Appello della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio per il sit-in di venerdì 26 febbraio 2021, dalle ore 16 alle ore 18 in Piazza San Silvestro:
COMUNICATO STAMPA
Non basta al popolo palestinese l’immensa sofferenza dovuta all’occupazione israeliana, la tragica diaspora e tutte le sue conseguenze. Ultimamente s'è aggiunto anche il dramma della pandemia Covid-19.
Israele come potenza occupante, ha obblighi legali verso gli occupati, ma non solo non fornisce il vaccino anti-covid ai prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane e all’intero popolo palestinese occupato, ma impedisce anche l’arrivo a Gaza di 1000 dosi, spedite dal Ministero della Sanità palestinese alla popolazione della Striscia assediata.
Ci appelliamo all’Unione Europea e a tutti coloro che dalla mattina alla sera diffondono il successo israeliano nell’affrontare la pandemia Covid-19, perché premano sul criminale governo israeliano affinché fornisca, come suo obbligo, tale vaccino anche alla popolazione palestinese occupata, come viene menzionato nella convenzione ONU e nelle leggi internazionali.
Per denunciare questa drammatica situazione, la Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, INVITA tutti i liberi e gli onesti a partecipare al Sit-in che organizza il venerdì 26 febbraio 2021, dalle ore 16 alle ore 18 in Piazza San Silvestro - Roma, dove chiederemo alla rappresentanza romana dell’Unione Europea di ricevere una nostra delegazione.
L'ULTIMO GIORNO DI OCCUPAZIONE SARA' IL PRIMO GIORNO DI PACE.
Marwan Bargouthi
PALESTINA LIBERA
ne parliamo con il Dott. Yousef Salman Presidente Comunità Palestinese di Roma e del Lazio
Obiezione di coscienza militare: politiche di apartheid, neoliberismo e negazione della Nakba, queste alcune delle motivazioni che hanno spinto un gruppo di adolescenti israeliani a pubblicare una lettera aperta per ribadire il diritto a non arruolarsi nell’esercito. Non è la prima volta che esponenti della società civile israeliana rifiutano pubblicamente il servizio militare. Nel giugno del 2020 altri 400 adolescenti avevano inviato una lettera al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per manifestare aperta opposizione ai piani di annessione della Cisgiordania.
Ne parliamo con Luisa Morgantini di Assopace Palestina.
Israele ha già somministrato 4 milioni di dosi ai suoi 10 milioni di abitanti, mentre nei territori occupati la campagna non è iniziata. Le dosi destinate da Covax e dalla Russia sono ancora bloccate.
Nel frattempo iniziano le manovre per impedire la candidatura di Marwan Barghouti alle elezioni per la presidenza dell'Autorità Nazionale Palestinese.
Ne parliamo con Michele Giorgio, corrispondente da Gerusalemme per il quotidiano Il Manifesto.
L’11 gennaio scorso, in Spagna, otto attiviste ed attivisti,che rischiavano di finire in carcere per aver promosso una campagna nel 2015 di boicottaggio nei confronti di un artista filo israeliano, sono stati prosciolti dalle accuse che avrebbero potuto costar loro dai quattro ai sei anni di reclusione.La causa è stata definitivamente archiviata dopo l’accoglimento da parte del Tribunale di Valencia del ricorso presentato dalla difesa. Nel pronunciamento dell’Audiencia si rileva che «i fatti che si considerano suppostamente delittuosi si riducono in realtà all’attribuzione al musicista di un presunto posizionamento rispetto alla politica del governo d’Israele, e non sono motivati dalla sua condizione di ebreo, dalla sua religione o da qualsiasi altra circostanza»
di questa ed altre sentenze di assoluzione per accuse di antisemitismo in Francia ed in Germania ne parliamo con una compagna della campagna bds Italia.
Intervista con Alessandra Mecozzi dell' associazione Cultura e libertà
COMUNICATO STAMPA
“Necessario combattere l’antisemitismo. Ma criticare le politiche di Israele non è antisemitismo”
Dal mondo della cultura italiano il sostegno alla lettera di 122 palestinesi e del mondo arabo
Personalità del mondo della cultura italiano* (storici, giornalisti/e, economisti/e, registi/e, musicisti/e, scienziati/e.
esprimono il loro sostegno, alla lettera firmata da 122 intellettuali e artisti/e palestinesi e del mondo arabo
(pubblicata da The Guardian il 29 novembre). In questa lettera, si esprime preoccupazione per la
strumentalizzazione, fatta in Israele, in Europa e negli Stati Uniti, dell’antisemitismo attraverso la definizione e
relativi allegati, data dall’International Holocaust Remembrance Alliance) finendo per accusare come antisemita
chi critica la politica coloniale di Israele, e difende i diritti dai palestinesi.
L’antisemitismo va combattuto – nota la lettera – sulla base di principi, nel quadro del rispetto del diritto
internazionale e dei diritti umani. Di conseguenza critica il concetto di “autodeterminazione a senso unico” che è
alla base dello Stato di Israele e che non tiene in alcun conto la popolazione nativa, occupandone la terra e
negandole ogni diritto. Anzi promulga leggi, come quella sullo Stato nazione (soli cittadini con pieni diritti sono
gli ebrei) che colpiscono palestinesi ed ebrei in Israele.
“Crediamo che nessun diritto all'autodeterminazione debba includere il diritto di sradicare un altro popolo e
impedirgli di tornare nella sua terra, o qualsiasi altro mezzo per garantire una maggioranza demografica
all'interno dello Stato”
Fa notare che in molti paesi (e l’Italia tra questi, ricordiamo gli attacchi pesanti al Falastin Festival di Roma in
ottobre, dalla comunità ebraica, dal Centro Wiesenthal, da figure istituzionali del Comune di Roma) sono state
espresse posizioni molto pesanti proprio per attaccare iniziative di vario tipo, prevalentemente culturali, sempre
nonviolente, a sostegno dei diritti palestinesi.
“La definizione di antisemitismo dell’ IHRA e le relative misure legali adottate in diversi Paesi sono state
utilizzate principalmente contro le organizzazioni di sinistra e quelle per i diritti umani che sostengono i diritti dei
palestinesi e contro la campagna per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), mettendo da parte la
reale minaccia per gli ebrei, proveniente dai movimenti nazionalisti bianchi di destra in Europa e negli Stati
Uniti”
Agire secondo giustizia, chiede la lettera: non può essere quindi tacciato di antisemitismo chi accusa di razzismo
uno Stato, basato sulla discriminazione etnico-religiosa, come avviene con la legge sullo Stato nazione, riservato
ai soli ebrei. Questo vuol dire riconoscere impunità ad Israele e permettergli di “declassare e discriminare” i suoi
stessi cittadini, palestinesi, ed offendere tutti gli israeliani/e che credono nel valore di una società e di uno Stato
plurali, con diritti uguali per tutti, non privilegi per alcuni.
“Crediamo che i valori e i diritti umani siano inseparabili e che la lotta contro l'antisemitismo debba andare di
pari passo con la lotta a nome di tutti i popoli e gruppi oppressi per la dignità, l'uguaglianza e l’emancipazione.”
Khalil è un giovanissimo compagno ghazawo, militante per la campagna BDS – Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni – e attivista per i diritti umani. È uno studente di scienze politiche che vuole proseguire i suoi studi con un master sull’apartheid imposta dal governo Israeliano. Oltre allo studio si occupa dell’insegnamento della lingua inglese e collabora con dei musicisti (Gaza Blues) con cui hanno rifatto delle canzoni popolari palestinesi, collezionate in un album che si chiama ‘Tyrants’ Fear of Songs’. È affetto da un cancro alla colonna vertebrale e periodicamente ha bisogno di cure quasi mai presenti sul territorio Ghazawo, che lo portano a dipendere dai permessi delle autorità sioniste per farsi medicare a Gerusalemme. È in questo contesto che alcune/i compagne/i sono entrate in contatto con lui, quando era in riabilitazione post trapianto di midollo presso l’ospedale Al Mokassed di El Quds.
Intervista realizzata da un gruppo di compagne e compagni provenienti da diverse realtà ed esperienze in giro per l’Italia, e non solo. Tutte/i con l’interesse e la volontà di portare, per quanto possibile, solidarietà al popolo palestinese e alla loro lotta contro l’occupazione e per l’autodeterminazione.