Dopo 10 mesi dalla morte di George Floyd, questa settimana e’ cominciato il processo a Derek Chauvin, uno dei quattro poliziotti coinvolti nell’omicidio del giovane afroamericano. Chauvin e’ stato accusato di omicidio di secondo e terzo grado e di omicidio colposo.
La stampa americana ha già definito questo processo il più importante processo contro un poliziotto dai tempi del pestaggio di Rodney King avvenuto esattamente 30 anni fa. Le similitudini, però, si fermano al semplice fatto che in entrambi i processi le telecamere sono state ammesse in aula. Il fatto e’ che la società americana e’ cambiata tanto da quel marzo del 1991. Per esempio, le proteste che seguirono il pestaggio di King si concentrarono soprattutto nei quartieri più neri di Los Angeles, mentre la scorsa estate praticamente tutte le maggiori città Americane sono state teatro di massicce proteste contro la brutalità poliziesca. Persino i bianchi americani, almeno quelli più liberali, hanno cominciato a guardare all’operato della polizia con occhi diversi.
Che i tempi siano cambiati lo si capisce anche dalla diversa composizione delle due giurie. Il processo contro i quattro poliziotti responsabili del pestaggio di Rodney King si celebrò non a Los Angeles, ma a Simi Valley con la scusa di voler offrire un ambiente più imparziale. La realta’ e’ che Simi Valley era una roccaforte bianca repubblicana in cui vivevano numerosi poliziotti. Non sorprende quindi che nessun afroamericano fu selezionato e che i quattro poliziotti furono assolti da una giuria composta da dieci persone bianche, un latino e un americano di origini filippine.
Nel caso del processo contro Derek Chauvin invece, il giudice si e’ rifiutato di spostarlo in un'altra citta’ e il poliziotto sarà giudicato da una giuria composta da 6 bianchi (due uomini e quattro donne), 4 afroamericani (tre uomini e una donna) e due donne che si definiscono mixed-race. Una composizione molto interessante se si considera che a Minneapolis gli afroamericani rappresentano il 20% della popolazione, mentre in questa giuria sono un terzo del totale.
I primi due giorni del processo hanno visto le deposizioni di alcuni dei passanti che si erano fermati per catturare con i loro cellulari il comportamento dei poliziotti durante l’arresto. Particolarmente toccante e’ state la testimonianza della diciottenne Darnella Frazier il cui video divento’ virale e scateno’ le proteste la scorsa estate. In lacrime la giovane afroamericana ha ammesso che la morte di Floyd l’ha profondamente traumatizzata perché quello che e’ successo a lui potrebbe succedere a suo padre, suo fratello e a qualsiasi altra persona a lei vicina, per il semplice fatto che sono nere. Subito dopo di lei, ha testimoniato sua cugina di appena 10 anni. Questo tipo di testimonianze dimostrano come purtroppo la violenza poliziesca entri a far parte delle vite degli afroamericani sin da piccoli. Esperienze che inevitabilmente lasciano profonde cicatrici emotive.
Un’altra importante testimonianza è stata quella di Donald Williams, un lottatore professionista che per questo motivo ha una profonda conoscenza dei rischi e pericoli delle tecniche usate dalla polizia per immobilizzare Floyd. Williams e’ la persona che ha cercato con più insistenza di convincere i poliziotti a lasciar andare Floyd. Si puo’ infatti udire la sua voce in tutti i video registrati quel giorno. La difesa ha cercato di provocare Williams per cercare di dimostrare che il giovane afroamericano può facilmente perdere le staffe e suggerire che quel giorno i poliziotti si sono sentiti minacciati e non hanno potuto monitorare con attenzione lo stato di salute di Floyd. Lo stereotipo dell’ angry black man viene spesso usato in queste circostanze per giustificare l’uso della forza da parte della polizia. Ricordiamo per esempio il caso della morte di Michael Brown, in quell’occasione l’agente Darren Wilson sostenne di aver ucciso il 18nne Michael Brown con sei colpi di pistola perché in quel momento si era sentito come un bambino di cinque anni cercare di bloccare Hulk Hogan. E’ importante sottolineare che Wilson e’ alto un metro e 93 e pesa 95 kg. Williams pero’ non e’ caduto nella trappola sostenendo che quel giorno non era arrabbiato, ma piuttosto disperato nel vedere un uomo morire davanti ai suoi occhi senza poterlo aiutare.
Il tentativo della difesa di presentare le persone presenti all’arresto come una minaccia e’ molto interessante perché conferma come la polizia abbia una visione molto militarizzata delle comunità in cui opera. Come se fossero forze d’occupazione, la polizia percepisce qualsiasi passante come una possibile minaccia, forze nemiche neanche fossero in Iraq o Afganistan.
Certo sarà difficile per la difesa riuscire a dimostrare l’innocenza di Chauvin. Secondo le dichiarazioni rilasciate nel primo giorno del processo, gli avvocati si concentreranno su due elementi in particolare. Primo, cercheranno di dimostrare che George Floyd e’ morto non a causa del ginocchio che Chauvin ha premuto sul collo dell’uomo per più di nove minuti, bensì a causa delle droghe che l’uomo aveva assunto in precedenza e che, sempre secondo la difesa, causarono un arresto cardiaco. Secondo, Chauvin era così preoccupato di tenere sotto controllo le persone accorse sulla scena dell’arresto che non ha potuto prestare attenzione alle condizioni fisiche di Floyd.
Entrambi gli argomenti sembrano molto difficili da sostenere in aula. Prima di tutto perche’ l’autopsia ufficiale ha gia’ definito la morte di Floyd come un omicidio dovuto al comportamento dei poliziotti. Secondo perché i numerosi video catturati dai cellulari delle persone accorse sulla scena mostrano sì delle persone arrabbiate ma mai così aggressive da mettere a repentaglio l'incolumità dei poliziotti.
A questo si deve aggiungere che tutte le testimonianze finora raccolte hanno sottolineato l’assoluto disprezzo che i poliziotti, e in particolare Chauvin, hanno mostrato per la vita di Floyd. Uno dopo l’altro, tutti i testimoni hanno descritto, spesso tra le lacrime, il senso di impotenza e disperazione che hanno provato di fronte alla morte di Floyd. L’accusa ha mostrato ripetutamente i video in cui si possono ascoltare le voci dei presenti implorare Chauvin di togliere il ginocchio dal collo di Floyd. Voci, lacrime e testimonianze che hanno sicuramente lasciato un segno nella memoria dei giurati.