Con un compagno di Potenza parliamo della grave situazione nel Centro d'espulsione a Palazzo San Gervasio. Ripercorriamo le resistenze alle pesanti violenze e raccontiamo il presidio solidale avvenuto il 25 aprile fuori dalle mura del lager.
Vi lasciamo all'ascolto della corrispondenza mentre qui sotto trovate un breve testo diffuso dal collettivo Anzacresa per completare il quadro della situazione.
Il 25 Aprile, in continuità con quanto fatto lo scorso anno nella stessa data, abbiamo deciso di non accodarci al clima di festeggiamento istituzionale e para-istituzionale, convinti che la battaglia di liberazione da oppressioni, discriminazioni e autoritarismi vada costantemente alimentata e perpetuata. Necessità ancor più sentita in questi giorni in cui si criminalizza la solidarietà verso chi varca le frontiere o valica dei confini (come accaduto a Briancon).
Ci chiediamo con quale coraggio si racconti e si festeggi la liberazione dall’oppressione nazi-fascista e dell’orrore dei campi di sterminio quando sul solo territorio italiano, ad oggi, sono presenti ben 6 strutture di detenzione per immigrati senza documenti. Dei veri e propri lager per stranieri in attesa di essere espulsi dal territorio italiano.
Le condizioni in cui vengono tenute recluse queste persone sono davvero al limite: pestaggi continui da parte delle forze di polizia, intimidazioni, minacce, assenza di acqua calda.
Abbiamo scelto dunque di lanciare un presidio, cercando di raggruppare tutte le persone interessate a portare solidarietà ai reclusi, al fine di recarci fisicamente sotto le mura del C.P.R. (Centro di Permanenza per i Rimpatri) di Palazzo San Gervasio e provare a parlare direttamente con loro, ad urlare i nostri slogan portando loro un po’ di calore umano, a fargli sentire che non sono soli.
Sentendo i nostri cori e le nostre urla alcune persone sono salite sui tetti delle baracche che fungono da abitazione e sono riuscite a vederci, a salutarci e a raccontarci la tragica situazione che si vive all’interno.
Ci parlano di scioperi della fame, di grave depressione e di alcuni atti di autolesionismo e persino di un tentato suicidio.
Davanti ad un orrore così forte e sistematico, totalmente legalizzato e regolamentato dalle norme sulla cosiddetta “accoglienza” e sull’immigrazione, c’è però chi ha pensato che la notizia non fosse l’esistenza stessa di quel lager né le parole di chi ci vive dentro ma, la presenza di un gruppo di solidali accorsi a protestare. Non si stupiscano gli organi di stampa se le loro telecamere e i loro microfoni non risultano graditi, dal momento in cui è dalle loro stesse emittenti che quotidianamente vengono sversati fiumi di parole di criminalizzazione contro le persone che finiscono nei C.P.R.
Giornali che non hanno perso un attimo di tempo per “vendicarsi” diramando la notizia del sequestro di uno striscione con la scritta “Fuoco ai C.P.R.” effettuato dai carabinieri, la responsabilità del quale è stata addossata a 3 compagne, nei confronti delle quali esprimiamo massima solidarietà, anche per l’indecente trattamento mediatico subito!