In questi giorni (precisamente dal 7 al 15 giugno) si sta tenendo in Italia l’esercitazione congiunta Falcon Strike 2021, tra l’Aeronautica Militare Italiana, la US Air Force, la Royal Air Force britannica e l’aeronautica militare israeliana (IAF) con la presenza degli F-35 Adir dell’Aviazione israeliana, usati anche per bombardare Gaza qualche giorno fa. Come noto, gli F-35 israeliani hanno fatto il loro debutto operativo durante l’operazione “Guardiani del muro” con intensi bombardamenti sulla Striscia di Gaza che hanno ucciso 230 palestinesi, la gran parte civili, inclusi 65 bambini, 39 donne e 17 anziani e ferito più di 1.710 persone. Il tutto avviene in Sardegna, una regione dove oltre 35 mila gli ettari di territorio sono sotto vincolo di servitù militare e a cui occasione delle esercitazioni viene interdetto uno specchio di mare di oltre 20 mila chilometri quadrati. Ne parliamo con Antonio Mazzeo.
Israele è un paese perennemente in guerra, un paese per la guerra, un’economia di guerra. E il funzionamento del vasto complesso militare-industriale israeliano dipende in notevole misura anche dalla volontà dei governi, delle aziende e dei centri di ricerca di tutto il mondo di collaborare con le università e i centri di ricerca israeliani. Le politiche di oppressione nei confronti dei palestinesi non sono elaborazioni contingenti, ma la realizzazione ben calcolata di un progetto in cui l’accademia israeliana svolge un ruolo determinante, sia fornendo le giustificazioni ideologiche del sistema di oppressione, sia collaborando direttamente con l’apparato militare e di sicurezza per il suo affinamento e perpetrazione. Con Antonio Mazzeo discutiamo dei profondi collegamenti esistenti tra le università italiane e quelle israeliane e con il complesso sistema militare, di sicurezza e di oppressione israeliani.
Israele è veramente come ci viene raccontata, patria dei diritti e unica democrazia in Medio Oriente? Un compagno ebreo che vive a Gerusalemme ci racconta un'altra Israele, sempre più a destra e ultra religiosa. E poi la pulizia etcnica che ancora continua a Gerusalemme e in altre città del 48 abitate dai palestinesi.
Con una compagna palestinese facciamo un po' di chiarezza su quanto sta accadendo in Palestina, a Gerusalemme e a Gaza dove l'esercito israeliano bombarda e uccide. La partita più grossa si sta giocando su Gerusalemme est, dove Israele vuole togliere le case ai palestinesi per darli ai coloni israeliani .
Con Michele Giorgio, giornalista de Ilmanifesto commentiamo il raduno di 100mila ultra ortodossi ebrei sul monte meron. L'imbarazzo di Nethanyau, le colpe della polizia. Commentiamo anche come sta continuando la campagna di vaccinazione totalmente assente in Palestina
Obiezione di coscienza militare: politiche di apartheid, neoliberismo e negazione della Nakba, queste alcune delle motivazioni che hanno spinto un gruppo di adolescenti israeliani a pubblicare una lettera aperta per ribadire il diritto a non arruolarsi nell’esercito. Non è la prima volta che esponenti della società civile israeliana rifiutano pubblicamente il servizio militare. Nel giugno del 2020 altri 400 adolescenti avevano inviato una lettera al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per manifestare aperta opposizione ai piani di annessione della Cisgiordania.
Ne parliamo con Luisa Morgantini di Assopace Palestina.
Intervista con Alessandra Mecozzi dell' associazione Cultura e libertà
COMUNICATO STAMPA
“Necessario combattere l’antisemitismo. Ma criticare le politiche di Israele non è antisemitismo”
Dal mondo della cultura italiano il sostegno alla lettera di 122 palestinesi e del mondo arabo
Personalità del mondo della cultura italiano* (storici, giornalisti/e, economisti/e, registi/e, musicisti/e, scienziati/e.
esprimono il loro sostegno, alla lettera firmata da 122 intellettuali e artisti/e palestinesi e del mondo arabo
(pubblicata da The Guardian il 29 novembre). In questa lettera, si esprime preoccupazione per la
strumentalizzazione, fatta in Israele, in Europa e negli Stati Uniti, dell’antisemitismo attraverso la definizione e
relativi allegati, data dall’International Holocaust Remembrance Alliance) finendo per accusare come antisemita
chi critica la politica coloniale di Israele, e difende i diritti dai palestinesi.
L’antisemitismo va combattuto – nota la lettera – sulla base di principi, nel quadro del rispetto del diritto
internazionale e dei diritti umani. Di conseguenza critica il concetto di “autodeterminazione a senso unico” che è
alla base dello Stato di Israele e che non tiene in alcun conto la popolazione nativa, occupandone la terra e
negandole ogni diritto. Anzi promulga leggi, come quella sullo Stato nazione (soli cittadini con pieni diritti sono
gli ebrei) che colpiscono palestinesi ed ebrei in Israele.
“Crediamo che nessun diritto all'autodeterminazione debba includere il diritto di sradicare un altro popolo e
impedirgli di tornare nella sua terra, o qualsiasi altro mezzo per garantire una maggioranza demografica
all'interno dello Stato”
Fa notare che in molti paesi (e l’Italia tra questi, ricordiamo gli attacchi pesanti al Falastin Festival di Roma in
ottobre, dalla comunità ebraica, dal Centro Wiesenthal, da figure istituzionali del Comune di Roma) sono state
espresse posizioni molto pesanti proprio per attaccare iniziative di vario tipo, prevalentemente culturali, sempre
nonviolente, a sostegno dei diritti palestinesi.
“La definizione di antisemitismo dell’ IHRA e le relative misure legali adottate in diversi Paesi sono state
utilizzate principalmente contro le organizzazioni di sinistra e quelle per i diritti umani che sostengono i diritti dei
palestinesi e contro la campagna per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), mettendo da parte la
reale minaccia per gli ebrei, proveniente dai movimenti nazionalisti bianchi di destra in Europa e negli Stati
Uniti”
Agire secondo giustizia, chiede la lettera: non può essere quindi tacciato di antisemitismo chi accusa di razzismo
uno Stato, basato sulla discriminazione etnico-religiosa, come avviene con la legge sullo Stato nazione, riservato
ai soli ebrei. Questo vuol dire riconoscere impunità ad Israele e permettergli di “declassare e discriminare” i suoi
stessi cittadini, palestinesi, ed offendere tutti gli israeliani/e che credono nel valore di una società e di uno Stato
plurali, con diritti uguali per tutti, non privilegi per alcuni.
“Crediamo che i valori e i diritti umani siano inseparabili e che la lotta contro l'antisemitismo debba andare di
pari passo con la lotta a nome di tutti i popoli e gruppi oppressi per la dignità, l'uguaglianza e l’emancipazione.”