corteo partito da piazza verdi che vede sfilare circa 10.000 persone, e' entrato al casello di Bologna Fiere e ha occupato l'autostrada adriatica.
Ore 14,10
Il corteo continua a sfilare per le vie di Bologna al grido ''Questa volta li sfondiamo!!'' Il corteo è arrivato alla Stazione Centrale, blindata da polizia e carabinieri. E' partito un lancio di oggetti. La polizia ha caricato ci sono alcuni feriti e probabilmente due fermati.
Ore 16.00
Il corteo è rientrato in zona universitaria attraverso via Zamboni e al grido di “Non finisce qui”, ha raggiunto il 38 occupato dove si terrà una assemblea.
Pisa
ore 11,00
Corteo partito a Pisa da P.zza garibaldi, composto da almeno 10.000 studenti. Si snoda lungo tutto il lungarno, paralizzando la città.
Ore 13
Sono state bloccate la stazione e la tangenziale di Pisa da parte dei/delle manifestanti. Le esigue forze dell'ordine si limitano a guardare.
Roma
Ore 11,00
Corteo a Roma delle studentesse e degli studenti della Sapienza. Il corteo sta per arrivare in via dei Fori Imperiali, puntando verso Monte Citorio dove c'è lo sbarramento della Polizia.
Ore 11,20
Il corteo delle studentesse e degli studenti medi si trova di fronte a piazza del Campidoglio, in attesa di ricongiungersi con l'altro corteo.
Ore 13,55
Gli studenti/esse hanno provato ad entrare a piazza Monte Citorio ma sono stati respinti dalla Polizia. Il corteo continua a muoversi in vari gruppi intorno alla piazza creando caos e disagi in tutta la città.
Ieri sera nella zona universitaria di Bologna si è tenuta una Reclaim the Streets, contro precarietà e repressione. Un report con un compagno dei Collettivo Universitari Autonomi.
Il senato accademico dell'ateneo bolognese ha deciso all'unanimità la sostituzione con docenti a contratto dei ricercatori che aderiscono al blocco della didattica contro le politiche del governo sull'università: con la riforma in attesa di essere approvata alla Camera scomparirebbe di fatto la figura del ricercatore assunto a tempo indeterminato. Entro le 13 di venerdì i ricercatori dovranno comunicare nero su bianco se terranno i corsi, a cui per legge non sono obbligati, e che peraltro svolgono gratuitamente. Pare che si voglia generalizzare il modello Pomigliano, i rettori emulando Marchionne si rendono corresponsabili della dismissione dell' università.
Mentre a Modena si svolge il corteo nazionale contro i Cie, due uomini rinchiusi nel Cie di via Corelli, a Milano, ci raccontano che oggi i reclusi e le recluse di tutte le sezioni (maschile, femminile e trans), hanno rifiutato il pranzo.
Vogliono protestare contro i sei mesi - che sono davvero troppi, specie per chi è già stata/o in carcere - e per reclamare l'assistenza sanitaria e delle condizioni di vita decenti.
Hanno deciso perciò di contribuire alla mobilitazione che è in corso per le strade di Modena, organizzando uno sciopero della fame di tre giorni e coordinandosi anche con i reclusi e le recluse delle altre città.
A Ponte Galeria i reclusi in sciopero della fame sono otto, tutti della sezione maschile.
Oggi hanno rifiutato il cibo anche i reclusi dei Cie di via Mattei a Bologna, di corso Brunelleschi a Torino e di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia.
Sullo sciopero della fame nel Cie di Milano, si può ascoltare anche una corrispondenza raccolta da Macerie, la trasmissione di Radio Blackout: ascolta.
Sempre da Macerie, arrivano anche altre corrispondenze registrate nel corso della giornata di oggi:
- a Gradisca d'Isonzo (Gorizia), i reclusi inviano una petizione al direttore del centro: ascolta
- a Ponte Galeria (Roma), un altro recluso ha tentato il suicidio: ascolta
- e lo stesso è avvenuto anche a corso Brunelleschi (Torino): ascolta
MILANO - I detenuti del Cie di via Corelli hanno fatto sapere che ieri pomeriggio intorno alle 17.00 un ragazzo di 22 anni, Kabili, ha provato a impiccarsi con una corda ed è stato trasportato in codice rosso in ospedale.
I detenuti della sessione C, dove stava anche Kabili, dicono che quando è stato portato via le sue condizioni erano gravissime: aveva perso i sensi e della bocca uscivano dei liquidi. Si tratta di uno dei ragazzi che stanno facendo lo sciopero della fame, ma non sopportava più di stare rinchiuso in quel lager.
Gli altri reclusi continuano a chiedere sue notizie alla Croce rossa, che gestisce il Cie milanese, ma gli aguzzini si rifiutano di dare informazioni.
BOLOGNA - Il recluso del Cie di via Mattei che giovedì scorso si era cucito le labbra è stato deportato in Marocco, le prime notizie parlavano invece di un trasferimento al Cie di via Corelli a Milano. Parte dei rivoltosi del 24 maggio sono stati trasferiti a Milano e Bari mentre solo due o tre di loro sono rimasti a Bologna.
I reclusi dormono ancora in condizioni precarie perché le celle non sono state risistemate affatto, nonostante i gestori avessero assicurato loro che li avrebbero fatti rimanere all'aperto solo un giorno per poter fare i lavori.
I reclusi hanno spiegato inoltre che gli ultimi «bruciamenti» del 24 maggio sono stati fatti per protesta contro il mancato accoglimento delle richieste di trasferimento presentate dai reclusi.
I trasferimenti vengono richiesti perchè chiunque entri a Bologna e a Modena sa che non uscirà per nessuna ragione prima dei sei mesi e che in questi due Cie non viene concesso niente di niente.
Lo sciopero della fame continua, un ragazzo è dimagrito 10 chili ma proseguirà nella protesta. Anche lui chiede almeno il trasferimento.
TORINO - Dal Cie di corso Brunelleschi arriva la notizia che Debby e Priscilla – le due ragazze nigeriane che erano state trasferite a Torino il 12 febbraio scorso, dopo aver scontato sei mesi di carcere perché erano state arrestate, insieme a Joy, Hellen e Florence, per la rivolta dell'agosto scorso nel Cie di via Corelli a Milano – oggi sono state portate al Consolato nigeriano, per il riconoscimento che precede l'espulsione, prevista per giovedì prossimo.
ROMA - La notte scorsa un recluso algerino è salito sopra le sbarre della sua cella nel Cie di Ponte Galeria, si è tagliato in diverse parti del corpo, tra cui la gola, e poi ha tentato d'impiccarsi.
Verso le 22.00 un folto gruppo di reclusi della sezione maschile è salito sui tetti per protesta: credevano di essere a un passo dalla libertà, ma il Cie si è riempito di polizia e carabinieri con varie camionette e sono stati costretti a scendere.
Intanto una trentina di solidali si sono ritrovate/i davanti al Cie: con cori, urla e molto rumore si sono fatte/i sentire dai reclusi e dalle recluse, facendo riecheggiare la parola libertà al di sopra delle infami mura dell’oppressione.
Inoltre hanno convocato un concentramento per domani, mercoledì 16 giugno, alle 21.00 in via Tiburtina, davanti all'ingresso del Parco dei caduti del 19 luglio 1943, a San Lorenzo, per far sentire la propria solidarietà con le lotte dei reclusi e delle recluse e per diffondere in città una cronologia della settimana appena trascorsa a Ponte Galeria: vere e proprie cronache di ordinaria oppressione.
I reclusi delle celle andate in fiamme lunedì 24 maggio hanno passato la loro sesta notte fuori. Sono stanchi e si stanno ammalando ma resistono e sono entrati in sciopero della fame insieme a molti altri. Ringraziano per l'aiuto che ricevono e chiedono di tornare là sotto le mura. Il volantino che segue, verrà distribuito in città e sotto via Mattei nelle prossime ore.
Al Cie di via Mattei nessuna quiete dopo la protesta
Dopo l’incendio di lunedì 24 maggio che ha bruciato ben cinque celle del Centro di Identificazione ed Espulsione per immigrati di via Mattei a Bologna, la vita continua ad andare avanti per gli uomini e le donne rinchiusi là dentro. Ma la quiete non è tornata, al contrario di ciò che alcuni pennivendoli sinistronzi scrivono sui loro giornali. Non è tornata perché non c’è mai stata, perché la rabbia continua ad ardere ogni giorno, ogni minuto, nel cuore di chi è stato privato della libertà e costretto a vivere il suo tempo in un luogo che, pur travestito di plexiglas, non riesce comunque a sembrare qualcosa di diverso da quello che effettivamente è, una prigione per stranieri. È tornata al contrario la “normalità”, come ben si augurava la direttrice del Cie Anna Maria Lombardo pochi giorni fa in un articolo apparso su “L’Unità” dopo l’esplosione del caso della donna tunisina che si era cucita le labbra in segno di protesta in seguito al rigetto della richiesta d’asilo e gli inutili tentativi di farsi ascoltare dai giudici. Ricordiamo che per lei, come per tante donne vittime di tratta, il ritorno a casa significherebbe andare contro un grave rischio di morte. I parenti non le perdonano una gravidanza fuori dal matrimonio.
È tornata la “normalità” dei quotidiani maltrattamenti, delle abituali provocazioni sbirresche, degli ambigui e altalenanti comportamenti degli operatori della Misericordia che, a quanto ci raccontano, sembrano guidati solo dal loro dovere di secondini, assecondando senza nessuna pietà gli ordini ricevuti da poliziotti.
Una normalità che dal giorno della protesta li vede abbandonati fuori dalle loro celle, giorno e notte, per terra sotto la pioggia e il sole. Per i venti che occupavano le cinque camerate date alle fiamme sono ormai sei le notti passate all’aperto, con solo una coperta addosso, hanno freddo, si stanno ammalando e nessun medico li ha visitati. Molti di loro hanno iniziato uno sciopero della fame. Sono stremati, indeboliti e ieri una donna è stata portata via con l’ambulanza perché si era sentita male. Continuano a dirci che dai Cie di Bologna e Modena non si esce, che qui non concedono nulla. Solo in questi giorni 15 internati sono stati portati davanti al giudice di pace e per tutti è stata confermata la reclusione.
Durante il presidio di solidarietà di venerdì 28 maggio, si sentivano provenire da dentro delle urla strazianti, urlavano “libertà” e questa volta si sentivano anche molte voci femminili. È la rabbia che li fa resistere, non riescono a capire il perché di questa assurda detenzione, alcuni dicono che preferirebbero passarli in carcere questi sei mesi piuttosto che vivere l’inferno del Cie. Chiedono aiuto, hanno bisogno della nostra presenza solidale per non sentirsi soli e dicono che nonostante tutto continueranno a resistere.
Riferendosi all’indifferenza e alla mancanza di pietà degli operatori della Misericordia, uno di loro al telefono ci ha detto «e poi parlano tanto di Hitler…e questo razzismo cos’è allora?».
È il razzismo dilagante della politica di ignobili figuri che propagandano sentimenti di violenza contro gli immigrati per scatenare quella guerra tra poveri che da sempre garantisce il mantenimento del potere. È il razzismo dilagante di chi finge di non sapere nemmeno dell’esistenza di luoghi come i Cie in cui persone vengono rinchiuse perché non hanno un permesso di soggiorno, dei maltrattamenti gratuiti che vengono loro inflitti, degli interessi di chi li gestisce guadagnando fino a 75 euro ogni giorno per ciascun recluso, del meccanismo di sfruttamento che vi sta dietro che garantisce manodopera disponibile a tutto pur di aver di che mangiare, dei soprusi e degli stupri su donne che vengono mantenute così nel giro della prostituzione dentro e fuori le mura.
Anche quando viene affrontato l’argomento sui media, come è successo venerdì scorso su rai tre nella trasmissione di “forte denuncia” Mi manda raitre, nella quale è stata raccontata la vicenda della donna tunisina che si è cucita le labbra, la verità viene rappresentata sempre a metà. Solo un cenno brevissimo è stato fatto sulla rivolta in atto in questi giorni nel lager di via Mattei. Se da una parte svelano dall’altra nascondono e minimizzano, e scelgono la notizia che può far meno male alla democrazia che sostengono. Insomma dell’orrore dei Cie nessun giornalista e nessun politico si prende la responsabilità di parlare e i “bravi cittadini” voltano la testa dall’altra parte.
Questa gente continui pure a dormire sonni tranquilli, la rivolta li sorprenderà nel sonno perché la tenacia e il coraggio di chi non si arrende e cerca di riprendersi la libertà non si placano.
Le fiamme continueranno a divampare e le lotte fuori e dentro i Cie non si fermeranno né a Bologna né nel resto d’Italia e d’Europa.
Sempre al fianco dei ribelli che resistono.
riceviamo, dai solidali bolognesi, un aggiornamento sulla situazione nel Cie di via Mattei a Bologna:
I reclusi del Cie di via Mattei continuano a essere confinati fuori giorno e notte, nonostante siano stati sostituiti i materassi bruciati lunedì scorso durante la protesta e nonostante la pioggia battente.
Sono in dieci a rifiutare il cibo, tutti sono stremati dagli stenti degli ultimi giorni. Nessun medico li ha visitati.
La donna tunisina che aveva compiuto l'estremo gesto del cucirsi le labbra, oggi è stata liberata senza alcun permesso di soggiorno. Ha rilasciato un'intervista al tgr dove diceva che era disperata e che avrebbe rifatto le pratiche per la richiesta dell'asilo politico, ma da clandestina.
Domani pomeriggio andremo sotto le mura a dar loro sostegno.
Aggiornamenti dai Cie di Modena e Bologna - Altre violenze poliziesche contro donne immigrate
Najoua, la donna tunisina che nei giorni scorsi si era cucita la bocca nel Cie di Bologna riuscendo a rompere l'isolamento e ad attirare l'attenzione della stampa, è stata rilasciata ieri ma senza alcun permesso di soggiorno.
Intanto è stata fissata la visita specialistica per Joy, guarda caso il 9 giugno, cioè dopo l'incidente probatorio.
E a Joy è ispirato il dialogo teatrale che Alessandra Magrini (Attrice Contro) e Militant A degli Assalti Frontali presenteranno oggi a Roma durante l'assedio sonoro al Ministero dell'interno.
Ricordiamo il presidio che si terrà l'8 giugno dalle 14.30 a Milano, sotto il tribunale, contro i Cie e le deportazioni e in solidarietà con Joy ed Hellen che proprio quel giorno si troveranno faccia a faccia con l'ispettore capo del Cie di via Corelli Vittorio Addesso. Il quale non è affatto una "mela marcia", ma lo specchio di pratiche di abuso sessuale consolidate e ben occultate nei confronti delle donne immigrate da parte di uomini delle forze dell'ordine. Come dimostrano anche i poliziotti Adriano C. e Marco T. che, nella questura di Chiavari, forti della loro divisa e del loro potere violentavano prostitute immigrate sotto la minaccia di farle espellerle.
Dopo la protesta di lunedì 24 maggio, durante la quale sono stati bruciati materassi e materiale vario, 15 detenuti sono confinati fuori, nel cortile del Cie di via Mattei a Bologna.
Nella giornata di ieri la polizia ha perquisito le celle dei rivoltosi con i cani: non trovando nulla di meglio da fare, si sono ridotti a calpestare i loro effetti personali... così, per sfregio.
Ora le celle sono chiuse e i detenuti passano giorno e notte all'esterno.
Questa volta almeno hanno un materasso e il clima - quasi estivo - è dalla loro parte ma non si può certo dire che stiano bene: non possono provvedere alla loro igiene personale e alcuni tra loro accusano dolori allo stomaco.
Bologna, 24 maggio 2010 - Materassi bruciati per protesta al Cie di via Mattei. E’ accaduto nel tardo pomeriggio quando oltre a bruciare i materassi gli immigrati detenuto hanno dato fuoco anche ad altre masserizie. Non ci sono stati feriti, sono intervenuti i vigili del fuoco chiamati poco prima delle 20 e un’ambulanza del 118.
La donna tunisina che si è cucita le labbra dopo il rigetto della domanda d’asilo continua la sua protesta, l’avvocata Roberta Zerbinati sta preparando i ricorsi contro l’espulsione.