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femminismo

Trasmissione del 29/6/2016 "Che cos'è la<democrazia>?"

Data di trasmissione
Durata 59m 56s
” I Nomi delle Cose”/Puntata del 29/6/2016

QUESTA E’ L’ULTIMA TRASMISSIONE PRIMA DELL’ESTATE, MA PER LOTTARE OGNI STAGIONE E’ BUONA!

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“ Che cos’è la <democrazia>?”

 

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“…il capitalismo, in quanto sistema economico e sociale, è necessariamente compromesso con il razzismo e il sessismo. Il capitalismo, infatti, deve giustificare e mistificare le contraddizioni inerenti ai suoi rapporti sociali-la promessa di libertà contro una realtà di coercizione diffusa, la promessa di prosperità contro una realtà di penuria diffusa-denigrando la “natura” di coloro che sfrutta: donne, sudditi coloniali, i discendenti deli schiavi africani, gli immigrati delocalizzati dalla globalizzazione” Silvia Federici/CHE COS’E’ LA DEMOCRAZIA?/Il marketing della liberazione/POESIE SPARSE”

Parentesi del 29/6/2016 "Il marketing della liberazione"

Data di trasmissione
Durata 7m 35s

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/06/30/la-parentesi-di-elisa…

 

 

   Immagine rimossa.“Il marketing della liberazione”  

La pubblicità ha sempre promesso le stesse cose: benessere, felicità, successo. Ha venduto sogni e proposto scorciatoie simboliche per una rapida ascesa sociale. Ha fabbricato desideri raccontando un mondo di eterne vacanze, sorridente e spensierato. La pubblicità ha venduto di tutto a tutte e a tutti, indistintamente, come se la società fosse senza classi. Oggi ha mutato pelle. Oggi, ogni prodotto, dalla macchina alle scarpe, passando per le bibite e altro, tutto è presentato come un elemento distintivo per una gioventù ribelle. Ci sono pubblicità che vogliono ridare il potere al popolo, altre che vogliono sovvertire le leggi del mercato, tutte inneggiano alla rivoluzione.

Oggi, la cultura commerciale è “ribelle”.

La rivoluzione passa attraverso le scarpe che porti, la bibita che bevi. Il nuovo, solo perché tale, è “rivoluzionario” e, come tale, il comprarlo e l’usarlo, sostituisce le pratiche di lotta.

Il meccanismo è semplice.

Si identifica una convenzione sociale che non metta in discussione lo status quo, né i rapporti di classe, né la società e la si destruttura e, grazie a questa destrutturazione, le ditte vendono e la società rimane sempre la stessa. Ci si appassiona per un messaggio pubblicitario irriverente, non si racconta che serve solo a vedere moltiplicate le possibilità di essere “chiacchierati” e, quindi, di vedere accresciuto il messaggio pubblicitario stesso. La sconfitta della lotta di classe, in questo paese, e la dimensione “buonista “ e conservatrice della sinistra socialdemocratica, hanno schiuso ai pubblicitari le porte delle nicchie culturali che erano proprie della sinistra e il cui carisma e la cui forza evocativa vengono ora utilizzati per altri scopi. C’è la ditta che lotta contro il razzismo, quella che si presenta come il simbolo del non conformismo, l’altra della rivolta adolescenziale e, ancora, quella della rivoluzione sessuale. Le marche hanno, ormai, sostituito i movimenti.

Siamo al trionfo del marketing della liberazione. La ribellione, per alcune/i , è una protesi identitaria . Questa epidemia di ribellione non impressiona né il capitale né le sue articolazioni repressive. Non contenti tutte/i questi/e ribelli si autorappresentano come “scomodi” per questa società. E, buon ultimo, si definiscono “disubbidienti”. L’esibizione è diventata un meccanismo del capitalismo mediatico. Tutto si risolve nell’ “épater les bourgeois”. Dobbiamo avere chiavi di lettura per distinguere tutti costoro dai veri/e ribelli, disubbidienti e scomodi/e? Non ce n’è bisogno ,questo già lo fa per noi la borghesia. Quelli/e di cui abbiamo parlato, hanno i riflettori puntati su di loro, se ne parla, vengono intervistati/e, vengono ospitati/e di qua e di là. Gli /le altri/e, quelli/e che lo sono veramente, sono avvolti dal silenzio e dall’oblio e, quando “esagerano”, vengono stigmatizzati/e, demonizzati/e, repressi/e. L’impegno politico, le vetrine infrante “sarebbero” frutto di frustrazioni sessuali, l’impegno delle donne in politica, tanto più se antisistemico, “sarebbe” il frutto di sconfitte sentimentali. La ribellione alle ingiustizie sociali, accompagnata dalla lotta di classe, “troverebbe spiegazione”, per tutti costoro, in qualche ormone mancante o in eccesso. A chi teorizza e pratica la lotta armata, secondo questa lettura, “sarebbero” mancate le ammucchiate ed il sesso trasgressivo. Secondo questa filosofia, per liberarci da questa società, dobbiamo andare a mangiare nei ristoranti etnici, comprare nei negozi equosolidali, comprare i dischi di Lady Gaga e, magari, aderire a questa o quella lettura della sessualità e delle pratiche esistenziali, presentate come liberatorie e rivoluzionarie.

Il trionfo del capitale: rabbia, insoddisfazione, ricerca di altro, li ha saputi mettere al servizio dei propri interessi, creando un bisogno di identificazione con nuovi stereotipi culturali. Il capitale, attraverso la pubblicità, riesce a riplasmare la realtà sociale secondo una visione immaginaria della società. I giovani disoccupati delle periferie urbane impersonano una sorta di lotta tra una marca e l’altra di scarpe da ginnastica. Pubblicità, stereotipi culturali vincenti, diventano uno strumento di trasformazione della coscienza sociale. Donne e uomini che, nei messaggi pubblicitari e nelle rappresentazioni mediatiche, vediamo, senza distinzione gerarchica, al lavoro e a casa e, magari, nelle nuove inclinazioni sessuali, in realtà nascondono la fine del lavoro a tempo indeterminato, l’apologia della precarietà, il rilancio dei ruoli. Le aziende che vivono sfruttando il lavoro minorile o producono materiali bellici o distruggono l’ambiente nei paesi del terzo mondo, omettendo bellamente questi aspetti e rappresentandosi come altro, concorrono alla schizofrenia di questa società che dice di essere sensibile a questi temi, ma li disattende quotidianamente nella pratica.

Contemporaneamente, il tabù del sesso viene largamente sfruttato da quando si è scoperta la correlazione tra desiderio sessuale e pulsione all’acquisto e il legame tra pratiche sessuali non usuali e malinteso concetto di rivoluzione e liberazione. Allo stesso tempo, resta fermo lo stereotipo della donna che è oggetto di piacere o soggetto domestico che, anche quando è emancipata e lavora fuori casa, è lei stessa che sorveglia la sua abbronzatura, l’odore delle sue ascelle, i riflessi dei suoi capelli, la linea del suo reggiseno o il colore delle sue calze.

Il mondo è quello che è, pieno di ogni bruttura, ma noi ci possiamo “autoassolvere” perché beviamo un prodotto che è sinonimo di libertà, perché vestiamo casual o perché facciamo sesso fuori dal coro. Facciamo pure quello che ci pare, perché quello che ci piace , proprio perché ci piace, è buono, ma lo è, naturalmente, per noi che lo facciamo e ci piace, ma non parliamo, per favore, di libertà, di rivoluzione, di cambiamento della società.

Questa configurazione sociale si caratterizza nella preminenza progressiva della merce su ogni altro elemento e nella mercificazione di tutti i rapporti, compresi quelli sociali e affettivi, nella cultura che viene ridotta a mode che si susseguono, con l’apparire esibizionistico che prende il posto dell’autonomia individuale, nell’appiattimento della storia stessa sull’evento immediato e l’informazione istantanea, nella fuga dal conflitto sociale e nella disaffezione dalla politica, nella strumentalizzazione delle lotte di liberazione e delle diversità.

E, allora, se la borghesia è in grado di appropriarsi di parole, contenuti e sogni che ci dovrebbero appartenere, sarebbe il caso che ci chiedessimo come possiamo porvi rimedio.

 

Parentesi del 22/6/2016 "Resistere"

Data di trasmissione
Durata 5m 31s
“Resistere”  

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Nella stagione neoliberista la sussunzione della società nel capitale è completa. La resistenza si qualifica quindi in maniera diversa rispetto al passato perché non può essere semplicemente espressione della difesa di interessi particolari, ma, data la rottura unilaterale e drastica del patto sociale da parte del capitale, deve diventare necessariamente espressione di interessi sociali e perciò immediatamente politici.

Viviamo in un tempo che ha esteso il potere capitalistico della fabbrica alla società tutta. Il potere capitalistico si manifesta in tutte le dimensioni e articolazioni del sociale. Le forme economiche dello sfruttamento, cioè l’organizzazione capitalistica della società, è mutata nelle attuali condizioni. Questo deve essere presente nel nostro impegno, la consapevolezza di questo passaggio.

La voracità onnivora del capitale che vuole annullare ogni forma altra dal suo modello di società si manifesta oltre ogni misura umana immaginabile di sfruttamento e di ipotesi di guerra. Pertanto è necessario definire e praticare ogni misura che sfugga al comando capitalistico. In questa situazione non c’è altra alternativa. Il controllo nazista della popolazione, la criminalizzazione della povertà, la centralità della guerra e la guerra infinita corrispondono a questa società, al disegno imperialistico attraverso la società neoliberista. Il capitale che si è sviluppato oggi come sussunzione reale della società rappresenta la forma più alta dell’autoespansione capitalistica.

Tutto questo richiede risposte adeguate e all’altezza e non può che passare attraverso il rifiuto del comando globale, delle funzioni di gerarchia e di controllo territoriale che ne seguono.

I lavoratori e le lavoratrici sono accomunati a tanti altri segmenti della società e ai popoli del terzo mondo non solo e non tanto per elementi ideologici quanto nella forma comune dello sfruttamento. Un mondo variegato che è tutto dentro le stesse modalità di organizzazione del lavoro, dentro un comune sfruttamento che è divenuto globale E questo esige una costruzione di obiettivi comuni della lotta. Passaggio ineludibile per una presa di coscienza rivoluzionaria tanto più necessario quanto difficile perché il capitale nella stagione neoliberista è diventato un enorme vampiro che tende a riassorbire e a mistificare nel suo interesse tutte e tutti.

Perciò il modello neoliberista si presenta per quello che è: corruzione delle singolarità che vengono ridotte a merce, corruzione del modello democratico che viene ridotto a teatro dei burattini, controllo invasivo della popolazione, povertà forte e diffusa, guerre continue, informazione di regime, intimidazione e repressione per chi tenta di sottrarsi a questo ordine di cose.

Da questo giugno è vietato essere “senzatetto” in molte ricche cittadine americane: vietato fare l’elemosina, vietato dormire nei parchi pubblici, vietato sedersi sui marciapiedi. E’ una guerra legale senza precedenti contro i poveri/e, in Florida, nelle Hawai, in Virginia, in Oklaoma, in California. E’ vietato dormire in auto e sono previste multe per chi distribuisce cibo ai vagabondi. A marzo il comune di Verona aveva emesso un’ordinanza che comminava multe fino a 500 euro per chiunque desse soldi ai “questuanti” e agli “accattoni” per usare due termini tanto cari ai perbenisti, fuori da chiese, bar, ristoranti, negozi.

Il 10 giugno appena trascorso è entrata in vigore, nel silenzio più totale, la legge 85 del 30 giugno 2009 che dispone la creazione di una banca dati nazionale del DNA. Il sistema per la realizzazione della banca dati è fornito dall’Fbi e si chiama Codis (Combined Dna Index System).

Mentre fino ad ora per prelevare il Dna era necessario il mandato della magistratura, ora il prelievo è un’operazione di polizia. Come al solito e come sempre tutte queste misure repressive vengono veicolate con “nobili motivazioni” vale a dire la lotta al terrorismo e alla delinquenza, ma da quando è stata approvata la legge, il prelievo del Dna è già stato operato per situazioni di conflitto sociale come il NO Expò del 1 maggio a Milano e all’aeroporto di Bergamo e per le mobilitazioni antimilitariste in Sardegna. Il vero intento è monitorare, schedare, controllare, sorvegliare, punire, i soggetti sociali ritenuti refrattari e “pericolosi” per estendersi poi alla società tutta. A conferma che questa è una società nazista per le modalità e la capillarità del controllo, è una società ottocentesca per la guerra ai poveri.

La lotta non può essere categoriale, la resistenza non può essere corporativa, ma in qualsiasi ambito deve essere contro le forme di controllo, contro la gerarchia e la meritocrazia, contro le linee guida del dominio.

Sono queste le sfide che dobbiamo raccogliere, questo significa resistere.

Liberiamoci della Bestia/25 giugno al Nido di Vespe

Data di trasmissione
Durata 1h 1m 19s

Sabato 25 giugno ore 16,00 presentazione e discussione SEPARATA insieme a Daniela Pellegrini sul suo nuovo libro “LIBERIAMOCI DELLA BESTIA, ovvero di una cultura del cazzo”

e dalle 20,00 APERICENA APERTA A TUTT*

vi aspettiamo al “Nido di Vespe” via dei Ciceri 131

 

le coordinamente

Trasmissione del 22/6/2016 "Autocoscienza e Separatismo" "

Data di trasmissione
Durata 1h 0m 41s
” I Nomi delle Cose”/Puntata del 22/6/2016 “ Autocoscienza e Separatismo”

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/06/23/podcast-della-trasmissione-del-2262016/

Colloquio con Daniela Pellegrini

  TIRARSI FUORI DAI RUOLI PERSONALI/PRIVATI/SOCIALI E CULTURALI = TIRARSI FUORI DAL DUE PATRIARCALE/ e contestuale della sua REALTA’ CULTURALE E SIMBOLICA TIRARSI FUORI : DIRLO RACCONTARLO VEDERLO E PRATICARLO AUTOCOSCIENZA METODO E DISCIPLINA NEL E DEL PRATICARE IL FUORI= SEPARATISMO”

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 NON PIU’ COMPIACENTI ALLA BESTIA…ORA E’ IL TEMPO DI ESSERE FIERE!

Trasmissione del 15/6/2016 "L'amore romantico:immaginario e ruolo psico-socio-economico" "

Data di trasmissione
Durata 56m 35s
” I Nomi delle Cose”/Puntata del 15/6/2016 “L’AMORE ROMANTICO:IMMAGINARIO E RUOLO PSICO-SOCIO-ECONOMICO”

 L’ENIGMA DELL’AMORE ROMANTICO/Il potere ipnotico del dominio/L’AMORE COME FATTORE SOCIO ECONOMICO

 

 L'<enigma dell’amore>(…) Nelle differenti tappe del suo sviluppo storico, l’umanità ha tentato di risolvere la questione in diversi modi. Le chiavi cambiano, ma l'<enigma> rimane tale. Esse dipendono dall’epoca, dalla classe, <dallo spirito del tempo> (la cultura).” A. Kollontaj; Largo all’Eros alato

“Quando si dice che l’amore è cieco meglio sapere chi gli ha cavato gli occhi” Daniela Pellegrini, Liberiamoci della bestia: ovvero di una cultura del cazzo

 

 

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“Lo chiamano amore. Noi lo chiamiamo lavoro non pagato. La chiamano frigidità. Noi la chiamiamo assenteismo. Ogni volta che restiamo incinte contro la nostra volontà è un incidente sul lavoro. Omosessualità ed eterosessualità sono entrambe condizioni di lavoro.  Ma l’omosessualità è il controllo degli operai sulla produzione, non la fine del lavoro. Più sorrisi?Più soldi. Niente sarà più efficace per distruggere le virtù di un sorriso. Nevrosi, suicidi, desessualizzazione: malattie professionali della casalinga” Silvia Federici, Il punto zero della rivoluzione

 

“Se prostituirsi è affittare il proprio corpo, sposarsi è venderlo” dal film “E morì con un felafel in mano”

 

“..Se, nei rapporti d’amore, la passione cieca, assorbente, esigente, perde vigore, se il sentimento di proprietà ed il desiderio egoista di vincolare a sé «per sempre» l’essere amato deperiscono, se la prepotenza maschile e la mostruosa rinuncia della donna al proprio io scompaiono, si assisterà allo sviluppo di altri preziosi aspetti dell’amore: il rafforzamento del rispetto della personalità dell’altro, la attitudine a prendere in considerazione i suoi diritti, lo sviluppo della comprensione reciproca, la crescita dell’aspirazione ad esprimere l’amore non solo con i baci e le carezze, ma anche con l’azione congiunta, con l’unità delle volontà, con la comune opera creativa.”
A .Kollontaj-Largo all’Eros alato
 

 

Parentesi del 15/6/2016 "Il potere ipnotico del dominio"

Data di trasmissione
La Parentesi di Elisabetta del 15/6/2016

“IL POTERE IPNOTICO DEL DOMINIO” (Virginia Woolf)

Immagine rimossa. Il dominio maschile è talmente radicato nell’inconscio, degli uomini e delle donne e di tutt*, che non lo si percepisce più come tale.

E’ tanto in sintonia con le nostre(costruite)attese che è difficile rimetterlo in discussione.

I meccanismi e le istituzioni che compiono l’opera di riproduzione del dominio maschile sono tanti e tante, ma, se dobbiamo individuare due ambiti che svolgono una funzione particolarmente importante, dobbiamo parlare della famiglia e della scuola.

Nel primo ambito, la presenza delle donne è al 50% con quella maschile, nel secondo la quota di presenza femminile è, addirittura, fortemente maggioritaria. Famiglia e scuola sono i luoghi nei quali l’ordine stabilito, con i suoi rapporti di dominio, con i suoi favoritismi, i suoi privilegi e le sue ingiustizie si perpetua e dove le condizioni di esistenza più intollerabili appaiono tanto spesso accettabili o, persino, naturali.

E’ proprio in questi due ambiti dove una lingua, una declinazione, uno stile di vita, un modo di pensare, di parlare, di agire sono un’occasione privilegiata per perpetuare la logica del dominio maschile. Allora è palese che non è la quota di rappresentanza delle donne nelle situazioni di riproduzione dell’eterno maschile che ne mette in discussione i principi fondanti e autoriproduttivi, anzi, in assenza di coscienza di genere, li rafforza.

Occorre una strategia che liberi le forze del cambiamento, incentrata su una lotta politica contro tutte le forme di dominio. E’ questo il passaggio ineludibile.

E non è una posizione ideologica, ma viene dalla nostra esperienza femminista, dall’analisi di quanto è successo da quando abbiamo perso di vista la nostra lotta di liberazione e l’abbiamo barattata con l’emancipazione, contribuendo, così, paradossalmente, al rafforzamento di questa società che tutto vuole tranne che la liberazione degli individui e, perciò, anche delle donne.

Le “quote privilegiate” non sono state create per noi donne. Sono nate negli Stati Uniti per “garantire” percentuali di accesso ai neri/e nelle istituzioni pubbliche e nell’istruzione.

Il presidente degli USA è nero, la percentuale dei neri/e in magistratura e in polizia è uguale, se non superiore , a quella dei bianchi/e, ma i neri /e che sono il 12% degli statunitensi, danno il 60% alla popolazione carceraria, detengono lo 0,3% della ricchezza del paese, la percentuale di proprietari della propria casa si attesta sullo 0,2, l’80% è analfabeta in prima battuta o di ritorno, il 90% non ha accesso alla sanità nazionale.

Evidentemente la strada, non certo della liberazione, ma nemmeno della loro elevazione sociale ed integrazione, non passa attraverso quella che, negli USA, si chiama “discriminazione positiva”. A conferma che le lotte corporative ed i progetti interclassisti, al di là di qualche immediato successo, sono caduchi e rafforzano l’impianto del modello socio-economico nel suo complesso che è fondato sulle discriminazioni di classe, di genere, di razza ed è colmo di ingiustizie sociali.

Dobbiamo fondare le nostre lotte su una analisi delle economie dei beni e dei simboli, materialista e liberatrice ,sfuggendo all’alternativa rovinosa fra il niente o il poco in cambio di tanto, leggendo l’asimmetria tra i sessi come ci ha chiarito la nostra esperienza di femministe: frutto delle condizioni di produzione e della società patriarcale.

“Ottenere nuove leggi non era la preoccupazione principale del Mfl. Il suo scopo era più ambizioso, più utopico. Le leggi sono state il positivo sotto prodotto di un lavoro gratuito, privo di finalità concrete immediate, come la ricerca di base. E se un sottoprodotto è nato, è anche perché non era lo scopo ultimo, o piuttosto perché si mirava più in alto. Questa ambizione “irrealistica” -che si permetteva di mettere fra parentesi la realizzazione immediata- ha prodotto un tale slancio, che alcune cose sono poi state ottenute in concreto.” ( Christine Delphy )

Non è trasfigurando le istituzioni che migliora la nostra condizione di genere oppresso, ma attraverso la capacità di abbattere le costruite differenze tra il maschile e il femminile, smascherando la pretesa di trasformare la storia in natura e l’arbitrio culturale e politico in naturale. Bisogna attuare una rivoluzione tesa a trasformare lo stato attuale dei rapporti di forza materiale e simbolica tra i sessi.

La visione e le proposte interclassiste ci allontanano dal nostro obiettivo che è la liberazione e ci fanno impegnare contro i nostri stessi interessi.

Non ci dobbiamo limitare a rovesciare il rapporto tra la causa e gli effetti, ma tagliarne il filo.

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Trasmissione del 8/6/2016 "La nuit francese e la notte italiana-Riflessioni femministe"

Data di trasmissione
Durata 59m 29s
” I Nomi delle Cose”/Puntata dell’8/6/2016 ” La <nuit> francese e la <notte> italianaRiflessioni e considerazioni femministe

 

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” Le leggi, il diritto e l’ordine sono fondamentalmente contro di noi anche se, combattendo duramente, abbiamo strappato due o  tre diritti che, comunque, dobbiamo difendere continuando a lottare. La lotta radicale femminista e l’obbedienza alle leggi sono due cose che fanno a pugni fra loro.” Rote Zora/LA “NUIT” FRANCESE E LA “NOTTE” ITALIANA.RIFLESSIONI E CONSIDERAZIONI FEMMINISTE/Vale la pena di morire di mille ferite per disarcionare l’imperatore. Ribellarsi è giusto”  Cjang Cjing/L’AGIRE FEMMINISTA/Dalla discussione di sabato con le compagne di Genova alla presentazione che faremo il 25 giugno del libro di Daniela Pellegrini

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Parentesi dell'8/6/2016 "Vale la pena"

Data di trasmissione
Durata 3m 56s

La Parentesi di Elisabetta dell’8/6/2016

“Vale la pena”

Immagine rimossa. “Vale la pena di morire di mille ferite per disarcionare l’imperatore. Ribellarsi è giusto” Cjang Cjing

Il capitalismo è metabolismo sociale e investe tutti i rapporti sociali e, pertanto, l’alienazione della coscienza sociale individuale è generale e la si recupera con la rimozione di quei rapporti sociali di produzione che l’hanno generata. Pertanto il movimento espansivo della materia sociale è, necessariamente, connesso ad un processo sociale di accumulazione di informazione extragenetica con ciò intendendo tutta quell’informazione non riferita all’essere umano, come creatura biologica, e, cioè, non trasmessa con il patrimonio genetico/cromosomico. L’accumulazione di informazioni è un processo essenziale e costitutivo della produzione e riproduzione sociale e, di conseguenza, anche dell’esistenza stessa dell‘umanità. La cultura è il processo sociale generale di questa accumulazione. La cultura è il movimento dell’informazione ed il processo di memoria dei collettivi umani: classe, genere, etnia…. Il processo sociale di informazione  è un processo semiotico e ideologico, semiotico perché si avvale di segni, è produzione/scambio di segni, ideologico perché l’informazione è un microtesto che cristallizza la dialettica vivente nei rapporti sociali che lo hanno prodotto. E’, quindi, una traduzione ideologica. Pertanto la donna viene inserita in un programma che, poi, automaticamente, sia pure inconsciamente, ne determinerà il comportamento per l’intera durata della vita. Quindi, nella formazione sociale borghese-patriarcale codici, funzioni e canali della comunicazione culturale sono controllati dalla classe dominante e dal maschio che ne detengono la proprietà “privata”. Dato il controllo che la borghesia ed il maschio esercitano sui codici, sui canali di comunicazione, sulle modalità di decodificazione e interpretazione del messaggio, sulla cultura tutta, la donna si trova spesso nella condizione di essere letta e parlata dalle sue stesse parole, di essere portavoce di una realtà e di valori di cui non comprende il fine e la funzione. Affermare il carattere storicamente contestualizzato e segnico di tutte le zone della coscienza e della cultura tutta, significa ribadirne necessariamente il carattere ideologico. Pertanto si rivela l’inconsistenza di tutte le teorie innatiste e idealiste, non solo la cultura, ma anche l’inconscio esiste come realtà materiale nella società e nella memoria collettiva. E’ il luogo dove quello che è rifiutato dall’ideologia dominante viene privato di parole, posto nell’impossibilità di comunicare. E, all’ingiunzione di regole di comportamento dettate dall’ideologia vincente si accompagnano sempre precisi divieti, stigma e punizioni. Per questo, il divieto e la paura di infrangerlo ( con relative conseguenze), soffoca il nostro presente ed il nostro futuro. Da qui, la necessità di una pratica sociale antagonista quella che ha arricchito il movimento femminista nel corso  della sua ormai lunga, diversificata e contradditoria esperienza, nella consapevolezza  che ribellarsi è giusto.