Sgombero del CSOA Terra di Nessuno di Genova
Corrispondenza con una compagna del CSOA Terra di Nessuno di Genova sullo sgombero portato avanti dalla Polizia Municipale per ordine del sindaco Mario Bucci.
Corrispondenza con una compagna del CSOA Terra di Nessuno di Genova sullo sgombero portato avanti dalla Polizia Municipale per ordine del sindaco Mario Bucci.
Diversi lavoratori dei porti italiani hanno protestato per non far attraccare navi civili che trasportano armi. E' successo a Genova, a Livorno e anche a Napoli. Si sta cercando anche di creare un cordinamento con porti fuori dall'Italia.
A colloquio con un esponente del colletivo "L'edera" di un liceo genovese
Facciamo il punto della situazione a Genova e in Liguria con un medico genovese
Corrispondenza da Genova sulla manifestazione 'passeggiata' del 18 maggio di circa 500 operai genovesi di Arcelor Mittal in sciopero contro la cassa integrazione forzata
Lo scorso 22 aprile, in piena pandemia, una nave della flotta saudita Bahri ha attracca a Genova con a bordo armi o equipaggiamento militare. La denuncia dei portuali genovesi, da anni in prima linea contro il traffico di armamenti nel loro scalo: «Sembra siano carri armati Ercules 882, prodotti negli Stati uniti. Potrebbero essere diretti in Arabia saudita, Kuwait o Marocco. O forse in Turchia: il prossimo scalo previsto è Iskenderun».
Il Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) sottolinea come, in tempo di Covid-19, «molte categorie sono costrette a rischiare il contagio per non fermare la produzione e distribuzione di generi di prima necessità» in cui certo non rientrano gli armamenti.
Ne parliamo con Christian, lavoratore portuale di Genova.
Oggi giornata di mobilitazione contro il traffico di armi. I lavoratori hanno cercato di fermare il passaggio di una nave che porta armi all'esercito Saudita. Le operazioni non sono potute essere bloccate, anche per la mancata proclamazione dello sciopero da parte delle organizzazioni sindacali, ma la partenza della nave ha subito alcune ore di ritardo.
Con un compagno del porto di Genova facciamo alcune considerazioni sulla riuscita della giornata.
Patrik Zaki è uno studente egiziano che segue un master all'Università di Bologna, il 7 febbraio rientrando in Egitto viene arrestato e torturato, viene accusato di istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione. Ad oggi delle sue condizioni fisiche si sa pochissimo. La prossima udienza è fissata per il 22 febbraio. Zaki è un attivista e frequenta un master internazionale in Studi di genere, forse queste le sue colpe, ad oggi ancora non si sa il motivo del suo arresto, così come non si sa il motivo del sequestro, delle torture e della morte di Giulio Regeni.
L'accademia bolognese si mobilita, i rappresentanti governativi sembrano occuparsi del caso. Ma le sparizioni, le torture, gli arresti non sono nuovi in Egitto, ad oggi Al Sisi ha costruito da quando ben 18 nuove carceri. 60 mila le persone detenute per aver criticato una dittatura militare o per aver scritto il proprio pensiero.
L'ipocrisia in Italia è feroce: non solo gli Atenei continuano ad avere rapporti con l'Egitto ma l'Italia continua a vendere armi al governo di Al Sisi.
Parliamo di tutto questo con Giorgio Beretta della Rete Disarmo, con un compagno portuale di Genova dove domani mattina è prevista l'ennesima manifestazione per bloccare l'attracco di navi che trasportano armi, con una compagna egiziana e con un compagno studente dei CUA di Bologna.
Oggi, nell'anniversario del crollo del ponte Morandi di Genova che ha causato 43 morti e circa 600 sfollati avvenuto il 14 agosto 2018, nel capoluogo ligure la passarella dei politici locali e nazionali, il presidente della repubblica, il cardinale Bagnasco, mezzo governo a fianco di dirigenti dei gruppi Atlantia e Benetton.
Ne parliamo con un compagno di una rete di associazioni del quartiere Sampierdarena limitrofo al crollo che oggi hanno calato lo striscione "Basta passarelle, Genova è ferita non stupida" e con un compagno portuale
Sono passati 18 anni da quel luglio del 2001 e per 18 anni compagni e compagne di supporto legale continuano a vedersi e a fare il loro lavoro: occuparsi delle imputate e degli imputati che di quelle giornate ancora stanno pagando un prezzo, in termine di carcere e per chi l'ha finito in termini di risarcimenti. C'è ancora bisogno di loro perché Genova non è finita. Ne parliamo con un compagno di Supporto Legale.