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Carcere

Combattere il carcere: convegno a Napoli 14-15 Marzo

Data di trasmissione
Durata 36m 38s
Durata 13m 2s
Durata 8m 17s
Durata 11m 27s
Durata 25m 33s

COMBATTERE IL CARCERE

NAPOLI 14-15 MARZO 2020

Un convegno contro il carcere.

Tra passato e presente, le lotte dentro, le lotte fuori, la prospettiva di distruggerlo.

Perché un convegno contro il carcere?

A reggere la presente organizzazione sociale è, in ultima analisi, la violenza. E il carcere ne è la sua concretizzazione materiale, una delle sue più empie epifanie e anche un suo utile strumento.
Esso non solo concentra in se la violenza quotidiana dello sfruttamento e del dominio (dal lavoro ai quartieri, dalla scuola alla medicina, dalla famiglia all’urbanistica) esacerbandola, ma condiziona e informa la società nel suo insieme, nei suoi spazi e nei suoi tempi.

Ma proprio il sistema carcere è quel sistema che più di altri è stato messo in crisi dalle lotte dentro e fuori, dimostrando la sua non riformabilità.

Se il carcere come istituzione totale è cambiato nel corso della storia, non è stato né per gentile concessione di chi lo amministra, né per le politiche di pretesi riformatori, bensì per le lotte. Se la vita quotidiana dei prigionieri si è “speggiorata” (dagli oggetti a disposizione dei reclusi ai rapporti con l’esterno) lo si deve alle rivolte, all’autorganizzazione, agli scontri, ai morti, alle evasioni tentate e riuscite negli anni Sessanta e Settanta.

E quando quel ciclo si è esaurito per le profonde trasformazioni avvenute dentro e fuori, la funzione del carcere come strumento di brutale repressione, di monito, di normalizzazione ha sfoderato tutti i suoi artigli. E padroni e carcerieri hanno usato l’arma più insidiosa della collaborazione, della premialità, della desolidarizzazione per creare cittadini obbedienti e disgregati.

Io speriamo che me la cavo” – questa sembra la condizione mentale e materiale del mondo dentro e fuori il carcere.

In questo contesto di frammentazione, tornano il terrore, i pestaggi senza risposta, l’impedimento di ogni contatto con l’esterno (attraverso il blocco della posta, innanzitutto). E crescono sia la psichiatrizzazione della “devianza” sia le morti per l’incuria sanitaria. Ma esplodono anche, improvvise, le rivolte, quel tempo accelerato della sommossa che spezza il tempo immobile del carcere ma che non riesce a produrre i tempi lunghi dell’autorganizzazione, della sedimentazione delle esperienze di lotta, del passaggio di testimone da carcere a carcere.

Del resto, per chi lotta, resiste, attacca o prova a non soggiacere, sono sempre più affinati il linciaggio pubblico, la criminalizzazione, la differenziazione (Alta Sorveglianza, 41 bis, 14 bis…). All’esterno, la solidarietà concreta raramente sfonda l’isolamento sociale e troppo spesso non è in grado di reagire alle rappresaglie dei carcerieri.

La repressione si affina e accumula un sistema eterogeneo di strumenti per estendersi nei territori, affiancando al carcere sempre più misure preventive. Le “emergenze” si rinnovano senza sosta e il diritto penale del nemico – che altri chiamano legislazione e carcere di guerra – compie inesorabilmente la sua marcia di guerra coloniale. In una parabola ascendente, torna in auge la mostrificazione sociale del nemico che ha le sue radici nel colonialismo storico a cui sono state sottoposte le popolazioni del Sud Italia, e grazie al quale le contraddizioni del sistema coloniale sono state abilmente nascoste e marginalità indotta e conflitto sociale sono stati ricondotti nella categoria della “criminalità organizzata”. In modo non molto diverso, con l’accusa di “estremismo islamico” oggi si mostrificano socialmente – e si disperdono nelle sezioni speciali delle carceri – centinaia di proletari arabi e africani.
Mentre il carcere diventa sempre più una discarica sociale per i poveri (in misura crescente stranieri), parte del fronte interno delle guerre neo-coloniali, dai campi di concentramento per i senza-documenti (CPR) arrivano forti segnali di rivolta.

Perché, allora, un convegno contro il carcere?

Perché si distrugge qualcosa che si conosce – e lo si conosce solo nei tentativi, anche piccoli e parziali, di distruggerlo.

Perché il carcere è sempre più l’ombra che accompagna le lotte e, più in generale, le vite di migliaia di esclusi e non serve a niente a nessuno ignorarne il peso e la funzione.

Perché è necessario, fuori dalla retorica, analizzare i cambiamenti nella composizione della popolazione carceraria, nel corpo prigioniero, nell’individualizzazione dei comportamenti, nelle rotture, nelle difficoltà per comprendere quali siano i meccanismi che lo regolano e lo rafforzano.

Perché esiste un ricco bagaglio di esperienze che, tra passato e presente, possono fornire spunti di solidarietà, di autorganizzazione, di azione.

Un convegno ambizioso, come si vede, per disseppellire e rinnovare la storia delle lotte contro il carcere, per collocare il carcere in una nuova prospettiva di lotta.

USA: dalla scuola alla prigione

Data di trasmissione
Durata 23m 1s

Corrispondenza con gli stati uniti per parlare della cosiddetta school-to-prison pipeline (condotto dalla scuola alla prigione). Una serie di leggi e norme ispirate nella maggior parte dei casi dal concetto di Tolleranza Zero (ma anche da principi di valutazione degli studenti, come nel caso del No Child Left Behind) fa sì che studenti giovanissimi possano subire delle pesanti sanzioni disciplinari che, tramite l'esclusione, conducono al carcere.

Cosa accade nelle carceri italiane: sul pestaggio di San Gimignano

Data di trasmissione
Durata 11m 20s

Sabato 26 ottobre ore 15.00
Presidio al carcere di S. Gimignano

Spezziamo quel silenzio di tomba!

A fianco di chi lotta contro il carcere, a fianco dei prigionieri di San Gimignano!

Il 22 settembre scorso i giornali hanno riportato la notizia di un’indagine che vede coinvolte 15 guardie del carcere di San Gimignano, accusate sulla base di testimonianze dirette di avere picchiato un prigioniero con pugni e calci, fino a lasciarlo svenuto a terra.

Subito si è levato il coro a difesa della polizia penitenziaria, ed è naturale che sia così: occorreva per l’ennesima volta nascondere all’opinione pubblica quella che è la realtà di un sistema penale e carcerario marcio da cima a fondo! Al massimo si è fatto riferimento alle classiche “mele marce” che non devono guastare il cesto: anche questo un film già visto troppe volte, quando i cosiddetti tutori dell’ordine vanno oltre gli ordinari livelli di impunità e la fanno troppo grossa. In questo caso forse sono stati sbadati e si sono fatti riprendere dalle loro stesse telecamere, altrimenti tutto sarebbe caduto nel silenzio per l’ennesima volta, nonostante le denunce.

E’ molto eloquente, a questo riguardo, che la direzione del carcere e successivamente lo stesso Dap, che sovrintende alle carceri, abbiano negato per mesi, di fronte alle denunce dei prigionieri raccolte da una associazione, che questo pestaggio fosse mai avvenuto, mentre la dottoressa che ha firmato il referto è stata oggetto di intimidazioni. Perché questa è la realtà quotidiana delle galere che si vuole nascondere: violenza e sopraffazione sistematica, che non comincia dai pestaggi ma dalle condizioni invivibili cui sono costretti i prigionieri, vessati da regolamenti inumani e da strutture fatiscenti e sovraffollate. Nello specifico di San Gimignano parliamo di un carcere dove addirittura manca l’acqua potabile e i detenuti sono costretti per bere a comprare l’acqua minerale a proprie spese; di un carcere costruito in mezzo alla campagna, per essere ancora più isolato e nascosto, dove i familiari per fare visita ai propri cari devono organizzarsi con i pulmann. Ma per uno stato sempre pronto ad autoassolversi è tutto nella norma: “a San Gimignano la situazione è accettabile” dice i capo del Dap Basentini.

Vogliamo però dire che non esiste un carcere umano e la soluzione non è certo una detenzione a 5 stelle, se mai possibile. Gli abusi e la tortura sono figli legittimi dell’insensatezza della carcerazione e del sistema penale di questo stato. Perché si parla tanto di rieducazione ma ci permettiamo di chiedere: chi dovrebbe essere rieducato? Un gruppo di prigionieri che mette a rischio la propria incolumità per denunciare un sopruso o le guardie che in 15 contro 1 picchiano una persona indifesa perché amministrano un ordine intrinsecamente violento e ingiusto, che umilia, tortura e uccide quotidianamente (già 98 morti quest’anno)? O non dovrebbe piuttosto essere rieducata una classe dirigente che nasconde tutto questo perché è troppo interessata a dare in pasto al popolo il mostro di turno per indirizzare in altra direzione lo scontento e la potenziale rabbia popolare che potrebbero rivolgersi contro se stessa?

Vogliamo rimarcare che i pestaggi, a S. Gimignano come nelle altre carceri, rappresentano la ordinaria sanzione, da parte delle guardie, di una insubordinazione rispetto all’ordine costituito. In queste mesi le proteste contro gli abusi delle direzioni degli istituti e della polizia penitenziaria si sono moltiplicate: Napoli, Trento, Perugia, Palmi, Reggio Emilia, Campobasso solo per citare le più recenti. Non è quindi un caso che Salvini, l’uomo dei “decreti sicurezza” che ha fatto della violenza armata del potere la sua bandiera politica, abbia solidarizzato con le guardie sotto indagine andando sotto il carcere. Una visita atta a sbandierare l’impunità di cui le forze della repressione ritengono di dover godere in questo sistema, impunità che fa sì che si possa entrare sulle nostre gambe all’interno di una questura o di una galera per uscirne dentro una bara. Ma fortunatamente la visita di Salvini ha visto una pronta e significativa reazione da parte dei prigionieri che hanno protestato rumorosamente.

In questo momento riteniamo sia di fondamentale importanza portare tutta la solidarietà possibile ai detenuti di San Gimignano. Per questo sabato 26 ottobre andremo sotto le mura di quel carcere, in contemporanea con il presidio che si svolgerà sotto il carcere di Parma per ricordare Egidio Tiraborrelli, operaio in pensione ucciso a 82 anni, dopo essere stato condannato in contumacia per favoreggiamento dell’immigrazione. Pur gravemente malato, gli sono stati rifiutati i domiciliari e così è uscito dal carcere solo per andare nell’ospedale dove alla fine è deceduto. Lo faremo contro l’inferno dei cosiddetti “regimi differenziati”: le sezioni di massima sicurezza (41bis) e di alta sicurezza (AS) che sottopongono i prigionieri ad un trattamento che costituisce una vera e propria tortura. Lo faremo in solidarietà con tutt@ i compagn@ che si ritrovano prigionieri o sotto processo per le lotte contro questo stato che violenta, tortura e uccide ogni giorno attraverso i suoi servi. Lo faremo perché riteniamo che la lotta contro le carceri, dentro e fuori le mura, sia un tassello fondamentale della rivolta contro l’esistente, e che la solidarietà resti sempre la nostra migliore arma.

"esclusi dal consorzio sociale"

Data di trasmissione

si riparte con la nuova stagione radiofonica.

ci impegniamo nella sinossi del testo "esclusi dal consorzio sociale"

https://contromaelstrom.com/2019/09/13/un-libro-e-qui-potete-scaricarlo-e-eggerlo/ 

in diretta l'autore ci espone gli argomenti e i punti salienti del racconto che sarà presentato domenica prossima, 20 ottobre alle 18.30, c/o lo spazio sociale "nido di vespe"

https://contromaelstrom.com/2019/09/27/presentazione-del-libro-esclusi-dal-consorzio-sociale/

 

 

Contro il carcere 9 Ott

Data di trasmissione
Durata 1h 0m

Strasburgo, la Grande camera della Corte europea dei diritti umani ha respinto il ricorso presentato dall'Italia contro la sentenza del 13 giugno 2019. I giudici hanno stabilito che la condanna al carcere a vita "irriducibile" - senza poter accedere a permessi e benefici viola l’articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti umani. Ergastolo ostativo bocciato! I media fanno a gara nel propinare menzogne e falsificazioni.

contro il carcere e i centri di detenzione

Data di trasmissione

ultima puntata di stagione (forse seguirà l'ultimissima). ci proponiamo di fare il punto delle politiche e della situazione carceraria e penale nel nostro paese.
ci aiutano un compagno e una compagna che assiduamente se ne occupano da tempo, anche all'interno della programmazione della radio.

il carcere, metastaticamente, espande il suo paradigma anche al di fuori delle mura degli "istituti penali": nei centri di detenzione per migranti, nel cosiddetto circuito "dell'accoglienza", nella interazioni fra il "dentro" e il "fuori", nella intera complessità del corpo sociale. ed è il peggiore esempio di carcere che allarga la sua influenza: quello della deprivazione e del "41bis". occorre appoggiare ed aprire canali comunicativi con quel che si muove dietro mura, sbarre e recinzioni.

concludiamo, per "deritmare" ed esorcizzare tali dis-umane brutture, con il conclusivo mixtape anticarcerario.

Genova2001: 18 anni di supporto legale

Data di trasmissione
Durata 8m 32s

Sono passati 18 anni da quel luglio del 2001 e per 18 anni compagni e compagne di supporto legale continuano a vedersi e a fare il loro lavoro: occuparsi delle imputate e degli imputati che di quelle giornate ancora stanno pagando un prezzo, in termine di carcere e per chi l'ha finito in termini di risarcimenti. C'è ancora bisogno di loro perché Genova non è finita. Ne parliamo con un compagno di Supporto Legale.

Un altro morto nel carcere di Poggioreale

Data di trasmissione
Durata 12m 40s

Dalla rivolta nel carcere di Poggioreale sono saliti a 3 i morti: due sono suicidi, l'altro -pare - una morte per infarto. Delle morti che non fanno che confermare le terribili condizioni di vita nel carcere.

In solidarietà con la lotta dei detenuti è stato convocato un presidio sotto Poggioreale per venerdì 12 luglio.

Una compagna ci racconta la situazione e le prossime iniziative.